Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può Rivedere la Pena
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come funziona il giudizio di legittimità e dei limiti entro cui la Corte di Cassazione può operare, specialmente in materia di determinazione della pena. Quando un ricorso è considerato ricorso inammissibile, la Corte non entra nemmeno nel merito delle questioni sollevate. Questo accade quando i motivi proposti non rispettano i requisiti di legge, come nel caso di specie, dove si contesta una valutazione che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso per cassazione lamentando il trattamento sanzionatorio ricevuto. In particolare, il ricorrente contestava tre aspetti principali della sentenza di secondo grado: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, l’aumento della pena dovuto alla recidiva e, più in generale, l’intera commisurazione della sanzione. Sostanzialmente, l’imputato riteneva la pena inflitta eccessivamente severa.
La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La ragione fondamentale di questa decisione risiede nel fatto che i motivi presentati non erano nuovi, ma costituivano una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già avanzate e respinte dai giudici della Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione congrua, esaustiva e priva di vizi logici per giustificare la propria decisione sulla pena.
Le Motivazioni: la Discrezionalità del Giudice di Merito
Il cuore della decisione si basa su un principio cardine del nostro sistema processuale: la determinazione della pena è una valutazione tipicamente discrezionale del giudice di merito. Questo significa che il giudice di primo grado e quello d’appello hanno il potere di decidere l’entità della sanzione all’interno dei limiti fissati dalla legge, basandosi su una valutazione complessiva dei fatti, della gravità del reato e della personalità dell’imputato.
La Corte di Cassazione, essendo un giudice di legittimità e non di merito, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. Il suo compito è verificare che la decisione sia stata presa nel rispetto della legge e che la motivazione sia logica e non contraddittoria. Un intervento della Cassazione è possibile solo se la decisione sulla pena è frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o se è del tutto priva di motivazione.
Nel caso analizzato, la sentenza impugnata era, al contrario, ben motivata. I giudici di merito avevano giustificato la loro decisione evidenziando elementi concreti, quali l’assenza di resipiscenza (mancanza di pentimento) da parte del ricorrente e i suoi numerosi precedenti penali. Questi fattori, legittimamente considerati, hanno portato i giudici a negare le attenuanti generiche e a confermare un trattamento sanzionatorio severo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento importante: non è sufficiente essere in disaccordo con l’entità della pena per ottenere una sua riforma in Cassazione. Per avere successo, il ricorso deve evidenziare un vizio di legittimità, come un errore nell’applicazione della legge o un’illogicità manifesta nella motivazione. Proporre un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto in questo caso, con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché reiterava le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello e perché contestava la valutazione discrezionale del giudice sulla pena, che era supportata da una motivazione logica e sufficiente.
La Corte di Cassazione può modificare una pena se la ritiene troppo severa?
No, non può farlo basandosi su una semplice valutazione di merito. Può intervenire solo se la decisione del giudice che ha inflitto la pena è palesemente arbitraria, illogica o priva di motivazione, ovvero se viola una specifica norma di legge.
Quali elementi ha considerato il giudice per giustificare la severità della pena in questo caso?
Il giudice ha basato la sua decisione sulla manifesta assenza di pentimento (resipiscenza) da parte dell’imputato e sui suoi numerosi precedenti penali, elementi che hanno giustificato sia la mancata concessione delle attenuanti generiche sia l’aumento per la recidiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11436 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11436 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso – con cui si contesta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, l’aumento per la recidiva ed in generale il trattamento sanzionatorio – non è consentito, in quanto reiterativo delle stesse doglianze prospettate ai giudici di appello e da essi risolte con motivazione congrua, esaustiva ed immune da vizi logici. Sul punto va evidenziato che detti motivi sono comunque manifestamente infondati, atteso che la determinazione della pena – che include anche il riconoscimento di circostanze attenuanti e l’aumento per la recidiva – implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, come avvenuto nella specie (si veda, in particolare, paq. 3 della sentenza impugnata, in cui si evidenzia l’assenza di resipiscenza ed i plurimi precedenti penali da cui il ricorrente risulta gravato);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/02/2024
Il Consigliere Estensore