Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Mette un Punto Fermo
Un ricorso inammissibile rappresenta uno degli esiti più comuni e, per il ricorrente, più drastici del giudizio di fronte alla Corte di Cassazione. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito i paletti stringenti per l’accesso al giudizio di legittimità, chiarendo perché la mera riproposizione di argomenti già discussi o la contestazione generica delle decisioni precedenti non sia sufficiente. Analizziamo il caso di una condanna per rapina per capire i confini del giudizio di Cassazione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato per rapina dalla Corte d’Appello. L’imputato ha sollevato quattro distinti motivi di ricorso alla Corte di Cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza di condanna. I motivi spaziavano dalla presunta errata valutazione di una testimonianza oculare al mancato riconoscimento della desistenza volontaria, passando per dubbi sulla sua identificazione come autore del reato e, infine, lamentando un’eccessiva severità della pena inflitta.
Analisi del ricorso inammissibile e dei motivi respinti
La Corte di Cassazione ha esaminato ciascuno dei motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione:
* Errata valutazione delle prove: Il primo motivo, che contestava la valutazione di una testimonianza, è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a riproporre una ricostruzione alternativa dei fatti. La Cassazione non è un “terzo grado di giudizio” dove si possono rivalutare le prove; il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
* Mancato riconoscimento della desistenza volontaria: Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché era una semplice ripetizione di argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.
* Vaghezza nell’identificazione: Il terzo motivo, relativo all’identificazione del colpevole, è stato respinto per indeterminatezza. L’imputato non ha spiegato in modo chiaro e specifico le ragioni giuridiche per cui la motivazione del giudice d’appello sarebbe stata errata, rendendo impossibile per la Corte esercitare il proprio controllo.
* Eccessività della pena: L’ultimo motivo è stato considerato manifestamente infondato. La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che deve motivare la sua scelta basandosi sui principi degli artt. 132 e 133 del codice penale. Finché tale motivazione è congrua e logica, la Cassazione non può intervenire per modificarla.
Le Motivazioni
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella funzione stessa della Corte di Cassazione. Il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Un ricorso, per essere ammissibile, deve sollevare questioni di diritto (violazioni di legge) o vizi logici evidenti nella motivazione della sentenza impugnata. Non può limitarsi a chiedere una nuova e diversa valutazione delle prove o a contestare genericamente la decisione del giudice di merito. In questo caso, tutti i motivi presentati si risolvevano, di fatto, in una richiesta di riesame del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha quindi sanzionato la mancanza di specificità e la natura puramente reiterativa delle censure.
Le Conclusioni
Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: per avere successo in Cassazione, un ricorso deve essere redatto con estremo rigore tecnico. È fondamentale individuare specifici errori di diritto o palesi illogicità nella motivazione della sentenza precedente, anziché sperare in una terza valutazione dei fatti. La dichiarazione di ricorso inammissibile non solo pone fine al processo, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, sottolineando la necessità di un approccio ponderato e giuridicamente fondato all’ultimo grado di giudizio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, ripetitivi di argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio, e tendevano a richiedere una nuova valutazione dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione in sede di legittimità.
La Corte di Cassazione può riesaminare le testimonianze?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove, come le testimonianze. Il suo compito è verificare che il giudice di merito (tribunale o corte d’appello) abbia applicato correttamente la legge e abbia fornito una motivazione logica e non contraddittoria per la sua decisione, senza entrare nel merito della valutazione delle prove stesse.
Contestare una pena ritenuta troppo alta è un valido motivo di ricorso in Cassazione?
Generalmente no. La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. È possibile contestarla in Cassazione solo se la motivazione fornita dal giudice è assente, palesemente illogica o contraddittoria, ma non semplicemente perché si ritiene la pena eccessiva. Se la motivazione è adeguata, il ricorso su questo punto viene dichiarato inammissibile o manifestamente infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18999 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ASCOLI PICENO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito che, a pag. 3 della sent. impugnata, ha evidenziato la testimonianza oculare del COGNOME al fine di disattendere la generica ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa e pedissequamente riproposta in questa sede;
rilevato che il secondo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della desistenza volontaria, è indeducibile perché fondato su censure che si risolvono nella reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso – si veda, in particolare, pag. 4 della sent. impugnata -;
considerato che il terzo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al riconoscimento del ricorrente nel soggetto che ha realizzato la rapina, oltreché reiterativo, non è consentito dalla legge in sede di legittimità per indeterminatezza, perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non spiega le ragioni poste a fondamento della prospettata inutilizzabilità, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
ritenuto che l’ultimo motivo, che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presid nte