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Ricorso inammissibile: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per il reato di cui all’art. 340 c.p. I ricorrenti contestavano l’utilizzabilità di alcune prove, ma la Corte ha ritenuto le censure generiche, meramente riproduttive di doglianze già respinte in appello, e ha sottolineato come le prove contestate fossero comunque superflue ai fini della decisione, data la presenza di altri elementi probatori sufficienti. Di conseguenza, il ricorso inammissibile è stato rigettato con condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato dalla Corte di Cassazione. Il caso riguarda due imputati che, dopo una condanna in Corte d’Appello, hanno tentato l’ultima via del ricorso in Cassazione, vedendoselo però respingere per motivi di forma e sostanza che meritano un’attenta analisi. Questa decisione sottolinea l’importanza di formulare censure specifiche e pertinenti, anziché limitarsi a riproporre argomenti già vagliati nei precedenti gradi di giudizio.

I Fatti del Caso

Due soggetti, condannati in secondo grado per il reato previsto dall’articolo 340 del codice penale, hanno presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. La loro difesa si basava principalmente su due punti: la presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni di un testimone e dei relativi tabulati telefonici, e una contestazione generica sulla loro effettiva responsabilità penale.

Le Censure e il Principio del Ricorso Inammissibile

I ricorrenti hanno tentato di smontare l’impianto accusatorio mettendo in discussione la validità di elementi di prova chiave. Sostenevano che sia le testimonianze sia i dati telefonici non potessero essere utilizzati per fondare una condanna. Tuttavia, la loro argomentazione presentava delle debolezze strutturali che non sono sfuggite alla Corte.

Le critiche, infatti, sono state giudicate:
1. Generiche: Formulate in termini ampi, senza entrare nello specifico delle presunte violazioni di legge.
2. Riproduttive: Si limitavano a ripetere le stesse doglianze già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi con le motivazioni con cui quest’ultima le aveva rigettate.

Questo approccio rende un ricorso inammissibile, poiché il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si riesamina l’intero processo, ma una sede in cui si valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Superfluità della Prova Contestata

Un punto cruciale della decisione della Cassazione risiede nel concetto di prova superflua. La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva già correttamente evidenziato come la condanna si basasse solidamente su altri elementi probatori acquisiti aliunde (cioè da altre fonti). In pratica, anche escludendo le testimonianze e i tabulati contestati, le prove rimanenti erano più che sufficienti a dimostrare la colpevolezza degli imputati. Di conseguenza, la discussione sulla loro utilizzabilità diventava irrilevante ai fini della decisione finale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di un ragionamento lineare e conforme ai suoi consolidati orientamenti. In primo luogo, ha qualificato le censure dei ricorrenti come aspecifiche e meramente riproduttive di argomenti già disattesi. Questo vizio procedurale è di per sé sufficiente a determinare l’inammissibilità.

In secondo luogo, ha validato la logica della Corte territoriale laddove questa aveva ritenuto le prove contestate non decisive, data l’abbondanza di altri elementi a carico. La Corte ha inoltre specificato che le contestazioni relative all’affermazione di responsabilità erano altrettanto vaghe, in quanto non si misuravano con l’apparato argomentativo puntuale e logico della sentenza d’appello, la quale aveva già confermato la sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla norma incriminatrice.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Per gli imputati, ciò ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione deve essere un atto tecnico, preciso e mirato a evidenziare specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata. Non può essere una riproposizione generica di vecchie difese, né può avere successo nel contestare prove che, alla fine, risultano non essere state decisive per la condanna.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
La Corte li ha dichiarati inammissibili perché le censure sollevate erano formulate in termini generici, erano una mera riproduzione di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello e non si confrontavano specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

Cosa significa che le prove contestate erano ‘superflue’?
Significa che, secondo la valutazione della Corte d’Appello confermata dalla Cassazione, la condanna si basava su altri elementi di prova sufficienti a dimostrare la colpevolezza. Pertanto, anche se le prove contestate (dichiarazioni e tabulati) fossero state escluse, l’esito del giudizio non sarebbe cambiato.

Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti?
Oltre alla conferma definitiva della condanna, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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