Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4911 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4911  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
NOME NOME a CALTAGIRONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni dei difensori, AVV_NOTAIO NOME COGNOME per NOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata in accoglimento dei motivi di ricorso, conclusioni ribadite anche con memoria depositata in data 11/11/2023; AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME per RAGIONE_SOCIALE NOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria del 31/10/2023; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO COGNOME per NOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria del 31/10/2023. 
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, con sentenza del 05/12/2022, ha confermato la sentenza del Tribunale di Caltagirone ad esito di rito abbreviato del 22/09/2020, appellata, per quanto qui di interesse, da COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME, con la quale gli stessi sono stati condannati alla pena di giustizia per i reati agli stessi rispettivamente ascritti (artt. 110, 648 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, proponendo motivi di ricorso che si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
Ricorso COGNOME NOME.
3.1.  COGNOME Violazione di norme processuali ricorrendo la nullità di cui all’art. 525, comma2, cod. proc. pen.; la difesa ha rilevato la nullità tra i giudici che hanno partecipato al processo e coloro che hanno redatto la sentenza, come emerge dalla difformità tra il verbale di udienza e la intestazione della sentenza.
3.2. COGNOME Violazione di legge e vizio della motivazione perché illogica quanto al ritenuto concorso del NOME al delitto di ricettazione con gli altri correi, nonostante questi fosse solo un passeggero all’interno della vettura Lancia Musa; il suo contributo è stato inquadrato nel concorso morale in primo grado, mentre la Corte di appello ha arbitrariamente aggiunto un contributo materiale, definendolo in modo del tutto erroneo e censurabile quale navigatore del RAGIONE_SOCIALE che era alla guida dell’auto, giungendo ad una erronea valutazione del canone di cui all’art. 110 cod. pen., anche atteso che gli oggetti idonei a commettere il furto erano sì nell’auto ma ben occultati e dunque non a conoscenza del NOME. È stata erroneamente esclusa una connivenza non punibile.
3.3. Violazione di norme processuali e vizio della motivazione perché omessa in ordine alla richiesta riqualificazione del reato nel meno grave reato di cui all’art. 624 cod. pen.
3.4. Violazione di legge in relazione all’art. 99, comma quarto, cod. pen. per aver ritenuto la recidiva reiterata in assenza di un riconoscimento formale del ricorrente come recidivo nelle precedenti condanne.
3.5.  COGNOME Violazione di norme processuali e vizio della motivazione perché del tutto omessa in relazione al motivo di appello con il quale era stata chiesta l’esclusione della recidiva.
3.6. Violazione di norme processuali e vizio della motivazione perché mancante in ordine al richiesto riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
4.  Ricorso RAGIONE_SOCIALE.
4.1.  COGNOME Violazione di norme processuali in relazione agli artt. 598, 525 e 179 cod. proc. pen.; la difesa ha rilevato la nullità tra i giudici che hanno partecipato al processo e coloro che hanno redatto la sentenza, come emerge dalla difformità tra il verbale di udienza e la intestazione della sentenza, depositata con motivazione contestuale.
4.2.  COGNOME Violazione di legge e vizio della motivazione quanto al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione; la Corte catanese sul punto si rifà totalmente alla motivazione di primo grado; i criteri imposti dalla norma di riferimento non sono stati rispettati, con violazione dell’art. 133 cod. pen. per l’eccessiva gravosità della sanzione inflitta.
4.3.  COGNOME Violazione di legge e vizio della motivazione COGNOME in relazione all’istituto della continuazione; è stata difatti irrogata la continuazione interna senza alcuna specifica contestazione da parte della accusa.
5.  Ricorso NOME.
5.1. COGNOME Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 110, 81 e 648 cod. pen.; la motivazione della Corte di appello è meramente apparente e omette di confutare le censure difensive articolate con l’atto di appello; il giudice di appello è incorso in erronee valutazioni e non ha rispettato il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio. La Corte di appello ha errato, non avendo effettuato la riqualificazione della condotta in contraddittorio; infatti l’imputato è stato condanNOME anche per il reato di cui all’art. 81 cod. pen. Inoltre sono state erroneamente concesse le circostanze attenuanti generiche in misura inferiore al massimo, senza tener conto della incensuratezza del ricorrente. La difesa ha inoltre sostenuto: “il giudice di primo grado perviene a conclusioni errate e contraddittorie in quanto da un lato ritiene colpevole l’imputato
a pag.11 della sentenza.. mentre dell’altro lato scrive a pag. 12 che non è stata comprovata l’esclusiva destinazione alla consumazione di reati contro il patrimonio” dell’immobile. L’imputato è stato trovato all’interno del capannone unico episodio a lui riferibile, eppure è stato condanNOME per una pluralità di fatti in continuazione.
