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Ricorso inammissibile: la Cassazione sulla pena

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello. La decisione ribadisce la vasta discrezionalità del giudice di merito nel negare le attenuanti generiche e nel determinare la pena, sottolineando che un ricorso inammissibile non può basarsi su una semplice contestazione della valutazione, ma deve evidenziare un’illogicità manifesta. Viene anche chiarito che la mancata remissione di querela documentata e le udienze non partecipate non costituiscono vizi procedurali validi.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Discrezionalità del Giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4947 del 2024, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità in materia di determinazione della pena e riconoscimento delle attenuanti. La decisione dichiara il ricorso inammissibile presentato da due imputati, condannandoli al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo provvedimento è un’occasione per approfondire quando e perché un ricorso rischia di essere respinto senza un esame nel merito.

I Fatti del Caso

Due soggetti avevano impugnato una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il primo ricorrente lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e riteneva la pena eccessiva. Il secondo, coimputato, sollevava diverse questioni: in primis, la presunta mancanza di una condizione di procedibilità a seguito di una non documentata remissione di querela; in secondo luogo, un vizio procedurale legato alla mancata traduzione dell’imputato detenuto durante l’udienza; infine, contestava anch’egli il trattamento sanzionatorio applicato.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, definendoli manifestamente infondati e, in parte, privi di specificità. L’analisi della Corte si è concentrata sui principi consolidati che regolano il giudizio di legittimità.

La Valutazione delle Attenuanti e della Pena

Per quanto riguarda il primo ricorrente, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: nel motivare il diniego delle attenuanti generiche o la quantificazione della pena, il giudice di merito non è obbligato a esaminare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che la sua decisione sia ancorata a elementi negativi ritenuti decisivi o alla semplice assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione. Contestare tale valutazione in sede di Cassazione è possibile solo se la motivazione è palesemente illogica o arbitraria, cosa che nel caso di specie non è stata ravvisata.

Le Questioni Procedurali e la Discrezionalità

Anche le doglianze del secondo ricorrente sono state respinte. La Corte ha osservato che:
1. Condizione di procedibilità: La semplice affermazione di una remissione di querela non è sufficiente. In assenza di qualsiasi documentazione probatoria, la condizione di procedibilità originaria resta valida.
2. Mancata traduzione: L’udienza si era svolta in camera di consiglio non partecipata, una modalità che non prevede la presenza fisica dell’imputato. La richiesta di traduzione era quindi irrilevante e il motivo di ricorso privo di specificità.
3. Trattamento sanzionatorio: La graduazione della pena è espressione della discrezionalità del giudice, come stabilito dall’art. 133 del codice penale. Tale potere non è sindacabile in Cassazione se la decisione è sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica. La Corte ha specificato che, soprattutto quando la pena è inferiore alla media edittale, l’uso di formule come “pena congrua” o “pena equa” assolve l’onere motivazionale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. In questo caso, i ricorsi non hanno evidenziato vizi di legittimità, ma si sono limitati a contestare l’apprezzamento discrezionale del giudice, un’operazione non consentita in sede di Cassazione. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un’impugnazione che non rispetta questi confini.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce che un ricorso in Cassazione deve essere fondato su motivi specifici che denuncino un errore di diritto o un vizio logico manifesto della motivazione. Non è sufficiente esprimere un generico dissenso con la decisione impugnata. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’imposizione di ulteriori sanzioni economiche a carico del ricorrente, come il pagamento delle spese e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammontava a tremila euro per ciascuno.

Perché è stato respinto il motivo sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche?
Perché la decisione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale non è tenuto a considerare tutti gli elementi dedotti ma può basare la sua scelta su quelli ritenuti decisivi. Tale valutazione può essere censurata in Cassazione solo se manifestamente illogica, cosa non avvenuta nel caso di specie.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per stabilire la pena?
No. Secondo la Corte, quando viene irrogata una pena inferiore alla media prevista dalla legge, il giudice può adempiere al suo obbligo di motivazione anche con espressioni sintetiche come “pena congrua” o “pena equa”, purché la decisione non sia frutto di arbitrio o irragionevolezza.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Oltre alla conferma della decisione impugnata, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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