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Ricorso inammissibile: la condanna alle spese è certa

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per false dichiarazioni a pubblico ufficiale. L’appello viene respinto perché i motivi erano generici, ripetitivi di argomentazioni già esaminate e non denunciavano correttamente il travisamento della prova. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro, a causa della manifesta infondatezza del ricorso.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Le Conseguenze Economiche di un’Impugnazione errata

Presentare un ricorso in Cassazione richiede rigore e precisione. Quando un’impugnazione manca dei requisiti essenziali, il risultato è un ricorso inammissibile, che non solo preclude l’esame nel merito della questione, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità e la ripetitività dei motivi di ricorso portino a questa inevitabile conclusione.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità (art. 495 c.p.) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello.

I suoi motivi di ricorso si concentravano su due punti principali: una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità per il reato di false dichiarazioni e un ulteriore vizio di motivazione sull’elemento soggettivo del reato di resistenza.

Analisi del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il caso, ha immediatamente rilevato la natura problematica dell’impugnazione. I giudici hanno stabilito che entrambi i motivi presentati costituivano un ricorso inammissibile per diverse ragioni cruciali.

In primo luogo, i motivi non facevano altro che reiterare le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo approccio è considerato ‘irrituale’ perché il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono riproporre le medesime questioni, ma un giudizio di legittimità che deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della sentenza impugnata.

In secondo luogo, il ricorrente non è riuscito a denunciare correttamente un ‘travisamento della prova’. Per farlo, non è sufficiente citare in modo frammentario alcuni passaggi delle deposizioni testimoniali. È necessario, invece, dimostrare in modo puntuale e specifico come il giudice di merito abbia travisato il contenuto di una prova decisiva, fondando la sua decisione su un’informazione inesistente o palesemente distorta. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente basato la sua decisione sulle testimonianze degli agenti, i quali avevano dichiarato di essersi qualificati prima di chiedere le generalità all’imputato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto che l’appello fosse manifestamente infondato. La decisione di dichiarare l’inammissibilità si fonda sulla constatazione che il ricorrente ha tentato di ottenere una nuova valutazione del quadro probatorio, un’attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che le censure erano generiche e non individuavano vizi specifici che potessero invalidare la logica della sentenza impugnata. È stato inoltre rilevato che una memoria difensiva presentata dall’imputato era tardiva e, quindi, non poteva essere presa in considerazione.

La conseguenza di un ricorso inammissibile per ragioni così evidenti non è solo il rigetto dell’impugnazione. La legge (art. 616 c.p.p.) prevede che, in questi casi, il ricorrente sia condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto che la palese inammissibilità dell’impugnazione rivelasse una ‘colpa’ nel promuovere un ricorso privo di fondamento, giustificando così l’imposizione di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione deve essere un atto tecnico e mirato, non un tentativo di rimettere in discussione l’intera vicenda processuale. La presentazione di motivi generici, ripetitivi o volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Le implicazioni pratiche sono severe: oltre alla conferma della condanna, il ricorrente si trova a dover sostenere i costi del procedimento e una sanzione pecuniaria aggiuntiva. Questo serve da monito sulla necessità di una preparazione accurata e strategica delle impugnazioni, per evitare che un diritto si trasformi in un ulteriore onere economico.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici, si limitavano a ripetere argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello e non denunciavano in modo corretto e puntuale un eventuale travisamento della prova, cercando di ottenere una nuova valutazione dei fatti non consentita in Cassazione.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso palesemente inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per ragioni evidenti, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver promosso un’impugnazione con colpa.

È sufficiente citare stralci di testimonianze per dimostrare un travisamento della prova?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che per denunciare un travisamento della prova non bastano riferimenti parcellizzati agli atti, ma è necessario un confronto puntuale e specifico che dimostri come il giudice di merito abbia distorto il significato di una prova decisiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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