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Ricorso inammissibile: la genericità dei motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per bancarotta fraudolenta. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi di ricorso, ritenuti privi della specificità richiesta dalla legge per criticare la sentenza impugnata, la quale aveva correttamente valutato la crisi d’impresa.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità dei Motivi

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente esprimere un generico dissenso verso la sentenza precedente. È fondamentale articolare critiche precise, dettagliate e pertinenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ribadisce questo principio, dichiarando un ricorso inammissibile proprio per la sua genericità. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere quali sono gli oneri a carico di chi impugna una decisione e perché un approccio superficiale è destinato a fallire.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un’imprenditrice per il reato di bancarotta fraudolenta, previsto dall’articolo 223 della Legge Fallimentare. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Milano, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello della stessa città.

L’imputata, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera e) del codice di procedura penale, che riguarda il vizio di motivazione (mancante, contraddittoria o manifestamente illogica). L’obiettivo era contestare il giudizio di responsabilità penale formulato nei suoi confronti.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stroncato le speranze della ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputata, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che l’atto di impugnazione non possedeva i requisiti minimi di legge per poter essere esaminato.

Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione della Cassazione si basa su due pilastri argomentativi interconnessi: la genericità del ricorso e la mancanza di un confronto effettivo con la motivazione della sentenza impugnata.

La Genericità come Causa del Ricorso Inammissibile

Il primo e più rilevante profilo di criticità individuato dai Giudici di legittimità è la genericità e indeterminatezza del motivo di ricorso. La Corte ha osservato che l’atto si risolveva, in gran parte, in mere citazioni di principi giurisprudenziali, senza però calarli nel caso specifico e senza indicare con chiarezza gli elementi concreti che avrebbero dovuto sostenere la censura.

Secondo la Cassazione, un ricorso efficace non può limitarsi ad affermazioni astratte. Deve, invece, rispettare i requisiti prescritti dall’articolo 581, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale, che impone l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. In assenza di tale specificità, il giudice dell’impugnazione non è messo in condizione di comprendere i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato.

L’Onere di Confronto con la Motivazione

Nei pochi passaggi in cui il ricorso tentava di essere più dettagliato, la Corte ha riscontrato un secondo difetto: l’atto si limitava a contestare il ragionamento della Corte d’Appello senza però confrontarsi con l’intero complesso della sua motivazione. I giudici di secondo grado avevano, infatti, svolto un’analisi approfondita, verificando puntualmente se la crisi d’impresa potesse essere attribuita a cause di forza maggiore. Avevano esaminato gli indicatori di una possibile crisi, il loro grado di prevedibilità e le concrete possibilità di scelta a disposizione dell’imputata.

La ricorrente, invece di smontare punto per punto questo ragionamento, ha tentato una contestazione parziale, insufficiente a scalfire la coerenza logica della decisione impugnata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Evidenzia che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è indispensabile redigere un ricorso tecnicamente ineccepibile, che articoli critiche specifiche, pertinenti e che si confronti dialetticamente con ogni passaggio della decisione che si intende censurare. Un ricorso generico, basato su citazioni astratte o su contestazioni parziali, è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile, con conseguente passaggio in giudicato della condanna e ulteriori oneri economici.

Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile a causa della sua genericità e indeterminatezza. Non indicava in modo specifico gli errori della sentenza impugnata, limitandosi in gran parte a citazioni giurisprudenziali astratte, violando così i requisiti dell’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.

Cosa deve fare un ricorrente per evitare una dichiarazione di inammissibilità per genericità?
Il ricorrente deve formulare motivi specifici, indicando chiaramente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la critica alla sentenza. È necessario un confronto puntuale e completo con la motivazione della decisione impugnata, evitando contestazioni parziali o astratte.

Qual era il reato per cui l’imputata era stata condannata?
L’imputata era stata condannata per il reato di bancarotta fraudolenta, previsto dall’articolo 223, comma 2, n. 2) della Legge Fallimentare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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