Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22264 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22264 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
contestate aggravanti, operata la riduzione per il rito, rideterminava la pena per i residui reati ascritti al predetto ai capi E ed A, come riqualificati nella sentenza appellata, in anni uno, mesi sette e giorni dieci di reclusione ed euro trecento di multa, concedeva all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, revocava la pena accessoria applicata con la sentenza gravata, che conferma nel resto;
confermava la sentenza impugnata relativamente alla posizione del solo NOME COGNOME che condannava al pagamento delle ulteriori spese del procedimento.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso gli imputati, con atti sottoscritti dai rispettivi difensori, deducendo i motivi di doglianza in appresso sinteticamente indicati, secondo quanto dispone l’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. NOME COGNOME (capi A, Q, R).
Con unico motivo, il ricorrente deduce mancanza o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), spiegando univocamente nel testo del ricorso che tale doglianza afferisce all’unico motivo di gravame (dimensione sanzionatoria, riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, più contenuto aumento per la continuazione) non rinunziato, in quanto la Corte d’Appello di Bari, nel misurare la pena complessivamente irrogata per i fatti uniti sotto il vincolo della continuazione, non avrebbe correttamente applicato i criteri dosimetrici indicati nel testo dell’art. 133 cod. pen.
2.2. NOME COGNOME (capi A, E).
2.2.1. Con il primo motivo di ricorso, deduce violazione della legge penale e vizio esiziale di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.) in ordine alla misura (non massima) della riduzione di pena operata per le circostanze attenuanti generiche, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 62bis cod. pen. La Corte d’Appello di Bari, dopo aver individuato la pena base per il più grave reato di cui al capo E, pari ad anni due di reclusione ed euro 600 di multa, ha ridotto di un sesto la pena, per le circostanze attenuanti generiche, anziché di un terzo, tenendo in assoluto non cale il valore economico del bene ricettato, che avrebbe dovuto indurre a calcolare nel massimo l’effetto diminuente della circostanza di favore.
2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa deduce la violazione della legge penale ed il vizio esiziale di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), quanto a misura dell’aumento di pena per la continuazione tra il reato sub capo A e quello di cui al capo E, non tenendo conto del modesto ruolo ricoperto in concreto dall’imputato nell’esecuzione dello scopo associativo del
sodalizio dedicato alla consumazione di delitti tematici contro il patrimonio, nel settore automobilistico. Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno sul tema sancito il principio secondo cui ” Ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite ” (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME Rv. Rv. 282269 – 01).
2.3. NOME COGNOME (capi A, Q, R, S, T).
2.3.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione della legge penale ed il vizio esiziale di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), circa la sanzione finale inflitta all’imputato, la quale risulta iniqua a confronto con quella irrogata agli altri coimputati. La Corte d’Appello di Bari, inoltre, da un lato non ha ritenuto concedibili le circostanze attenuanti generiche, valorizzando la pluralità dei precedenti omogenei, dall’altro ha ritenuto questi ultimi risalenti (2013) e taluni anche marginali (lesioni personali); ciò nonostante, ha affermato che i medesimi precedenti fossero ostativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, anche ad onta della condotta processuale meritevole, che poteva invece essere valorizzata solo ai fini di una mitigazione della dimensione sanzionatoria per gli aumenti calcolati per la continuazione dei reati satellite sulla pena base già indicata per il più grave reato di riciclaggio. Il Collegio avrebbe quindi omesso (motivazione contraddittoria e meramente apparente) di indicare le ragioni del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente ha sul punto richiamato la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 7914 del 27/01/2015, non edita con questi riferimenti).
2.3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce ancora i medesimi vizi (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), per avere la Corte territoriale disposto un rilevante aumento di pena per la continuazione tra il reato di cui al capo R e i reati di cui ai capi A, Q, S, T, sulla base del ruolo ricoperto dall’imputato nell’esecuzione dello scopo associativo del sodalizio in questione, considerazione adoperata indistintamente per tutti gli appartenenti ad esso, senza fornire ulteriori chiarimenti.
2.4. NOME COGNOME (capo A).
2.4.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione della legge penale e vizio esiziale della motivazione (art. 606, comma 1, lett. b, ed e, cod. proc. pen. in relazione all’art. 416 comma primo, cod. pen.), in relazione all’identificazione del ricorrente stesso quale componente e organizzatore del sodalizio dedito ai delitti di settore (ricettazione e riciclaggio), a dispetto degli elementi di segno contrario evidenziati rispetto a quelli dedotti dalla pubblica
accusa, omettendo l’analisi complessiva dell’impianto probatorio, in contrasto con i principi del giusto processo costituzionalmente garantiti all’art. 111 Cost.
2.4.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce ancora violazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b, ed e, cod. proc. pen.), in relazione all’art. 416, comma primo, cod. pen. e, nella specie, con riferimento alla qualifica di organizzatore del sodalizio di settore. Tale qualifica spetta all’affiliato che esplichi autonomamente la funzione di coordinamento dell’attività degli altri aderenti ovvero l’impiego razionale delle strutture e delle risorse associative o di reperimento dei mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso; tali funzioni, sulla scorta delle argomentazioni illustrate dal ricorrente, non sarebbero affatto attribuibili al ricorrente.