5.2. COGNOME Violazione di legge ed errata applicazione degli artt. 530 e 192 cod. proc. pen., vizio di motivazione e vizio di travisamento della prova; l’imputato avrebbe dovuto essere assolto, manca qualsiasi prova della sua colpevolezza e ricorre un travisamento della prova; manca il riscontro in ordine al capannone in uso all’imputato, in mancanza di qualsiasi elemento di prova in ordine alla cannibalizzazione dei veicoli ancora con il motore, non vi è prova della sua conoscenza quanto alla provenienza delittuosa degli stessi.
5.3.  COGNOME Vizio della motivazione perché omessa in ordine alla richiesta applicazione della attenuante ex art. 114 cod. pen. ; la condotta dell’imputato non ha in alcun modo inciso sul risultato finale dell’impresa criminosa e la sua opera è stata marginalissima; inoltre è stato violato l’art. 69 cod. pen. nel giudizio di comparazione e la pena è eccessiva con erronea applicazione dell’art. 133 e 133-bis cod. pen.
5.4.  COGNOME Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli art. 99, 62-bis cod. pen., motivazione illogica, contraddittoria e mancante; manca la motivazione sul dato negativo ritenuto prevalente, con ingiustizia della motivazione per mancata sospensione condizionale della pena e dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.; il giudice non ha considerato la personalità dell’imputato, mitigando ulteriormente la pena.
5.5. Erronea interpretazione dell’art. 131-bis cod. pen.; ricorreva la particolare tenuità della condotta che insieme alla personalità dell’imputato potevano condurre ad una mitigazione della pena; il ricorrente è stato ingiustamente condanNOME.
5.6.  COGNOME Mancata concessione del beneficio della non menzione nel casellario penale con violazione dell’art. 175 cod. pen.; manca la motivazione sul punto.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I  COGNOME ricorsi sono inammissibili, COGNOME perché proposti con COGNOME motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
In via preliminare deve essere affrontato il primo motivo proposto dal NOME e dal RAGIONE_SOCIALE in termini sostanzialmente sovrapponibili. I motivi sono manifestamente infondati. Questa Corte ha già affermato, con principio COGNOME che COGNOME qui COGNOME si COGNOME intende COGNOME ribadire / COGNOME che COGNOME l’indicazione, nell’intestazione della sentenza, dei nominativi di magistrati diversi da quelli che hanno deliberato integra un errore materiale dal quale, ove la sentenza sia sottoscritta dai componenti del collegio giudicante correttamente indicati nel verbale di udienza, non deriva alcuna nullità (Sez. 5, n. 4530 del 10/11/2022, Rv. 283846-01; Sez. 3, n. 556 del 1996, Rv. 204707-01). In tal senso occorre considerare che deve darsi prevalenza al contenuto del verbale di udienza rispetto all’intestazione della sentenza, quando da tale atto risulti l’esatta coincidenza con i sottoscrittori dell sentenza. In tal caso difatti si deve ritenere ricorrente non una nullità assoluta, ma bensì un mero errore materiale nella intestazione della sentenza, dunque una semplice irregolarità formale, in quanto la reale situazione trova incontestabile riscontro e documentazione nelle risultanze del verbale del dibattimento (Sez. 3, n. 556 del 06/02/1996, Rv. 20470701; Sez. 2, n. 32991 del 24/06/2011, Rv. 251350-01; Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014, Rv. 262587-01).
Quanto agli altri motivi di ricorso occorre premettere alcuni principi di diritto applicabili ai diversi motivi proposti dai ricorrenti. Si deve in osservare che i motivi si caratterizzano sostanzialmente per una oggettiva genericità ed aspecificità in mancanza di reale confronto con la motivazione, con formulazioni atecniche, e spesso perplesse, anche quanto alla individuazione del vizio lamentato e dell’oggetto della decisione. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1, lett. c), c.p.p all’inammissibilità (Sez.4, n. 256 del 18/09/1997, Rv. 210157-02; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568-01; Sez. 2, n. 11951 del 20/01/2014, Rv. 259435-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710 -01). Inoltre, si
è chiarito che in tema di ricorso per cassazione, la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché della mancanza, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi degli artt. 581, comma primo, lett. c) e 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., non potendo attribuirsi al giudice d legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutin (Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019 Rv. 277518-02; Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, Rv. 264535-01). Con particolare riferimento poi al più volte invocato vizio della motivazione occorre considerare anche che in tema di ricorso per cassazione, i vizi della motivazione si pongono in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che la motivazione, se manca, non può essere, al tempo stesso, né contraddittoria, né manifestamente illogica e, per converso, la motivazione viziata non è motivazione mancante (Sez. 2, n. 48448 del 31/10/2023, non massimata).
