Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello alla Cassazione è Inutile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove ridiscutere i fatti. Se i motivi presentati sono una semplice fotocopia di quelli già respinti in appello, il ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile. Analizziamo questa decisione per capire i limiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un giovane condannato in primo grado e in appello per detenzione a fini di spaccio di un considerevole quantitativo di marijuana. Nello specifico, si trattava di 67 involucri, sufficienti a confezionare oltre 400 dosi singole. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, rideterminando la pena ma confermando nel resto la condanna. La difesa dell’imputato decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la valutazione della pena.
Il Ricorso in Cassazione e la sua Inammissibilità
La Suprema Corte ha stroncato sul nascere le speranze della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo è tanto semplice quanto cruciale: le argomentazioni (o ‘doglianze’) presentate erano una mera riproduzione delle censure già sollevate davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima le aveva già esaminate e respinte con una motivazione definita dalla Cassazione ‘congrua, non contraddittoria e neppure manifestamente illogica’. In pratica, il ricorso non evidenziava veri vizi di legge o palesi errori logici nella sentenza di secondo grado, ma tentava, inutilmente, di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa preclusa nel giudizio di legittimità.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha spiegato che i giudici di merito avevano correttamente motivato la loro decisione di non concedere le attenuanti generiche e di non ridurre ulteriormente la pena. Per farlo, avevano valorizzato elementi specifici e negativi emersi dal processo. In primo luogo, le modalità e le circostanze del fatto, che indicavano un’attività di spaccio in forma organizzata, non occasionale. In secondo luogo, l’ingente quantitativo di droga detenuta. Infine, la personalità dell’imputato che, nonostante la giovane età, presentava un precedente specifico per furto in abitazione. Questi elementi, secondo la Corte, giustificavano ampiamente il diniego delle attenuanti. La decisione, quindi, risulta perfettamente coerente con i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, che richiedono al giudice di motivare adeguatamente il proprio convincimento, sia nel concedere che nel negare tali benefici.
Le Conclusioni
La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso in Cassazione deve essere uno strumento tecnico, finalizzato a denunciare errori di diritto o vizi logici evidenti e decisivi nella motivazione della sentenza impugnata. Non può e non deve essere un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto nei due gradi di merito. Presentare un ricorso ‘fotocopia’ non solo è inutile, ma comporta anche ulteriori costi per chi lo propone.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi proposti erano una mera riproduzione delle censure già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza che venissero evidenziati specifici vizi di legittimità o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata.
Quali elementi sono stati considerati per negare le attenuanti generiche all’imputato?
I giudici hanno considerato le modalità del reato (un’attività di spaccio organizzata), l’ingente quantitativo di droga sequestrata e la personalità dell’imputato, che annoverava un precedente per furto in abitazione nonostante la giovane età.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6636 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6636 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/07/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso la sentenz la quale la Corte d’appello di Catania ha riformato, con rideterminazione del conferma nel resto, quella del Tribunale cittadino di condanna del predetto per detenzione a fini di spaccio di 67 involucri di marijuana idonea al confezionament dosi singole (in Catania il 10/5/2017);
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti ne di legittimità, siccome costituiti da doglianze riproduttive di censure rassegnate dell’appello, esaminate e rigettate con motivazione congrua, non contraddittoria e manifestamente illogica, avendo i giudici territoriali ritenuto insussistenti elem per il riconoscimento delle generiche e per rimodulare la pena, a tal fine avendo va le modalità e circostanze del fatto (un’attività di spaccio in forma orga quantitativo di droga, la personalità dell’imputato (il quale, a scapito della annovera un precedente per furto in abitazione), argomentare che risulta altresì con i principi più volte affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, si ratio delle generiche (sez. 2, n. 5247 del 15/10/2020, dep. 2021, P., Rv. 280639; sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, COGNOME Cotiis, Rv. 265826); che avuto riguardo al relativo oner motivazionale del giudice (sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549) e alla natura del giudizio sul riconoscimento o il diniego delle stesse (sez. 5, n 13/4/2017, Pettine/li, Rv. 271269);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvis ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 17 gennaio 2024