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Ricorso inammissibile: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione. L’inammissibilità deriva dalla genericità dei motivi, che replicano argomentazioni già respinte, e dall’infondatezza delle censure sulla mancata applicazione della particolare tenuità del fatto, esclusa a causa dei precedenti penali specifici dell’imputato, e sulla quantificazione della pena, ritenuta esercizio di discrezionalità non arbitraria del giudice.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Analisi della Cassazione su Ricettazione e Tenuità del Fatto

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronta un ricorso inammissibile, delineando i requisiti di specificità che un’impugnazione deve possedere per essere valutata nel merito. Il caso riguarda un individuo condannato per ricettazione che ha tentato di contestare la decisione fino all’ultimo grado di giudizio, vedendosi però respingere le proprie istanze per motivi procedurali e di sostanza. Analizziamo insieme i punti salienti di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. Dopo la conferma della sentenza da parte della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, articolando la sua difesa su tre profili principali: la contestazione della responsabilità penale, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la critica al trattamento sanzionatorio ricevuto.

L’Analisi della Corte e i Motivi del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo del ricorso, concludendo per una declaratoria di inammissibilità. Questa decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei requisiti formali e sostanziali dell’impugnazione.

Primo Motivo: La Genericità delle Doglianze

Il primo punto sollevato dall’imputato riguardava la sua affermazione di responsabilità penale. La Corte ha ritenuto questo motivo non consentito perché si trattava di una semplice e ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già presentati e respinti nel giudizio d’appello. Secondo i giudici supremi, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse difese, ma deve contenere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata, dimostrando perché queste sarebbero errate. In assenza di tale specificità, il motivo è solo apparentemente nuovo e, di conseguenza, inammissibile.

Secondo Motivo: Particolare Tenuità e Precedenti Penali

Il secondo profilo del ricorso contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Anche in questo caso, la Corte ha giudicato il motivo ‘manifestamente infondato’. La decisione della Corte territoriale di escludere tale beneficio era basata su un elemento oggettivo e decisivo: l’imputato aveva a suo carico ben quattro precedenti penali specifici. La presenza di tali precedenti, secondo la Corte, esclude il requisito della ‘non abitualità’ della condotta, che è una condizione essenziale per poter applicare l’istituto della particolare tenuità. La difesa dell’imputato, che invocava il ‘tempo silente’ trascorso, è stata ritenuta insufficiente in quanto non supportata da elementi concreti che potessero indicare l’occasionalità del comportamento.

Terzo Motivo: La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Infine, il ricorrente lamentava una violazione di legge e un difetto di motivazione riguardo alla pena inflitta. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere discrezionale, se esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.), non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o basata su un ragionamento illogico. Nel caso di specie, la pena era stata fissata in misura molto inferiore al medio edittale e sorretta da una motivazione sufficiente, rendendo la censura infondata.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte di Cassazione si concentra sulla necessità di rispettare i paletti procedurali e sostanziali del giudizio di legittimità. Viene sottolineato che il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legge o di logica manifesta. La riproposizione di argomenti già vagliati, senza una critica mirata alla sentenza d’appello, svuota il ricorso della sua funzione tipica. Inoltre, la Corte ha rafforzato l’importanza dei precedenti penali come indice contrario alla concessione di benefici come la particolare tenuità del fatto, che presuppone un comportamento delittuoso del tutto sporadico. Infine, viene confermata l’ampia autonomia del giudice di merito nella commisurazione della pena, purché tale potere sia esercitato in modo motivato e non irragionevole.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza fornisce indicazioni preziose. In primo luogo, evidenzia che per presentare un ricorso in Cassazione efficace è indispensabile formulare censure nuove e specifiche, che attacchino direttamente la logica della sentenza di secondo grado. In secondo luogo, ribadisce che i precedenti penali hanno un peso determinante nella valutazione della personalità dell’imputato e possono precludere l’accesso a istituti premiali. Infine, conferma che contestare l’entità di una pena è un’operazione complessa, possibile solo se si dimostra un vizio palese nel ragionamento del giudice, e non semplicemente perché si ritiene la sanzione troppo severa.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile se ripropone le stesse argomentazioni dell’appello?
Perché il ricorso per Cassazione deve svolgere una funzione di critica argomentata avverso la sentenza impugnata, non può essere una semplice ripetizione di doglianze già esaminate e respinte. Un motivo così formulato è considerato non specifico e quindi inammissibile.

I precedenti penali di un imputato possono impedire il riconoscimento della ‘particolare tenuità del fatto’?
Sì. Secondo la Corte, la presenza di ‘ben quattro precedenti penali specifici’ esclude la non abitualità della condotta, che è un presupposto fondamentale per l’applicazione di tale causa di non punibilità. I precedenti indicano una tendenza a delinquere che è incompatibile con la natura occasionale richiesta dalla norma.

In quali casi la Corte di Cassazione può sindacare la pena decisa dal giudice di merito?
La Corte di Cassazione può intervenire sulla quantificazione della pena solo se questa è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non è sorretta da una sufficiente motivazione. Al di fuori di questi casi, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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