4. Per quanto concerne le reiterate censure mosse alla struttura motivazionale della pronuncia impugnata, va evidenziato che dalla stessa si evince chiaramente come la Corte di appello abbia puntualmente esamiNOME le doglianze difensive proposte con gli appelli, con una motivazione solo in parte per relationem, peraltro legittima quando – come nel caso di specie risulta che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le ha ritenute coerenti con la propria decisione (Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, Rv. 274252-01; Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, Rv. 270398 -01; Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014Rv. 261839-01; Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, Rv. 26124801; Sez. U, n. 21/06/2000, Rv. 216664-01). Inoltre, sulle posizioni dei ricorrenti, vi è stata non solo la medesima decisione, ma anche una concordanza nell’analisi e nella valutazione dei risultati probatori posti a fondamento della affermazione di responsabilità, sicchè si deve ricordare che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, Rv. 252615-01; Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Rv. 191229-01). Pertanto, in presenza di una doppia conforme anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni
delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Rv. 260841-01). Neanche la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, Rv. 275853-01): ciò è all’evidenza riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha esamiNOME ed espressamente confutato le deduzioni difensive negli aspetti fondamentali sollevati con motivazione congrua, articolata logicamente e priva di aporie.
5. In sede di legittimità, quindi, non è censurabile la sentenza per il silenzio su una specifica doglianza prospettata con il gravame, quando questa risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., che essa evidenzi una ricostruzione dei fatti che implicitamente conduca alla reiezione della prospettazione difensiva, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Rv. 276741-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, Rv. 275500-01; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, Rv. 259643-01; Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, Maravalli, Rv. 256879-01).
Ciò posto occorre considerare i singoli ricorsi e motivi proposti. Ricorso COGNOME.
Il secondo motivo di ricorso, che già si espone a censura quanto alla motivazione ritenuta meramente illogica e non manifestamente illogica secondo il parametro normativo di cui all’art. 606, lett. e) cod. proc. pen., si risolve, a fronte di una argomentazione logica e chiara della Corte di appello, in una mera proposta di lettura alternativa del merito, non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 27321701, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758-01). Il motivo non è dunque consentito, oltre che generico ed
aspecifico nella sua articolazione e reiterativo quanto ai suoi contenuti rispetto al motivo di appello. La Corte di appello ha specificato e descritto il contesto nell’ambito del quale maturavano le condotte imputate, gli accertamenti espletati, il riscontro del ruolo specifico svolto da ciascun imputato, la predisposizione di mezzi adeguati a tal fine, la disponibilità di mezzi e strumenti efficienti al fine di realizzare la condotta imputata, la portata degli accertamenti di polizia giudiziaria, assolutamente univoci nel loro esito e riscontro (pag5, 6 e seg.), con motivazione priva di aporie che non si presta a censure in questa sede.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Ricorre, difatti, non solo una analitica considerazione delle condotte imputate, una ricostruzione dei singoli apporti e del contesto nel quale venivano rinvenuti i beni richiamati nelle singole imputazioni (che già di per sé in via logica e deduttiva portano ad escludere una eventuale riqualificazione del fatto per come imputato), ma anche una motivazione specifica sul punto (pag. 7) con la quale il ricorrente non si confronta affatto, con ciò ricadendo il motivo anche in un ambito di evidente aspecificità.
Il quarto e il quinto motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente infondati. La Corte di appello ha compiutamente motivato sul punto della recidiva (pag.7) in applicazione dei principi sanciti da ultimo dal dictum delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, Rv. 284878-01) mediante una specifica descrizione della condotta, della sua pericolosità, della professionalità nell’organizzazione, tanto da non concedere, anche in considerazione di tale elemento, la non menzione, con richiamo ai precedenti penali per alcuni dei ricorrenti. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta.
Il sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato. La motivazione della Corte di appello, del tutto logica, riconduce al NOME un ruolo di rilievo, che per come compiutamente ricostruito esclude all’evidenza il possibile riconoscimento della disciplina di cui all’art. 114 cod. pen., anche atteso il valore dei beni sequestrati, la disponibilità della strumentazione atta a realizzare la cannibalizzazione delle auto, oltre alla diretta gestione delle vetture rubate che venivano condotte dal gruppo di soggetti osservato dagli agenti operanti.
Ricorso RAGIONE_SOCIALE.
Il secondo motivo di ricorso, oltre che aspecifico e totalmente generico nella sua formulazione, tanto da non individuare in alcun modo la tipologia di vizio della motivazione teoricamente ricorrente, non richiama neanche astrattamente la presenza di una evidente irragionevolezza nella
considerazione del trattamento sanzioNOMErio. In tal senso si deve ricordare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, Rv. 281217-01, in motivazione). Il giudice, dunque, nel realizzare il giudizio di determinazione della pena “non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, Rv. 269196-01, Sez. 5, n.5582 del 30/09/2013, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851-01).
