Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35529 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35529  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALMANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
 Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la condanna di NOME COGNOME per furti (capi 2, 5 e 8) e indebito utilizzo di strumenti di pagamento (capi 1 e 7).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su due motivi (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deduce il vizio cumulativo di motivazione per aver la Corte territoriale confermato la responsabilità dell’imputato anche in merito all’indebito utilizzo del mezzo di pagamento di cui al capo 7, nonostante l’individuazione del prevenuto quale autore in forza di un riconoscimento da parte dell’escusso testimone che si sarebbe detto sicuro al 70%. Sarebbe stato altresì violato l’art. 162-ter cod. pen. per aver il giudice d’appello ritenuto la corresponsione di 250,00 euro in favore di ciascuna delle persone offese dei furti di cui ai capi 2, 5, e 8 non interamente satisfattiva dei danni cagionati alle persone offese.
Il ricorso è inammissibile in quanto, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati nelle pagine seconda e terza della ricostruzione del fatto processuale operata dalla sentenza impugnata), le censure, anche laddove prospettate come rivolte alla specifica motivazione di secondo grado, sono fondate esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pagine prima, seconda e terza dell’apparato motivazionale). Trattasi dunque di censure da considerarsi non specifiche ma soltanto apparenti in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti, e Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
A quanto innanzi, di per sé fondante l’inammissibilità dell’impugnazione, si aggiungono ulteriori e autonomi profili d’inammissibilità delle censure in forza del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, ex plurimis, oltre alla citata sentenza «COGNOME»; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si vedano altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione).
I giudici di merito, in ipotesi di c.d. «doppia conforme», hanno ritenuto accertata la commissione del reato di cui al capo 7 da parte del prevenuto in quanto individuato quale autore oltre che all’esito della valutazione della deposizione del teste COGNOME anche in forza della valutazione congiunta di altri elementi di prova. Il riferimento è, in particolare ai dati desunti dal sistema gps e dagli esiti del servizio di osservazione, controllo e pedinamento eseguito dalla polizia giudiziaria. Trattasi di elementi fattuali che, valutati anche in uno con la deposizione del citato teste circa l’avvenuto furto prodromico al successivo utilizzo della carta bancomat a distanza di soli quaranta minuti, hanno fondato l’accertamento della condotta del prevenuto tanto in merito all’impossessamento del bancomat, quale soggetto postosi alla guida della vettura utilizzata dai correi per fuggire, quanto in ordine al successivo indebito utilizzo dello stesso bancomat, avvenuto sostanzialmente nel medesimo contesto temporale. Parimenti dicasi in ordine alla ritenuta non integralità del risarcimento dei danni cagionati alle persone offese dai furti di cui ai capi 2, 5 e 8, considerati i danni morali conseguenti ai reati nonché i beni effettivamente sottratti (borse,
documenti, tessere bancomat, denaro contante e, in due ipotesi, anche telefonini).
Ulteriore COGNOME e COGNOME anch’essa COGNOME assorbente COGNOME ragione COGNOME d’inammissibilità dell’impugnazione fonda nell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, ex plurimis, i riferimenti giurisprudenziali di cui al precedente paragrafo 4). Ci si riferisce alle doglianze in fatto con le quali il ricorrente vorrebbe sostituirsi alla valutazione dei giudici d merito degli elementi probatori ai fini del giudizio in ordine alla ritenuta individuazione nell’imputato dell’autore del reato di cui al capo 7 e nell’apprezzamento delle conseguenze dannose dei reati (anche in termini di danno morale conseguente).
 All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 settembre 2025 Il Consi lier COGNOME te sore  COGNOME
Il Presidente