Ricorso inammissibile: perché la Cassazione non riesamina il merito
Quando si impugna un provvedimento di sequestro preventivo, è fondamentale comprendere i limiti del giudizio della Corte di Cassazione. Una recente sentenza chiarisce perfettamente perché un ricorso inammissibile è una conseguenza frequente quando si tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Analizziamo questo caso per capire i principi applicati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Il Sequestro e il Ricorso
La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che confermava il sequestro preventivo di una somma di 35.280 euro a carico di un soggetto. Il sequestro era stato disposto nell’ambito di un’indagine per concorso in reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. L’indagato, ritenendo ingiusto il provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nella valutazione delle prove.
I Motivi dell’Impugnazione
L’appellante ha basato il suo ricorso su tre motivi principali, logicamente connessi:
1. Vizio di motivazione sul fumus boni iuris: A suo dire, il Tribunale non aveva correttamente valutato le dichiarazioni di un altro soggetto coinvolto e aveva travisato la documentazione difensiva prodotta. Tale documentazione (liste di prelievi, movimenti bancari, dichiarazioni di prestito) era finalizzata a dimostrare la provenienza lecita del denaro sequestrato.
2. Carenza di motivazione sul periculum in mora: Il ricorrente lamentava la totale assenza di argomentazioni riguardo al pericolo che la libera disponibilità della somma potesse aggravare le conseguenze del reato.
In sostanza, la difesa sosteneva che il Tribunale avesse analizzato gli elementi in modo parziale e decontestualizzato, ignorando prove che avrebbero potuto scagionare il proprio assistito.
La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una distinzione netta tra il giudizio di merito (proprio del Tribunale) e il giudizio di legittimità (proprio della Cassazione).
L’Analisi sul Fumus Boni Iuris
Riguardo al fumus, la Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale non era né mancante né meramente apparente. Al contrario, il giudice del riesame aveva adeguatamente valutato sia le dichiarazioni accusatorie sia la documentazione difensiva, fornendo una giustificazione logica e coerente per la conferma del sequestro. La Cassazione ha sottolineato che le censure del ricorrente non denunciavano un vizio di legittimità (come una motivazione inesistente o palesemente illogica), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove. Questo tipo di richiesta eccede i poteri della Corte di Cassazione, il cui compito non è rifare il processo, ma verificare la corretta applicazione della legge.
La Valutazione del Periculum in Mora
Anche la critica sulla mancanza di motivazione del periculum è stata respinta. La Suprema Corte ha evidenziato come il Tribunale avesse, in realtà, desunto il pericolo da una serie di elementi concreti: le precarie condizioni economiche del ricorrente, le particolari modalità con cui il denaro era stato nascosto e il ritardo con cui gli agenti erano stati fatti entrare durante la perquisizione. Questi elementi, secondo i giudici, costituivano una base sufficiente per ritenere sussistente il rischio che la somma potesse essere utilizzata per proseguire l’attività illecita.
Le Motivazioni della Corte
Il cuore della decisione risiede nell’articolo 325 del codice di procedura penale, che limita i motivi di ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali. Non è possibile contestare la ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito, a meno che la sua motivazione sia del tutto assente o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la motivazione esisteva ed era coerente. Pertanto, il tentativo del ricorrente di far rivalutare le prove si è scontrato con la barriera dell’inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione. Chi intende impugnare un sequestro deve concentrarsi su questi aspetti, evitando di proporre argomenti che richiedano una nuova valutazione dei fatti, destinati a sfociare in una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso contro il sequestro preventivo è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano vizi di legittimità (come una motivazione mancante o manifestamente illogica), ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Come ha giustificato la Corte la sussistenza del ‘fumus boni iuris’?
La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse fornito una motivazione adeguata e non apparente, basata su una valutazione complessiva sia delle dichiarazioni accusatorie sia della documentazione difensiva, ritenendo quindi plausibile la configurabilità del reato per cui si procedeva.
Da quali elementi il Tribunale ha desunto il ‘periculum in mora’?
Il Tribunale ha desunto il ‘periculum in mora’ (il pericolo nel ritardo) dalle precarie condizioni economiche del ricorrente, dalle peculiari modalità di occultamento del denaro e dal ritardato ingresso degli operanti al momento della perquisizione, elementi che indicavano il rischio di prosecuzione dell’attività illecita.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30427 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30427 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Catanzaro il 21/11/1997
avverso l’ordinanza emessa l’11 marzo 2025 dal Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le richieste del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che ha confermato il sequestro preventivo della somma di euro 35.280 disposto a carico del ricorrente per il reato di cui agli artt. 110, 586 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Con tre motivi che, in quanto tra loro logicamente connessi, possono essere esposti congiuntamente, deduce vizi della motivazione in merito al fumus del reato e la carenza di motivazione sul periculum in mora . In primo luogo, si insiste sulla rilevanza delle dichiarazioni autoaccusatorie di La Salvia. Si censura, inoltre, la ritenuta insufficienza delle allegazioni difensive che, ad avviso del ricorrente, costituisce frutto di un errore percettivo e di un travisamento per utilizzo di una informazione inesistente in cui è incorso il Tribunale. Ciò in quanto il ricorrente ha allegato alla memoria difensiva i seguenti documenti: a) la lista dei prelievi effettuati dalla sorella; b) la lista dei movimenti bancari del conto del ricorrente; c) la dichiarazione di prestito effettuata dalla sorella; e) la dichiarazione relativa al debito insoluto resa dal titolare della ditta di ristrutturazione. Sostiene il ricorrente che tali elementi sono stati valutati in modo parziale e decontestualizzato, trascurando l’idoneità della documentazi one prodotta a dimostrare la lecita provenienza del denaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I tre motivi di ricorso, da valutare congiuntamente in ragione della loro connessione logica, sono inammissibili in quanto, con riferimento alle censure sul fumus, a fronte di una motivazione non apparente e di una adeguata valutazione delle dichiarazioni rese da La Salvia e della documentazione prodotta dal ricorrente (cfr. le pagine da 1 a 3 dell’ordinanza impugnata), deducono non consentiti vizi della motivazione (cfr. art. 325 cod. proc. pen.), e quanto alla censura sul periculum, prive di confronto critico con la motivazione dell’ordinanza impugnata, tutt’altro che carente sul punto ( si veda la seconda pagina della motivazione in cui il Tribunale ha desunto il periculum dalle precarie condizioni economiche del ricorrente, dalle peculiari modalità di occultamento del denaro e dal ritardato ingresso degli operanti al momento della perquisizione).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso l’8 luglio 2025