Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è un’opportunità per ridiscutere l’intero processo. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda le rigide regole procedurali che governano questa fase, chiarendo perché un ricorso inammissibile viene respinto senza nemmeno entrare nel merito. Il caso in esame offre una lezione preziosa sui requisiti di specificità e novità che ogni ricorso deve possedere per avere una speranza di accoglimento.
Il Contesto del Ricorso
La vicenda giudiziaria trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Torino. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi per contestare la sua responsabilità penale. Tuttavia, come vedremo, nessuno di questi motivi ha superato il filtro di ammissibilità imposto dalla legge.
L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, giungendo alla medesima conclusione per tutti: l’inammissibilità. Vediamo nel dettaglio le ragioni che hanno portato a questa drastica decisione, che evidenziano errori comuni nella redazione dei ricorsi.
Primo Motivo: La Critica Generica e Ripetitiva
Il ricorrente contestava la valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e di un testimone, ritenendola errata. La Corte ha però qualificato questa doglianza come una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati e respinti in appello. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni, ma deve contenere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata, spiegando perché e dove il giudice d’appello ha sbagliato. In assenza di ciò, il motivo è solo apparentemente specifico e quindi inammissibile.
Secondo e Terzo Motivo: Il Divieto di Riesaminare i Fatti
Con il secondo e terzo motivo, l’imputato lamentava l’errata valutazione circa l’efficacia della minaccia e la sua credibilità, elementi costitutivi del reato contestato. La Cassazione ha prontamente respinto questi punti, ricordando un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Corte non può ‘rileggere’ gli elementi di fatto o sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha condotto il processo. Il suo compito è verificare la logicità e la correttezza giuridica della motivazione, non ricostruire i fatti. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove è una strada che porta direttamente a un ricorso inammissibile.
Quarto Motivo: La Questione Nuova non Proposta in Appello
Infine, il ricorrente sosteneva che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come truffa (art. 640 c.p.) e non secondo il reato contestato. Anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione diversa: la questione non era mai stata sollevata davanti alla Corte d’Appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Non era questo il caso, e la mancata presentazione del motivo in appello lo ha reso inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi cardine della procedura penale. L’inammissibilità del ricorso deriva direttamente dalla violazione delle regole che disciplinano l’accesso al giudizio di legittimità. In primo luogo, il principio di specificità dei motivi, che impone al ricorrente di andare oltre la mera ripetizione di doglianze già esaminate. In secondo luogo, la netta separazione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, con il secondo che esclude categoricamente una nuova valutazione delle prove. Infine, il principio devolutivo dell’appello, secondo cui non si possono introdurre per la prima volta in Cassazione motivi che dovevano essere sottoposti al giudice del gravame precedente. La Corte ha agito in stretta conformità con queste regole, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria per colpa nell’aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Il ricorso non è un’ulteriore possibilità per discutere i fatti, ma uno strumento tecnico per censurare specifici vizi di legge o di motivazione della sentenza impugnata. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è fondamentale che i motivi siano nuovi, specifici, pertinenti e non mirino a una rivalutazione del merito della causa. La decisione rafforza la funzione nomofilattica della Cassazione, ovvero quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge, impedendo che venga trasformata in un terzo grado di giudizio di fatto.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i motivi sono una semplice ripetizione di quelli già respinti in appello, se cercano di ottenere una nuova valutazione dei fatti (non consentita), o se sollevano questioni che non erano state presentate nel precedente grado di giudizio, come stabilito dal codice di procedura penale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, controllando solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza. Non può riesaminare le prove o ricostruire diversamente i fatti, poiché questa attività è riservata esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Cosa succede se un motivo di ricorso non è stato presentato nel precedente grado di giudizio (appello)?
Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, un motivo di ricorso non proposto in appello non può essere presentato per la prima volta in Cassazione. Tale motivo viene dichiarato inammissibile, a meno che non riguardi una questione che la legge consente di sollevare in qualsiasi fase del processo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9489 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9489 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal teste COGNOME, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito alle pp. 3-4 della sentenza impugnata dove sono state indicate le ragioni per cui ritenere attendibili le suddette dichiarazioni testimoniali, dovendosi considerare tali doglianze non specifickrna soltanto apparenti, in quanto omelono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che il secondo e terzo motivo di ricorso che lamentano l’insussistenza del reato in relazione all’efficacia del male ingiusto minacciato e alla concreta credibilità della minaccia non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché tendono ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, i quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che contesta l’erronea qualificazione del fatto contestato che andrebbe, invece, ascritto alla fattispecie di cui all’art. 640 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende avuto riguardo ai profili di colpa emersi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024
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Il Consigliere Estensore
Il Presidente