Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16668 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16668 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
CC – 06/02/2025
R.G.N. 41547/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 21/04/2001 avverso l’ordinanza del 19/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza del 02/09/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, di applicazione nei confronti di NOME COGNOME della misura della custodia in carcere in quanto gravemente indiziato dei delitti di: – partecipazione ad associazione di stampo mafioso (capo 1); tentato omicidio di NOME COGNOME e connessi reati in materia di armi e ricettazione, aggravati ex art. 416 bis.1 cod. pen. (capi 5, 6 e 7); – estorsione aggravata ex art. 416 bis. 1 cod. pen. (capo 13); art. 74 d.P.R. 309 del 1990, 416 bis.1 cod. pen. (capo 15); art. 73 d.P.R. 309 del 1990, 416 bis.1 cod. pen. (capo 28).
Con particolare riferimento alla partecipazione del COGNOME nell’associazione di cui al capo 15), unico reato in relazione al quale l’indagato ha avanzato censure in seno al ricorso in esame, il Tribunale ha innanzitutto valorizzato le dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME le cui dichiarazioni avevano trovato un risconto negli esiti delle attività captative; ancora evidenziava il Tribunale come il soprannome dell’indagato (O Chiatt) fosse indicato nella contabilità inerente lo stupefacente sequestrato il 26/02/2022, accanto alla cifra 100; infine, a COGNOME era anche contestato un episodio di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti (capo 28), commesso il 18/10/2021, allorquando, all’esito della perquisizione domiciliare, veniva rinvenuto, e sequestrato a suo carico, il quantitativo di gr. 86, 10 di marijuana oltre ad un bilancino di previsione, e buste in plastica.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo, la violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990. Lamenta la difesa l’insufficienza della piattaforma probatoria a ricondurre l’attività del COGNOME nell’alveo di operatività dell’indicata norma incriminatrice: in particolare, si osserva come difetti la prova che la strumentazione sequestrata a carico dell’indagato nella cantina dell’edificio ove COGNOME viveva, fosse detenuta dal medesimo COGNOME per agevolare il clan nell’attività di spaccio. La Difesa contesta inoltre la valenza indiziaria delle conversazioni intercettate come riportate in seno all’impugnata ordinanza.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME COGNOME ha fatto pervenire la sua requisitoria scritta con la quale conclude il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile, in quanto generico ed aspecifico.
La piattaforma probatoria posta a fondamento del giudizio di gravità indiziaria a carico del COGNOME in ordine al capo 15) di imputazione, si articolava in plurimi elementi, specificatamente indicati dal Tribunale del riesame, che valorizzava, in tal senso, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME (per il quale al COGNOME era affidato l’incarico di riscuotere i proventi delle piazze di spaccio) ed NOME COGNOME (che lo aveva incluso nel gruppo dei COGNOME deputato allo spaccio), confermate da molteplici conversazioni telefoniche, riportate alle pagg. 35 e 36 dell’ordinanza impugnata, da cui emergeva, tra l’altro, come COGNOME collaborasse, nell’attività di spaccio di stupefacenti, con NOME COGNOME e NOME COGNOME; si evidenziava infine, a riscontro della stabile collaborazione del COGNOME con gli altri indagati nel settore del traffico di stupefacenti, anche gli esiti delle perquisizioni del 26/02/2022 (che portava al sequestro di una contabilità dello spaccio riportante anche il nominativo dell’attuale indagato), e del 18/10/2021, con il sequestro a carico dell’indagato di gr. 86,10 di marijuana e di un bilancino di precisione.
Ebbene, a fronte di una tale esaustiva motivazione, il ricorrente contesta genericamente la valenza indiziaria delle conversazioni intercettate, limitandosi tuttavia a citarne una sola (la n. 52 del 15/05/2021), e contestando l’interpretazione data dal Tribunale al termine ‘ambasciata’ come riferentesi a qualcosa di illecito.
Peraltro, nell’articolare il motivo, la difesa offre la propria interpretazione alternativa della conversazione captata, dimenticando il solido orientamento di questa Corte regolatrice, per il quale in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, difetti che non si riscontrano nella fattispecie in esame. (Sez. 3, Sentenza n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337. Massime precedenti Conformi: N. 46301 del 2013 Rv. 258164 – 01, N. 50701 del 2016 Rv. 268389 – 01, N. 35181 del 2013 Rv. 257784).
Le censure mosse in ricorso, anche con riferimento all’avvenuto sequestro di sostanza stupefacente unitamente ad un bilancino di precisione, avvenuto il 18/10/2021, non risultano perspicue, non denunciando alcun effettivo vizio di legittimità, ma soltanto contrapponendo al costrutto indiziario dell’impugnata ordinanza letture alternative parziali che prescindono dalla
valutazione complessiva degli elementi di indagine.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che – nella fattispecie – non ricorrono elementi che possano indurre a ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria di inammissibilità non può che conseguire, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, oltre che al versamento – in favore della Cassa delle ammende – di una somma che si stima equo fissare in euro tremila.
Copia del presente provvedimento deve essere trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME