Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa porre fine a un percorso processuale. Quando i motivi di ricorso non sono specifici ma si limitano a ripetere argomentazioni già respinte, la Suprema Corte interviene per confermare la decisione precedente, ribadendo importanti principi sia di diritto processuale che sostanziale. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio le ragioni dietro la declaratoria di inammissibilità e il rigetto delle richieste dell’imputato, in particolare riguardo l’attenuante della particolare tenuità del fatto e la continuazione tra reati.
I Fatti del Processo
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Milano, ha presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza. I motivi del ricorso si concentravano su due punti principali: la richiesta di applicazione della circostanza attenuante speciale della particolare tenuità del fatto, prevista per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.), e il riconoscimento della continuazione tra diversi episodi criminosi. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel valutare questi aspetti, ma il ricorso proposto non introduceva elementi di critica nuovi rispetto a quanto già discusso e rigettato nel precedente grado di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 3882/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla natura del ricorso stesso, giudicato come una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati in appello, e quindi privo della specificità richiesta per un valido esame in sede di legittimità.
Le Motivazioni: Analisi del Ricorso Inammissibile
La Corte ha spiegato che i motivi di ricorso, per essere ammissibili, devono contenere una critica argomentata e specifica contro le ragioni della sentenza impugnata. Non è sufficiente riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dalla Corte di merito. Nel caso di specie, il ricorso era solo ‘apparentemente’ specifico, ma in realtà ometteva di confrontarsi con le motivazioni della sentenza d’appello. Analizziamo i punti chiave della motivazione.
La Particolare Tenuità del Fatto
La Corte di Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello di non concedere l’attenuante della particolare tenuità del fatto. La motivazione dei giudici di merito si basava su due pilastri: il valore intrinseco del bene oggetto di ricettazione e la personalità negativa dell’imputato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il valore del bene è un elemento cruciale. Se tale valore non è ‘particolarmente lieve’, l’attenuante va esclusa a priori. Solo nel caso di un valore economico modesto, il giudice può procedere a valutare gli altri elementi indicati dall’art. 133 c.p., come la capacità a delinquere dell’agente. Poiché nel caso di specie erano emersi elementi negativi sia sul piano oggettivo (valore del bene) che soggettivo (personalità dell’imputato), il diniego dell’attenuante è stato ritenuto correttamente motivato.
Il Mancato Riconoscimento della Continuazione
Anche per quanto riguarda il mancato riconoscimento della continuazione tra reati, la Corte ha giudicato il motivo di ricorso una semplice ripetizione. I giudici d’appello avevano già spiegato in modo adeguato le ragioni del diniego, sottolineando in particolare la distanza temporale tra i diversi episodi. Questa distanza, secondo la Corte, era tale da non poter considerare i reati come l’attuazione di un ‘unitario, benché generico, proposito criminoso’. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione logica e sufficiente, respingendo la doglianza del ricorrente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce l’importanza di redigere un ricorso per Cassazione che non sia una mera fotocopia dell’atto d’appello. È fondamentale che la difesa articoli una critica puntuale e specifica contro la sentenza impugnata, evidenziandone vizi logici o violazioni di legge. In assenza di ciò, il rischio di un ricorso inammissibile è estremamente elevato. Inoltre, la decisione conferma i criteri per l’applicazione dell’attenuante della particolare tenuità del fatto, sottolineando che la valutazione non si limita al solo valore economico del bene, ma si estende a un giudizio complessivo sulla condotta e sulla personalità dell’imputato, come delineato dall’art. 133 del codice penale.
 
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, come in questo caso, i motivi proposti non sono specifici ma si limitano a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza contestare in modo critico e argomentato la sentenza impugnata.
Quali elementi valuta il giudice per concedere l’attenuante della particolare tenuità del fatto?
Il giudice valuta sia elementi oggettivi, come la lieve consistenza economica del bene, sia elementi soggettivi. Se il valore del bene non è particolarmente lieve, l’attenuante è esclusa. Se è lieve, si procede a verificare altri elementi, come la capacità a delinquere dell’agente desumibile dall’art. 133 c.p., che possono comunque portare a negare l’attenuante.
Per quale motivo non è stata riconosciuta la continuazione tra i reati?
La continuazione non è stata riconosciuta perché il giudice d’appello ha adeguatamente motivato che la distanza temporale tra i diversi episodi criminali non permetteva di considerarli come parte di un unico e generico proposito criminoso.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3882 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3882  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MONZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, ritenuto che i motivi di ricorso sono formulati in termini non consentiti in sede di legitt perché fondati su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedott appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare n specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una cri argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che in particolare la Corte d’Appello ha congruamente argomentato (cfr., pag. 4 della sentenza) come il valore intrinseco del bene e la negativa personalità dell’imputato no consentivano di ricondurre la vicenda nell’ambito della ipotesi contemplata nel capoverso dell’ar 648 cod. pen.; il valore del bene è infatti un elemento concorrente solo in via sussidiaria a della valutazione dell’attenuante speciale della particolare tenuità del fatto, nel senso che esso – come nel caso di specie – non è particolarmente lieve, deve sempre escludersi la tenuità del fatto, mentre se è accertata la lieve consistenza economica del bene ricettato, può proceders alla verifica della sussistenza degli ulteriori elementi, desumibili dall’art. 133 cod. pe consentono di configurare l’attenuante “de qua”, e che va, al contrario, esclusa quando emergano elementi negativi, sia sotto il profilo strettamente obbiettivo sia sotto il p soggettivo della capacità a delinquere dell’agente (cfr., tra le tante, Sez. 2, Sentenza n. 5 del 06/12/2013, COGNOME, Rv. 258118)M
che anche le doglienze in punto di mancato riconoscimento della continuazione sono reiterativi, avendo il giudice d’Appello spiegato adeguatamente, con particolare riferimento a distanza temporale tra i diversi episodi, le ragioni per le quali essi non potessero ritenersi og di un unitario, benché generico, proposito criminoso;
considerato pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma 5/12/2023