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Ricorso inammissibile: la condanna alle spese

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Il caso verteva su una rapina commessa non a scopo di lucro, ma come parte di una ‘spedizione punitiva’, un dettaglio che ha reso le argomentazioni della difesa manifestamente infondate.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Condanna alle Spese Processuali

Un ricorso inammissibile non è solo un’azione legale destinata al fallimento, ma può comportare anche significative conseguenze economiche per chi lo propone. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illustra chiaramente questo principio, condannando un ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni dietro questa pronuncia e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Parma. Il ricorrente contestava la valutazione giuridica di un episodio di rapina. A differenza di altri reati contestati, questa specifica rapina non era stata commessa con un fine di profitto. Al contrario, si inseriva in un contesto ben diverso: una vera e propria ‘spedizione punitiva’.

Durante questo atto intimidatorio, l’imputato, sotto la minaccia di armi, aveva sottratto a un rivale un supporto digitale. Su tale dispositivo era memorizzato un filmato che documentava un tentato omicidio perpetrato poco prima ai danni dello stesso rivale. La difesa cercava di inquadrare l’episodio in un contesto diverso, ma la Corte ha ritenuto le argomentazioni del tutto infondate.

La Decisione della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda sulla netta distinzione tra la rapina in questione e gli altri reati commessi dall’imputato. Mentre questi ultimi potevano essere legati da un movente comune, la rapina commessa durante la spedizione punitiva aveva uno scopo completamente diverso, rendendo le argomentazioni difensive insostenibili.

Le Motivazioni

La Corte ha osservato che la rapina oggetto del ricorso non era dettata da uno scopo di profitto, ma era funzionale a eliminare le prove di un crimine ben più grave, il tentato omicidio. Questo episodio si configurava quindi come un atto di ritorsione e occultamento di prove, distinto dalla logica della continuazione con altri reati patrimoniali. Questa palese differenza di movente e contesto ha reso il ricorso manifestamente infondato, portando alla sua dichiarazione di inammissibilità. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, tale esito comporta automaticamente la condanna del ricorrente alle spese del procedimento.

Le Conclusioni

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’accesso alla giustizia non deve essere abusato con impugnazioni pretestuose. Quando un ricorso è privo di basi giuridiche solide, non solo viene respinto, ma scatta una sanzione economica. In questo caso, oltre al pagamento delle spese processuali, il ricorrente è stato condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: le impugnazioni, specialmente dinanzi alla Corte di Cassazione, devono essere fondate su censure serie e pertinenti, pena l’applicazione di sanzioni che aggravano la posizione del condannato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, determinata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Perché il ricorso in questo caso specifico è stato giudicato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la rapina contestata non era motivata da un fine di profitto, ma si inseriva in una ‘spedizione punitiva’ finalizzata a sottrarre le prove di un precedente tentato omicidio. Questa circostanza rendeva le argomentazioni legali del ricorrente palesemente insostenibili.

A quanto ammonta la sanzione pecuniaria inflitta al ricorrente?
In base all’ordinanza esaminata, la Corte ha condannato il ricorrente al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre al pagamento delle spese processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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