Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21476 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21476 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECUI 06REKCF) nato il 24/12/2001
avverso la sentenza del 19/02/2025 del GIP TRIBUNALE di PIACENZA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME mezzo del difensore.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma
2-bis, cod. proc. pen.,
introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi
attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione t richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegal
della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa
dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione
del fatto (anche deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della sua qualificazione giuridica e della congruità della pena
“patteggiata” (tra le tante, Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, COGNOME, Rv.
234824). Inoltre, questa Corte ha già da tempo chiarito che «in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere p
cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli
casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica
rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza» (così, da ultimo, Sez. 4, n. 13479 del 23/03/2022, NOME , Rv. 283023 – 01).
Considerato che nella specie la sentenza impugnata si è attenuta a tali principi, avendo il Tribunale evidenziato che dall’esame degli atti non emerge alcuna causa di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., che i fatti sono correttamente qualificati ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 e che la pena è congrua.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 maggio 2025
Il Consigliere estensore
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