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Ricorso inammissibile: la genericità dei motivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati erano in parte ripetitivi di questioni già decise e in parte affetti da genericità assoluta, in particolare riguardo la richiesta di pene sostitutive. La Corte ha confermato la valutazione del giudice di merito sul pericolo di recidiva, ritenendola insindacabile in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Motivi sono Generici

Presentare un ricorso in Cassazione richiede rigore e precisione. Non è sufficiente contestare una sentenza; è necessario formulare motivi specifici, pertinenti e non meramente ripetitivi. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la reiterazione delle argomentazioni possano condurre a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese. Analizziamo insieme questo caso pratico per comprendere meglio i requisiti di un ricorso efficace.

I Fatti del Procedimento

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato, tramite il suo difensore, contestava la decisione dei giudici di secondo grado basandosi su due principali motivi. Il primo motivo riproponeva una questione già affrontata e respinta in appello, mentre il secondo criticava il trattamento sanzionatorio e, in particolare, la mancata applicazione di una pena sostitutiva ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

La difesa ha tentato di portare all’attenzione della Cassazione due doglianze. Tuttavia, la Suprema Corte le ha esaminate e ritenute entrambe non meritevoli di accoglimento, giungendo a una conclusione netta: l’inammissibilità del ricorso nella sua interezza.

La Reiterazione dei Motivi d’Appello

Il primo motivo è stato rapidamente liquidato come meramente reiterativo. La Corte ha osservato che la questione era già stata dedotta in appello e che la Corte territoriale aveva fornito una motivazione adeguata per respingerla. Riproporre la stessa argomentazione in Cassazione, senza criticare specificamente la logica della sentenza impugnata, si traduce in un motivo inammissibile. La sede di legittimità non è un terzo grado di giudizio dove si possono semplicemente ripresentare le medesime difese.

La Genericità del Motivo sulla Pena Sostitutiva e il Ricorso Inammissibile

Il secondo motivo, relativo alla mancata concessione delle pene sostitutive, è stato giudicato affetto da ‘genericità assoluta’. La Corte d’Appello aveva motivato la sua decisione negativa esprimendo un giudizio sfavorevole sulla futura condotta del condannato. Tale giudizio si basava sul concreto pericolo di recidiva, desunto dai precedenti penali dell’imputato. Secondo la Cassazione, questa è una valutazione di merito, che rientra pienamente nelle prerogative del giudice. Poiché la motivazione fornita non presentava vizi logici evidenti, non poteva essere oggetto di una nuova e diversa valutazione in sede di legittimità. Criticare genericamente tale valutazione, senza individuare un errore logico o giuridico palese, rende il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sui principi consolidati che governano il giudizio di legittimità. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e puntuali alla sentenza impugnata, evidenziando errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione. Non può limitarsi a riproporre le stesse tesi già respinte né a contestare genericamente le valutazioni di merito del giudice.

La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stabilita dall’articolo 616 del codice di procedura penale. Tale norma prevede che la parte privata che ha proposto il ricorso venga condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la legge impone il versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo viene determinato equitativamente dalla Corte in base alle questioni sollevate. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: la specificità è tutto. Un ricorso non può essere un semplice appello contro una decisione sgradita. Deve essere un’analisi tecnica e mirata, capace di dimostrare perché la sentenza impugnata è giuridicamente errata o illogica. L’esito di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche un aggravio di spese per il ricorrente, a testimonianza della serietà e del rigore richiesti per accedere al più alto grado della giurisdizione penale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era una semplice ripetizione di un argomento già respinto in appello con motivazione adeguata, mentre il secondo motivo era considerato assolutamente generico e contestava una valutazione di merito del giudice (il pericolo di recidiva) che non presentava vizi logici evidenti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Secondo l’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3.000 euro.

Perché non è stata concessa la pena sostitutiva al ricorrente?
La pena sostitutiva non è stata concessa perché i giudici di merito hanno espresso un giudizio negativo sulle prospettive di ‘emendabilità’ del condannato, ravvisando un concreto pericolo di recidiva basato sui suoi precedenti. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa valutazione logica e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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