Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rigiudicare i Fatti
L’esito di un processo penale non sempre si conclude con la sentenza di appello. Spesso, si tenta un’ultima via presentando un ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, è fondamentale comprendere i limiti di questo strumento. Una recente ordinanza chiarisce perché un ricorso inammissibile viene respinto, confermando che la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove. Analizziamo il caso.
I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso
Un imputato, condannato per il reato di truffa (art. 640 c.p.), decideva di presentare ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello. Il ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. Errata valutazione delle prove: Si contestava la correttezza della motivazione del giudice, sostenendo un’illogicità nella valutazione delle fonti di prova e della loro attendibilità.
2. Mancato riconoscimento della non punibilità: Si lamentava il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), ritenendo ingiusta la decisione della corte.
3. Eccessività della pena: Si criticava la quantificazione della pena, giudicata sproporzionata.
L’Analisi della Corte: i Confini del Giudizio di Legittimità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo una chiara spiegazione per ciascun motivo, che serve da monito per chi intende adire la Suprema Corte.
Il Primo Motivo: Il Divieto di Sovrapporre la Propria Valutazione
La Corte ha ribadito un principio cardine: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Non è consentito chiedere alla Cassazione di saggiare la tenuta logica della sentenza confrontandola con ‘modelli di ragionamento alternativi’. Il suo compito è verificare che la motivazione del giudice di merito non sia viziata da palesi illogicità o contraddizioni, non che sia l’unica possibile. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano motivato in modo logico e coerente la loro decisione, rendendo la doglianza inammissibile.
Il Secondo Motivo del ricorso inammissibile: la Reiterazione è Inefficace
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni erano una mera ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già presentate e respinte in appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione della Corte d’Appello, spiegando perché quest’ultima ha sbagliato. Ripetere le stesse lamentele senza confrontarsi con le ragioni della sentenza impugnata rende il motivo non specifico e, quindi, inammissibile. La Corte d’Appello aveva infatti giustificato il diniego della non punibilità sulla base dei precedenti penali dell’imputato e della gravità della condotta.
Il Terzo Motivo: la Discrezionalità sulla Pena
Infine, la contestazione sull’eccessività della pena è stata respinta. La graduazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, che la esercita sulla base dei criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. A meno che la motivazione non sia palesemente illogica o assente, la Cassazione non può sindacare la scelta del giudice, che nel caso di specie aveva ritenuto la pena ‘congrua ed equa’.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni alla base della declaratoria di inammissibilità risiedono nella natura stessa della Corte di Cassazione. Il suo ruolo non è quello di un terzo giudice dei fatti, ma di custode della corretta applicazione del diritto e della logicità delle motivazioni. I motivi del ricorrente miravano, in sostanza, a ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, un’operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte ha semplicemente applicato i principi consolidati che governano il suo funzionamento, respingendo un ricorso che non presentava vizi di legittimità ma solo un dissenso sulla valutazione fattuale e discrezionale operata dai giudici dei precedenti gradi.
Conclusioni
Questa ordinanza è un’importante lezione pratica: il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per ridiscutere la ricostruzione dei fatti o l’attendibilità delle prove. Per avere una possibilità di successo, deve concentrarsi esclusivamente su vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o una motivazione manifestamente illogica, contraddittoria o carente. Presentare un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Posso chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e l’attendibilità di un testimone?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito. Il suo è un controllo di legittimità, non un nuovo esame dei fatti.
Cosa succede se ripropongo in Cassazione gli stessi motivi già respinti in Appello?
Se il ricorso si limita a reiterare le stesse argomentazioni già disattese dalla Corte d’Appello, senza una critica specifica e argomentata della decisione impugnata, viene considerato non specifico e, di conseguenza, inammissibile.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
No, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione su tale punto è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha deciso nel merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44151 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44151 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a RIETI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 640 cod. pen. denunciando la illogicità della motivazione sulla base di un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 1-2 della sentenza impugnata dove il giudice del merito ha correttamente ritenuto chiareed attendibili le dichiarazioni della persona offesa) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si veda in particolare pag. 3 della sentenza impugnata dove il giudice del merito ha correttamente ritenuto che i plurimi precedenti penali dell’imputato e le gravose modalità della condotta costituissero elementi necessari e sufficienti ai fini del diniego della richiesta causa di non punibilità), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata dove il giudice del merito ha correttamente ritenuto la pena congrua ed equa);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 12/11/2024