Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3663 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3663 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VICO EQUENSE il 25/11/1992
avverso la sentenza del 02/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 31190/2024 – Consigliere COGNOME – Ud. 27 ottobre 2024
Rilevato che NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di furto in abitazione;
Letta la memoria tempestivamente depositata dall’Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha insistito per l’ammissibilità del ricorso ma che non ha sviluppa argomentazioni idonee a mettere in luce la sua originaria ammissibilità; né i suoi contenut possono porre rimedio, ex post, mediante integrazioni e/o precisazioni, alle ragioni di inammissibilità dell’impugnativa, giacché nessuna fonte di integrazione successiva delle carenze del ricorso è idonea a porre rimedio alla non corretta, iniziale impostazione dell doglianze ivi contenute (Sez. 2, n. 34216 del 29/04/2014, COGNOME e altri, Rv. 260851 – 01; Sez. 6, n. 47414 del 30/10/2008, COGNOME e altri, Rv. 242129 – 01; Sez. 6, n. 8596 de 21/12/2000, dep. 2001, Rappo e altro, Rv. 219087 – 01).
Considerato che il primo motivo di ricorso – con cui si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, 5, cod. pen. – non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da me doglianze in punto di fatto, che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedot in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia vi motivazionali in ordine alla valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argome giuridici dal giudice di merito, nonché finalizzato ad una valutazione alternativa delle fon prova, sulla base di una diversa ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rileva o comunque di attendibilità, delle fonti di prova;
Rilevato inoltre che il motivo non è deducibile in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, le regole dettate dall’art. 192, comma terz cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, anche se costituit parte civile, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idone motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca de racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cu vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (cfr. SU., 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214 – 01); il denunciato vizio di motivazione è pertanto manifestamente infondato, alla stregua della corretta e non illogica argomentazione di cui alle pag. 10-11 dell sentenza impugnata;
Considerato che l’ultimo motivo di ricorso – che contesta l’eccessività della pena – non consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agl aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
Ritenuto che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti; la Corte di me inoltre, ha valorizzato il dispositivo della sentenza di primo grado evidenziando come l’indicazione dell’aumento per il reato di cui al capo B) che si legge in motivazione contestato al ricorrente – fosse un mero refuso (si veda, in particolare pag. 14 della sentenz impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 novembre 2024