Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 358 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 358 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 20/05/1968
avverso il decreto del 07/11/2022 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 7 novembre 2022 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza di semilibertà presentata da NOME COGNOME in relazione alla pena inflittagli con sentenza n. 247 del 2015, emessa il 10 febbraio 2015 dal Tribunale di Ancona.
A fondamento della declaratoria di inammissibilità è stato evidenziato come non risultino ancora espiati i due terzi della pena relativa alle condanne per reati di cui all’art. 4-bis ord. pen. e la metà con riferimento alle altre condanne.
Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME articolando un motivo con il quale ha eccepito la nullità del provvedimento per violazione dell’art. 50 ord. pen. e per motivazione mancante, illogica e contraddittoria.
Le conclusioni alle quali è pervenuto il decreto impugnato sarebbero errate in ragione del fatto che il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso il 7 luglio 2021 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona era stato modificato con altro emesso dalla medesima Autorità in data 12 luglio 2022 e il decorso della pena anticipato al 15 settembre 2020.
Pertanto, al momento della presentazione dell’istanza per la semilibertà, il condannato aveva espiato oltre la metà della pena, ossia otto anni, cinque mesi e ventinove giorni.
Ciò a prescindere dai giorni di riconoscimento della liberazione anticipata.
Alla luce di tale errore di calcolo del giudicante, è stato chiesto l’annullamento del decreto impugnato.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’art. 50 ord. pen. subordina la concessione della semilibertà, nel caso in cui l’esecuzione riguardi anche reati ostativi di cui all’art. 4bís, comma iter, ord. pen. alla espiazione di due terzi della pena per tali reati e della metà della pena relativamente alle altre condanne.
Non è contestato che COGNOME si trovi nella condizione di condannato sia per reati ostativi che per reati comuni.
Il decreto impugnato è assistito da una doppia ratio decidendi, atteso che il beneficio richiesto è stato rigettato, previa declaratoria di inammissibilità dell’istanza a ragione del fatto che nessuno dei due requisiti è risultato essere soddisfatto.
Si legge nella motivazione del provvedimento del Presidente del Tribunale di sorveglianza che non risultano espiati i due terzi della pena relativa ai reati ostativi e la metà della pena riferita alle altre condanne.
Nel proporre impugnazione in queta sede di legittimità, il ricorrente ha proposto una censura riferita esclusivamente all’avvenuta espiazione di oltre metà della pena per i reati non ostativi, ma nulla ha eccepito con riguardo agli altri.
Il ricorso, pertanto, incorre nel vizio di a:specificità atteso che, deve essere ribadito, quanto già affermato da Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272448 nel senso che «è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle diverse “rationes decidendi” poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome ed autosufficienti».
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/10/2023