Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37267 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37267 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME DI COGNOME
– Relatore – ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Torricella il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sez. St. Taranto, del 08/04/2025 visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 08/04/2025, la Corte di appello di Lecce, Sez. St. Taranto, confermava la sentenza del Tribunale di Taranto del 22/12/2023, che aveva condannato NOME COGNOME, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 5 d. lgs. 74/2000, assolvendolo per il delitto di cui all’articolo 10 del medesimo decreto.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
3.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 606, lettera e), cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale in tema di valutazione della prova, raggiunta con il solo ausilio del c.d. ‘spesometro’.
Non Ł stata poi mai appurata l’eventuale responsabilità del professionista cui era stata demandata la redazione della dichiarazione.
3.2. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 606, lettere b) e c), cod. proc. pen., in riferimento all’articolo 131bis cod. pen..
3.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’articolo 133 cod. pen. per l’eccessività della pena inflitta e si chiede di rideterminarsi in melius la pena inflitta.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo, esso, pur formalmente censurando un vizio di motivazione, di fatto poi lamenta una violazione di legge e segnatamente dell’articolo 192 cod. proc. pen..
La doglianza Ł pertanto inammissibile in quanto, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, non Ł consentito il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez.
Ord. n. sez. 15251/2025
CC – 31/10/2025
R.G.N. 18724/2025
U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
Difatti la deduzione del vizio di violazione di legge, in relazione all’asserito malgoverno delle regole di valutazione della prova contenute nell’art. 192 c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui all’art. 533 dello stesso codice, non Ł permessa non essendo l’inosservanza delle suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 606 lett. c) c.p.p. ai fini della deducibilità della violazione di legge processuale ( ex multis , Sez. 3, n. 44901 del 17 ottobre 2012, F., Rv. 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 264174; Sez. 1, n. 42207/17 del 20 ottobre 2016, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, NOME., Rv. 274191; Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
Peraltro, la censura non si confronta con la sentenza (risultando di tal guisa inammissibile per genericità), la quale ha escluso che la responsabilità sia stata ritenuta alla luce delle sole risultanze dello spesometro, posto che, una volta individuati i falsi emittenti, gli stessi hanno compilato dei questionari da cui emergeva che essi non avevano emesso le fatture contestate.
3.2. Il secondo profilo di doglianza del primo motivo Ł inammissibile, avendo la Corte territoriale chiarito che la questione della delega al professionista non era stata neppure introdotta dall’imputato, che in sede di interrogatorio aveva sostenuto tutt’altra tesi difensiva. La doglianza ha quindi natura meramente esplorativa ed Ł pertanto inammissibile.
3.3. Il secondo motivo Ł inammissibile in quanto, in modo non irragionevole, la Corte tarantina ha escluso la particolare tenuità della condotta in ragione della duplice considerazione che: a) fossero state evase entrambe le imposte (IVA e IRPEF); b) l’importo evaso fosse di 8 volte superiore alla soglia di punibilità.
3.4. Il terzo motivo Ł manifestamente infondato in quanto contrasta con la consolidata giurisprudenza della Corte.
Il Collegio rammenta che la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Per assolvere al relativo obbligo di motivazione, Ł sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale
Nel giudizio di cassazione Ł dunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.), come occorso nel caso in esame, in cui la pena Ł stata contenuta poco al di sopra del minimo edittale in ragione della gravità del fatto, come evidenziata al par. 3.3..
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 31/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME