Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38405 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38405 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MONREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi deila decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con i primi due motivi violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’intervenuta condanna per il reato di cui all’art. 423-bis, comma 2, cod. pen. sul rilievo che nessuna delle due testimoni ha visto l’odierno ricorrente appiccare il fuoco e per la mancanza dell’elemento oggettivo del reato che non avrebbe riguardato un bosco o una foresta ma un tratto gimitato di vegetazione, e con un terzo motivo in relazione alla quantificazione della pena ed al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 423bis, comma 2, cod. pen. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto essertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, sono costituiti da mere doglianze in punto di fatto, sono volti a prefigurare una rivalutazione o e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avulse da una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito e il terzo afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno ricordato come sia emerso dall’istruttoria dibattimentale che l’odierno ricorrente era stato visto dalla vicina di casa COGNOME mentre si trovava ad una distanza di circa 45 metri da alcune sterpaglie in fiamme e, successivamente, anche in presenza della COGNOME, intervenuta nell’immediatezza dei fatti su richiesta della COGNOME, aveva riferito di essere dispiaciuto che l’incendio fosse “scappato”, ma si era comunque adoperato, su sollecito delle donne, a spegnere le fiamme.
La Corte territoriale con un’adeguata motivazione con cui il ricorso odierno non si confronta criticamente si è soffermato alle pagine 2 e 3 sui tanti elementi che confermano l’attendibilità intrinseca ed estrinseca delle testimoni, con particolare riferimento quanto alla prima al fatto che entrambe hanno riferito la stessa
frase pronunciata dall’imputato (“è scappato”) e con riguardo alla seconda che il racconto ha trovato conferma tra l’altro nelle immagini fotografiche in atti.
Ampiamente vagliata e motivatamente confutata è anche l’ulteriore doglianza difensiva oggi riproposta tout court riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 423 bis cod. pen.
Parimenti entrambi i giudici di merito hanno ampiamente dato conto della corretta qualificazione del reato e dei motivi per cui hanno ritenuto non concedibile le chieste attenuanti.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia i ricorrenti chiedono una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorsd; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3/10/2024