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Anche in questo caso, con argomentazioni del tutto generiche, il ricorrente non evidenzia alcuna irragionevolezza rispetto al trattamento sanzioNOMErio ed alla pena in concreto irrogata in un regime tale da appalesarsi all’evidenza come di maggior favore per lo stesso.
Ricorso NOME.
Quanti ai motivi del NOME, tenuto conto dei principi già enunciati, oltre che della ricorrenza di una doppia decisione conforme, occorre considerare che gli stessi oltre che oggettivamente generici e aspecifici, in parte articolati come motivi di appello (come emerge dal chiaro riferimento alle considerazioni del giudice di primo grado, senza confronto con le argomentazioni del giudice di appello), si caratterizzino per la loro oggettiva reiteratività rispetto ai motivi di appello. Deve essere in tal senso ribadito principio di diritto, affermato da questa Corte, secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determiNOME (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Rv. 260608-01). La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che il ricorso di cassazione che riproduce reitera gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti
in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugNOME, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970-01).
Il primo motivo di ricorso, oltre che totalmente generico ed anche atecnico nella sua formulazione (dove afferma che l’imputato sarebbe stato condanNOME anche per il reato di cui all’art. 81 cpv. cod. pen.), non è consentito, risolvendosi in una lettura alternativa del merito, a fronte di una motivazione che non si presta a censure in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758-01).
Anche il secondo motivo si caratterizza per aspecificità e genericità, oltre che oggettiva perplessità nella sua formulazione, essendosi risolto in una critica alla decisione di primo grado in relazioni ad alcuni elementi marginali del fatto, del tutto superati dalla analisi della Corte di appello sulla base anche delle attività di osservazione e controllo degli agenti operanti, oltre che in una richiesta di assoluzione del ricorrente. Il ricorrent invoca, inoltre, un travisamento della prova non meglio identificato, senza argomentare alcunchè in ordine ad una eventuale prova di resistenza, senza compiutamente individuare tale travisamento, richiamando in tal senso esclusivamente una asserita contraddittorietà della decisione di primo grado e, dunque, in assenza di confronto con la decisione impugnata. Quando come nel caso in esame ricorra una c.d. “doppia conforme”, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo quando il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritannente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Rv. 280155; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 2, n. 7896 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv. 269217; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv. 256837). Ciò posto, appare evidente come la deduzione del ricorrente sia sul punto del tutto generica, aspecifica e non puntuale, con evidente inammissibilità della
stessa per come articolata, di fatto ancora una volta tendente ad introdurre una inammissibile rilettura nel merito dell’insieme degli elementi probatori acquisiti in giudizio.
Il terzo motivo di ricorso oltre che non è consentito, perché non proposto in appello, è manifestamente infondato. Valgono anche per il Coni le argomentazioni già spese per gli altri ricorrenti in considerazione della motivazione, chiara e logica, della Corte di appello, che ha ricostruito caratteri della condotta, presenza di mezzi ed organizzazione adeguata, ruoli specifici dei singoli soggetti coinvolti e del RAGIONE_SOCIALE in particolare, con ci escludendo il riconoscimento della disciplina invocata.
Anche il quarto motivo di ricorso è in parte perplesso nella sua formulazione (laddove richiama prima una violazione di legge e un vizio della motivazione in tutte le sue forme, senza alcuna specificazione, e con riferimento alla ricorrenza di mera illogicità e non di illogicità manifesta prima con riferimento alla dosimetria della pena quanto agli art. 99 e 62-bis cod. pen., per poi tornare ad evocare l’art. 114 cod. pen. senza ulteriore specificazione), oltre che generico in assenza di confronto con la motivazione della sentenza quanto alla recidiva ed alla dosimetria della pena, con particolare riferimento alla gravità della condotta per come riscontrata dalla Corte di appello con argomentazione che non si presta a censure in questa sede (pag. 7).
Il quinto motivo di ricorso è del tutto reiterativo del motivo di appello, oltre che manifestamente infondato, risolvendosi in una mera ed astratta petizione di principio, in assenza di confronto con la motivazione della sentenza di appello, che ha specificamente evidenziato la particolare gravità della condotta e la conseguente offensività della stessa per come imputata in termini di evidente incompatibilità con la richiesta applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., così come quanto ad una eventuale prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
Il sesto motivazione di ricorso, oltre che totalmente generico, è manifestamente infondato. Il ricorrente omette di confrontarsi con l’esplicita motivazione della sentenza sul punto che, richiamando la professionalità mostrata e la gravità della condotta posta in essere, ha escluso con motivazione congrua e puntuale la possibilità della concessione del beneficio della non menzione.
Devono in conclusione essere disattese tutte le censure articolate, con dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi proposti e condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Così deciso 11 17/11/2023.