2.4.3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente deduce ancora i medesimi vizi (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), in relazione al diniego delle invocate circostanze attenuanti generiche, sulla scorta del valorizzato stato detentivo dell’imputato all’epoca di commissione del reato in contestazione nonché dei suoi precedenti, benchè risalenti ed aspecifici. Il Collegio, inoltre, non ha considerato il periodo esiguo in cui il ricorrente avrebbe preso parte al sodalizio, avendo fatto ingresso nello scenario investigativo soltanto per una settimana, dal 14 maggio 2015 al 21 maggio successivo.
2.4.4. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione della legge penale ed i vizi esiziali della motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’inosservanza dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen. in sede di calcolo della pena per il più grave reato posto a base della piramide sanzionatoria.
2.5. NOME COGNOME (capi A e Q).
Con un unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce vizio esiziale di motivazione della sentenza impugnata (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) in relazione alla dosimetria della pena. La sentenza emessa in primo grado, successivamente impugnata, ha operato un’erronea applicazione dei criteri di determinazione della pena previsti dall’art. 133 cod. pen., non tenendo adeguatamente conto delle circostanze attenuanti generiche invocate e del modesto ruolo ricoperto dal COGNOME nella vicenda, nonché la sua limitata capacità a delinquere. In particolare, non sarebbero state valutate in concreto la gravità del fatto, la personalità del reo e la condotta collaborativa tenuta dal ricorrente nel corso del processo.
2.6. NOME COGNOME (capi A, E, I, Q, R, S, T, U).
2.6.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denunzia la violazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.), con riferimento al ruolo
ricoperto dal COGNOME nell’associazione, in quanto emerge da alcuni passaggi della sentenza di prima grado (pagg. 36, 38, 42) e dallo stesso capo S di imputazione che si tratti di un mero esecutore, essendosi il ricorrente limitato ad eseguire i comandi da altri impartiti e ad informare altra persona dell’attività svolta. Non vi è alcun fondamento circa la posizione verticistica dell’associazione, né di capo né di promotore, il cui ruolo si sostanzia nell’assumere l’iniziativa circa la costituzione dell’associazione stessa e nel godimento di autorità svolgendo funzioni di supremazia gerarchica nel gruppo.
2.6.2. Con il secondo motivo di ricorso contesta la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.) con riferimento all’aumento per la continuazione in relazione al capo A, tenuto anche conto dell’assenza di motivazioni giuridiche e di fatto che possano giustificare la qualificazione del RAGIONE_SOCIALE come promotore dell’associazione, oltre alla incomprensibile diversificazione degli aumenti calcolati per ciascuno dei reati satellite.
Alla pubblica udienza del 20 maggio 2025, la Corte sulle conclusioni rassegnate dalle parti presenti ed in epigrafe trascritte, riservava la decisione in camera di consiglio ed a scioglimento della riserva dava pubblica lettura del dispositivo con cui dichiarava l’inammissibilità di tutti i ricorsi, per le argomentazioni di seguito riportate.
Con riferimento alle questioni prospettate con i distinti ricorsi, il Collegio preliminarmente espone, in sintesi, i criteri guida cui intende ispirarsi nella soluzione dei temi di riflessione agitati con i motivi di impugnazione.
4.1. In termini generali, appare evidentemente necessario ribadire che, quanto ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione (sia quella che sostiene l’accertamento della responsabilità, sia quella atta ad argomentare la misura della sanzione inflitta), la novella processuale del 2006 non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità a critica vincolata, sicché gli elementi di valutazione indicati, soprattutto in caso di duplice conformità verticale del giudizio di merito, devono essere tali da inficiare ex se la struttura logica del provvedimento stesso (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01).
4.2. Resta, comunque, esclusa per la Corte di legittimità la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali (conversazioni intercettate o contenuti dichiarativi acquisiti nel
contraddittorio orale o verbalizzati in atti preprocessuali utilizzabili ai fini del decidere in ragione del rito consapevolmente eletto dall’imputato, documenti etc.) o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova. Va, infatti, ribadito che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello della ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, COGNOME, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, COGNOME, Rv. 229369).
4.3. In relazione poi al tema -specificamente proposto da più ricorrenti- della omessa o apparente motivazione in ordine agli argomenti dedotti con i motivi di gravame (sull’accertamento della responsabilità, ruolo svolto in ambito associativo, circostanze attenuanti, misura della calcolata sanzione) si richiama l’orientamento che ritiene essenziale la valutazione complessiva della intera motivazione, al fine di scrutinare se dal contesto della stessa possa evincersi l’implicita reiezione degli argomenti critici proposti all’attenzione della giurisdizione di merito (cfr., ex multis , Sez. 1, n. 26536 del 24/6/2020, Cilio, Rv. 279578-01).
