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Ricorso inammissibile: la Cassazione e l’immanenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un sub-agente assicurativo condannato per truffa. La sentenza conferma che la costituzione di parte civile rimane valida in appello anche senza conclusioni scritte, in base al principio di immanenza. Inoltre, la Corte ha respinto i motivi relativi a una richiesta di patteggiamento e alla prescrizione di alcuni reati, giudicandoli infondati e privi di specificità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione sul Principio di Immanenza e Specificità dei Motivi

Con la sentenza n. 900 del 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato questioni cruciali di procedura penale, dichiarando un ricorso inammissibile e ribadendo principi consolidati. Il caso riguardava un sub-agente assicurativo condannato per truffa, il cui ricorso si basava su tre motivi principali: la mancata presentazione di conclusioni scritte da parte delle parti civili in appello, le vicende di una richiesta di patteggiamento e la presunta prescrizione di alcuni reati. L’analisi della Suprema Corte offre spunti fondamentali sulla stabilità della costituzione di parte civile e sui requisiti di specificità dei motivi di ricorso.

I Fatti del Caso

Un sub-agente di una nota compagnia assicurativa veniva condannato dal Tribunale e, in parziale riforma, dalla Corte di Appello di Roma, a due anni di reclusione e 1.200 euro di multa per molteplici episodi di truffa ai danni di diversi clienti. La condanna includeva anche l’aggravante della recidiva infraquinquennale e confermava le statuizioni civili a favore delle vittime costituitesi parte civile. Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso per cassazione.

Analisi del ricorso inammissibile e i motivi di doglianza

L’imputato basava il suo ricorso su tre distinti motivi, ognuno volto a scardinare un aspetto della sentenza d’appello.

La Posizione della Parte Civile in Appello

Il primo motivo di ricorso contestava la violazione dell’art. 523 c.p.p., sostenendo che la mancata presentazione di conclusioni scritte da parte delle parti civili nel giudizio di appello avrebbe dovuto invalidare la conferma della condanna al risarcimento. Secondo la difesa, tale omissione equivaleva a una rinuncia tacita alla domanda risarcitoria.

Le Vicissitudini della Richiesta di Patteggiamento

Il secondo motivo si concentrava sull’iter processuale di una richiesta di applicazione della pena (patteggiamento). In primo grado, un giudice aveva dichiarato ammissibile l’istanza, rinviando l’udienza per permettere alla difesa di perfezionare il calcolo della pena. Tuttavia, a seguito di successivi rinvii e cambi di giudice, un altro magistrato aveva infine dichiarato la stessa istanza inammissibile, facendo regredire il processo.

L’Eccezione di Prescrizione

Con il terzo motivo, la difesa eccepiva l’intervenuta prescrizione per due dei capi di imputazione per truffa, basandosi sulle date di commissione dei reati indicate nel capo d’imputazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi proposti manifestamente infondati o non consentiti dalla legge.

Il primo motivo è stato respinto sulla base del consolidato principio di immanenza della parte civile, sancito dall’art. 76, comma 2, c.p.p. La Corte ha ribadito che, una volta costituita, la parte civile rimane tale in ogni stato e grado del processo. Il mancato deposito di conclusioni scritte in appello non costituisce una revoca tacita della costituzione, poiché le conclusioni presentate in primo grado restano valide ed efficaci, obbligando il giudice a pronunciarsi anche sulle spese del grado successivo.

Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché generico e reiterativo di censure già respinte dalla Corte d’Appello con argomentazioni puntuali, con le quali la difesa non si era confrontata. La Cassazione ha colto l’occasione per chiarire che la dichiarazione di ammissibilità di una richiesta di patteggiamento (basata su requisiti formali) non preclude al giudice una successiva valutazione nel merito sulla congruità della pena concordata. Nel caso specifico, la pena proposta era stata ritenuta assolutamente inadeguata rispetto alla gravità dei fatti.

Infine, anche il terzo motivo sulla prescrizione è stato dichiarato inammissibile per difetto di specificità. La difesa si era limitata a indicare le date di commissione dei reati, senza considerare gli elementi che incidono sul calcolo del termine prescrizionale, come l’aggravante della recidiva qualificata (che aumenta della metà il termine) e i numerosi periodi di sospensione del processo dovuti a rinvii richiesti dall’imputato stesso. La Corte ha sottolineato che l’accertamento della prescrizione è un’operazione giuridica complessa, non un mero calcolo aritmetico, e richiede un’analisi dettagliata che nel ricorso era del tutto assente.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma principi cardine del nostro ordinamento processuale penale. In primo luogo, la stabilità della posizione della parte civile, la cui domanda risarcitoria, una volta formalizzata, prosegue attraverso i vari gradi di giudizio senza necessità di continue conferme. In secondo luogo, viene evidenziata l’importanza della specificità dei motivi di ricorso: non è sufficiente riproporre le stesse doglianze già respinte, ma è necessario un confronto critico e puntuale con le argomentazioni della sentenza impugnata. La declaratoria di un ricorso inammissibile non è solo una sanzione processuale, ma la conseguenza di una difesa che non riesce a scalfire la logicità e la correttezza giuridica della decisione contestata. L’imputato, a seguito dell’inammissibilità, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.

La mancata presentazione delle conclusioni scritte da parte della parte civile nel giudizio di appello comporta la revoca della sua costituzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in base al principio di ‘immanenza’ (art. 76 c.p.p.), una volta che la parte civile si è costituita, la sua presenza e le sue richieste producono effetti in ogni stato e grado del processo. Le conclusioni rassegnate in primo grado restano valide e obbligano il giudice a pronunciarsi, anche in appello.

Un giudice può dichiarare inammissibile una richiesta di patteggiamento che un precedente giudice aveva ritenuto ammissibile?
Sì. La Corte chiarisce che la prima valutazione di ammissibilità riguarda il rispetto dei limiti processuali (formali), mentre la successiva valutazione attiene al merito, come la congruità della pena. Un giudice può, in un secondo momento, ritenere la pena concordata inadeguata ai fatti e quindi rigettare la richiesta, senza che ciò costituisca una violazione processuale.

Perché il motivo sulla prescrizione è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile per difetto di specificità. Il ricorrente si è limitato a indicare le date dei reati, senza confrontarsi con tutti gli elementi giuridici che influenzano il calcolo della prescrizione, come le sospensioni del procedimento (nel caso di specie, a seguito di rinvii) e gli effetti di aggravanti come la recidiva qualificata, che aumentano significativamente il tempo necessario a prescrivere il reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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