Ricorso inammissibile: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio
Quando un processo arriva all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del suo intervento. Una recente ordinanza chiarisce un principio cardine del nostro sistema: la Cassazione valuta la corretta applicazione della legge, non può riesaminare i fatti. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di una richiesta che ignora questa distinzione, come nel caso che analizziamo oggi, relativo a una condanna per furto in abitazione.
I Fatti del Caso: Il Furto e la Condanna
Un’imputata, presentatasi come cartomante, era stata accolta nelle abitazioni di due persone per compiere dei “riti magici”. Successivamente, le vittime denunciavano la sparizione di alcuni monili. L’imputata veniva condannata in primo e secondo grado per furto aggravato. La Corte d’Appello aveva confermato la sua responsabilità penale, pur escludendo una delle aggravanti contestate.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la condanna si basasse unicamente sulle denunce delle vittime. Secondo la tesi difensiva, altre persone erano a conoscenza della presenza e della custodia dei gioielli e avrebbero potuto commettere i furti. Inoltre, si contestava che il tempo in cui l’imputata era rimasta sola nelle stanze fosse stato troppo breve per poter consumare il reato.
Il ricorso inammissibile e le ragioni della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale risiede nel fatto che le argomentazioni della difesa non evidenziavano vizi di legge, ma si limitavano a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti. La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse già logicamente motivato la sua decisione, affermando che:
*   Un lasso di tempo di pochi secondi era sufficiente per compiere l’azione criminosa.
*   L’imputata aveva avuto il tempo di disfarsi della refurtiva prima della perquisizione.
*   L’ipotesi di un furto commesso da terzi era puramente congetturale e priva di riscontri concreti.
Il ricorso, quindi, non si confrontava criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, ma cercava di ottenere una “rilettura” degli elementi di prova, un’operazione che esula completamente dai poteri della Corte di Cassazione.
Il Ruolo della Corte di Cassazione: Giudice della Legge, non dei Fatti
Questo caso offre lo spunto per ribadire un concetto cruciale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è stabilire “come sono andate le cose” riesaminando testimonianze e prove materiali, attività che spetta esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. Il ruolo della Cassazione è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente le norme di legge e che la motivazione della loro decisione sia logica e non contraddittoria.
Prospettare una diversa (e per il ricorrente più adeguata) valutazione delle risultanze processuali non costituisce un valido motivo di ricorso. Quando un appello si fonda su tali basi, il risultato è un ricorso inammissibile.
Le motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui non è consentito, in sede di legittimità, rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di merito. Il ricorso è stato giudicato generico e volto a ottenere una nuova valutazione delle prove, un compito precluso alla Cassazione. La Corte ha inoltre stabilito che, data l’inammissibilità, la ricorrente dovesse essere condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Un ulteriore punto interessante riguarda la parte civile: le sue richieste di liquidazione delle spese legali sono state respinte perché le conclusioni presentate erano generiche e non fornivano un contributo effettivo alla decisione, limitandosi a chiedere la declaratoria di inammissibilità senza contrastare specificamente i motivi del ricorso.
Le conclusioni
La decisione in esame conferma che un ricorso in Cassazione deve essere strutturato per attaccare la sentenza su questioni di diritto. Qualsiasi tentativo di trasformare l’ultimo grado di giudizio in una terza istanza di merito è destinato a fallire, portando a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori oneri economici per il ricorrente. Per gli avvocati, ciò significa concentrare i motivi di ricorso esclusivamente su vizi di legittimità, evitando argomentazioni che implichino una nuova valutazione del materiale probatorio. Per i cittadini, è la conferma che il processo ha fasi distinte e che l’accertamento dei fatti si conclude, di norma, con la sentenza d’appello.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava errori di diritto o vizi logici della motivazione della sentenza precedente, ma si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione non può compiere una “rilettura” degli elementi di fatto?
Significa che la Corte di Cassazione non può agire come un giudice di terzo grado per riesaminare le prove (come testimonianze o altri elementi) e decidere diversamente su come si sono svolti i fatti. Il suo compito è solo quello di controllare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici di merito.
Perché alla parte civile non sono state liquidate le spese legali in Cassazione?
Nonostante ne avesse fatto richiesta, alla parte civile non sono state liquidate le spese perché le sue conclusioni scritte erano generiche. Non hanno contrastato in modo specifico i motivi del ricorso e non hanno fornito un contributo effettivo alla decisione della Corte.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34581 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34581  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SEZZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Per mezzo del difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma indicata in epigrafe, che ha riformato la sentenza di condanna pronunciata – all’esito di giudizio abbreviato – dal Tribunale di Latina, escludendo la aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. (ritenuta dal giudice di primo grado) e ha confermato l’affermazione della penale responsabilità della COGNOME per il reato di cui agli artt. 81, comma 2, 624 bis, 625 n. 2 cod. pen. in danno di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, che l’avevano fatta entrare nelle rispettive abitazioni, quale «cartomante» per consentirle di eseguire «riti magici».
Con l’unico motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione sostenendo che i giudici di merito sarebbero giunti all’affermazione della penale responsabilità dell’imputata basandosi sul solo contenuto delle denunce querele e senza considerare che altre persone, informate della presenza dei monili e del luogo nel quale gli stessi erano custoditi, ben potrebbero aver commesso i furti in epoca precedente a quella nella quale l’imputata ebbe accesso alle abitazioni della COGNOME e della COGNOME. Osserva, inoltre, che, come riferito dalle querelanti, la COGNOME restò da sola nella stanza ove si trovavano i monili soltanto per pochi secondi: un tempo che, in tesi difensiva, sarebbe insufficiente alla consumazione del reato.
Rilevato che il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata (pag. 6) nella quale, con argomentazione non manifestamente illogica, si afferma: che un lasso di tempo di alcuni secondi era ampiamente sufficiente alla realizzazione dell’azione criminosa; che la refurtiva non fu ritrovata nella disponibilità della COGNOME, ma (anche se la perquisizione fu compiuta contestualmente alla denuncia) l’imputata aveva comunque avuto il tempo di farla sparire; che l’ipotesi alternativa secondo la quale le persone offese avrebbero subito furti ad opera di terze persone, informate del fatto che in casa vi erano monili e del luogo nel quale erano nascosti, è congetturale e del tutto svincolata da riscontri materiali.
Rilevato che il ricorso non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugNOME, ma si limita a lamentare, in maniera generica, una presunta carenza o illogicità della motivazione dimenticando che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, e non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207945).
Ritenuto che all’inammissibilità consegua la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e che, in ragione della causa di inammissibilità, la ricorrente debba essere condannata anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rilevato che la parte civile ha depositato conclusioni scritte con le quali si è limitata a chiedere la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti e non fornendo un contributo effettivo alla decisione. Ritenuto, pertanto, che la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore della parte civile non sia dovuta (in tal senso, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886, pag. 23 e 24 della motivazione e giurisprudenza ivi citata) 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese alla parte civile.
Così deciso il 7 ottobre 2025
estensore Il
Il Prksidnte