4.4. Del pari è a dirsi quanto alla efficacia euristica attribuita nel giudizio di merito al contenuto delle conversazioni intercettate ed utilizzate a fini dimostrativi dei fatti contestati in imputazione. Il Collegio, anche in questo caso intende dar seguito al consolidato orientamento giurisprudenziale che, in materia di intercettazioni di conversazioni, qualifica come questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la- valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con la quale esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389-01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784-01).
4.5. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, poiché la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico, specie quando la pena sia irrogata in misura non distale dal minimo (Sez. 5, n. 11329 del 09/12/2019, dep. 2020, Retrosi, Rv. 278788-01, in motivazione; Sez.
3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36103 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 3 n. 38251 del 16/06/2016, COGNOME, Rv. 267949-01; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283-01) o al di sotto del medio edittale (che va calcolato non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale e aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo).
Sul tema si è, per altro verso, affermato che la mancata riduzione per le attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281217-01). Ai fini della determinazione della pena, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, il giudice può comunque trarre elementi di valutazione sulla personalità dell’imputato dalla pendenza di altri procedimenti penali a suo carico, anche se successivi al compimento dell’illecito per cui si procede. Si è affermato, in proposito, che legittimamente possono essere «apprezzati i precedenti di vita successivi al fatto contestato in quanto elementi di assoluto rilievo ex art. 133 cod. pen. e tenuto conto del principio di non colpevolezza di cui all’art. 27 Cost., comma secondo, il quale vieta di assumere appunto la “colpevolezza” a base di qualsivoglia provvedimento, fino a quando essa non sia stata definitivamente accertata, ma non vieta affatto di trarre elementi di valutazione sulla personalità dell’accusato, dal fatto obiettivo della pendenza, a suo carico, di altri procedimenti penali, anche se successivi al compimento dell’illecito per cui è giudicato. Invero il citato art. 133 cod. pen., al n. 3 del comma secondo, stabilisce, agli effetti della valutazione della pena, che il giudice deve tener conto della gravità del reato, anche della condotta susseguente al reato» (Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012, Giovane, Rv. 25288101; in senso conforme, Sez. 5, n. 7823 del 24/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non mass.).
Come pure si è recentemente affermato (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005-01) che, il giudice del merito, nel calcolare gli aumenti di pena relativi ai reati satellite posti in continuazione, non ha l’obbligo di argomentare la misura dei singoli aumenti ove questi risultino particolarmente modesti.
In ragione dei detti principi saranno quindi sinteticamente scrutinati i motivi di ricorso proposti nell’interesse di ciascuno dei ricorrenti.
5.1. NOME COGNOME Il ricorso proposto in tema di misura sanzionatoria (pena base, aumenti per continuazione e circostanze attenuanti generiche) è inammissibile per assoluta genericità ed aspecificità del motivo unico, che neppure si confronta con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sul punto alle pag. 25 e 26 della sentenza impugnata.
5.2. NOME COGNOME. Il ricorso proposto solo in tema di misura sanzionatoria è del pari inammissibile per assoluta genericità ed aspecificità dei motivi, che neppure si confrontano con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sul punto alle pag. 16 e 17 della sentenza impugnata.
5.3. NOME COGNOME. Il ricorso proposto in tema di misura sanzionatoria (aumenti per continuazione e circostanze attenuanti generiche) è ancora inammissibile per assoluta genericità ed aspecificità dei motivi, che neppure si confrontano con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sul punto alle pag. 21 e 22 della sentenza impugnata.
5.4. NOME COGNOME. Il primo ed il secondo motivo sollecitano una nuova inammissibile valutazione del merito (identificazione corretta dell’imputato e qualità di organizzatore a questi attribuita in ambito associativo); temi analiticamente affrontati dalla Corte di merito e diffusamente trattatati alle pagine 45 e ss. della motivazione, con la quale il ricorrente non si confronta. Il terzo ed il quarto motivo, spesi in tema di negato riconoscimento delle circostanze attenuanti e di dosimetria della pena, non si confrontano con le diffuse e puntuali argomentazioni spese dalla Corte sui motivi dedotti, alle pagine 64 e ss. della motivazione, ove si dà conto della rilevanza dell’apporto fornito al sodalizio, ancorché limitato nel tempo.
5.5. NOME COGNOME. Il ricorso è inammissibile per assoluta genericità ed aspecificità del motivo unico speso in tema di misura della sanzione irrogata, che neppure si confronta con le diffuse e pertinenti argomentazioni spese dalla Corte sul punto alle pag. 39 e 40, 41 della sentenza impugnata.
5.6. NOME COGNOME. Il primo motivo sollecita una nuova inammissibile valutazione del merito (qualità di organizzatore attribuita al ricorrente in ambito associativo); tema diffusamente trattato dalla Corte di merito alle pagine 30 e ss. della motivazione. Il secondo, speso in tema di dosimetria della pena (misura degli aumenti per i reati satellite posti in continuazione), non si confronta con le diffuse e puntuali argomentazioni spese dalla Corte sui motivi dedotti, alle pagine 34 e 35 della motivazione.