Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità dei Motivi Conduce alla Condanna
Presentare un ricorso in Cassazione è un passo cruciale nel sistema giudiziario, ma richiede un rigore formale che non può essere trascurato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mancanza di specificità nei motivi possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguenze significative per il ricorrente. In questo articolo, analizzeremo il caso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti, il cui tentativo di impugnare la sentenza si è scontrato con un ostacolo insormontabile: la genericità delle sue censure.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in primo grado dal Tribunale di Verona per il reato continuato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, vedeva la sua condanna confermata dalla Corte d’Appello di Venezia. Non rassegnato, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a tre principali argomentazioni:
1. La presunta violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale (obbligo della declaratoria di determinate cause di non punibilità).
2. L’eccessività della pena che gli era stata inflitta.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
Questi punti, sulla carta, rappresentano motivi di impugnazione comuni. Tuttavia, come vedremo, il modo in cui sono stati presentati ha determinato l’esito del giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, con una decisione sintetica ma incisiva, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate dall’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello della validità formale dell’impugnazione. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata duplice: la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni: la Genericità come Vizio Capitale del Ricorso
Il cuore della decisione risiede in una valutazione lapidaria: le censure proposte erano connotate da “assoluta genericità”. Questo significa che i motivi del ricorso erano stati formulati in modo vago, astratto e non erano supportati da argomentazioni specifiche che potessero mettere in discussione la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata. In pratica, il ricorrente si è limitato a enunciare i presunti errori senza spiegarne le ragioni, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della Corte d’Appello. La Cassazione ha ritenuto che i motivi fossero “del tutto prive di motivi a sostegno”, rendendo impossibile per i giudici un esame di merito.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche di un Ricorso Inammissibile
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione di doglianze generiche. Deve essere un atto tecnico, preciso e puntuale, che individui con chiarezza le violazioni di legge o i vizi logici della sentenza di secondo grado. Un ricorso inammissibile non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche un aggravio di spese per il ricorrente. La decisione serve da monito: la redazione di un ricorso efficace richiede una profonda analisi della sentenza impugnata e la capacità di articolare critiche specifiche e ben fondate, pena l’immediata chiusura del processo senza neppure discutere il merito delle questioni.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure (i motivi di ricorso) sono state ritenute connotate da “assoluta genericità”, essendo del tutto prive di motivi a loro sostegno.
Quali erano le contestazioni mosse dal ricorrente contro la sentenza di condanna?
Il ricorrente lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., l’eccessività della pena inflitta e l’erronea qualificazione giuridica del fatto.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della declaratoria di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8947 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8947 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SASSARI il 25/05/1968
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME – imputato del reato continuato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti – ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 04/03/2024, con cui la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la sentenza di condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Verona, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., alla eccessività della pena irrogata e alla erronea qualificazione giuridica del fatto;
ritenuto che le censure siano connotate da assoluta genericità, essendo del tutto prive di motivi a sostegno;
ritenuto che debba conseguentemente adottarsi una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025
Il Consigli re