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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la reiterazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per estorsione aggravata. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una semplice ripetizione di quelli già presentati e respinti in appello, senza sollevare nuove e specifiche critiche alla sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta alla Semplice Ripetizione

L’accesso alla Corte di Cassazione, ultimo grado del giudizio di legittimità, è un percorso rigoroso che richiede precisione tecnica e argomentazioni specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa nascere dalla semplice riproposizione di argomenti già discussi e respinti. Analizziamo l’ordinanza n. 19098 del 2024 per comprendere perché la mera reiterazione dei motivi d’appello non sia sufficiente a superare il vaglio di ammissibilità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Bari, che aveva confermato la condanna di un individuo per il reato di estorsione, aggravato dall’utilizzo del cosiddetto “metodo mafioso” ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale. All’imputato era stato attribuito il ruolo di “intermediario interessato”, ovvero un soggetto che non si limita a fare da tramite, ma partecipa attivamente all’illecito traendone un vantaggio personale.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione, in particolare riguardo alla qualificazione del suo ruolo e alla sussistenza stessa del metodo mafioso.

I Motivi del Ricorso e la questione del ricorso inammissibile

Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione su due principali motivi, riconducibili a violazioni di legge e a presunte contraddittorietà e illogicità della motivazione della sentenza d’appello. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha immediatamente focalizzato la sua attenzione su un aspetto preliminare e dirimente: l’ammissibilità stessa del ricorso.

La Corte ha rilevato che le argomentazioni presentate non erano nuove, ma costituivano una “pedissequa reiterazione” di quelle già avanzate nel giudizio d’appello. In pratica, la difesa si era limitata a riproporre le stesse doglianze, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la logica e le conclusioni a cui era pervenuta la Corte territoriale. Questo ha portato la Suprema Corte a qualificare il ricorso inammissibile.

La Funzione Critica del Ricorso in Cassazione

Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si rivalutano i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Per questo motivo, il ricorso deve assolvere a una “tipica funzione di una critica argomentata”. Non è sufficiente esprimere dissenso; è necessario dimostrare, punto per punto, dove e perché il giudice di secondo grado avrebbe sbagliato nel suo ragionamento giuridico.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha sottolineato che i motivi del ricorso erano solo “apparenti”. Sebbene formalmente articolati, essi omettevano di confrontarsi realmente con le ragioni della decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima, come evidenziato dalla Cassazione, aveva ampiamente e puntualmente motivato sia sulla sussistenza del delitto di estorsione (pagine 7-11 della sentenza) sia sulla caratterizzazione della condotta tramite il “metodo mafioso” e sul ruolo di intermediario interessato del ricorrente (pagine 11-12).

La Suprema Corte ha inoltre specificato che anche una memoria difensiva successiva, pur ribadendo le violazioni di legge, non aveva aggiunto “nulla di decisivo” per superare le cause di inammissibilità. La mancanza di una critica mirata e di nuovi profili di illegittimità ha reso il ricorso sterile e, di conseguenza, non meritevole di un esame nel merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per Cassazione non è una mera formalità o un’ulteriore possibilità di discutere i fatti. È uno strumento tecnico che richiede un’analisi critica e puntuale della sentenza di secondo grado. Chi intende ricorrere in Cassazione deve elaborare argomentazioni che mettano in luce specifici errori di diritto o vizi logici manifesti, evitando di riproporre le stesse tesi già respinte. In caso contrario, il risultato sarà, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che qui ammonta a tremila euro.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i suoi motivi sono una “pedissequa reiterazione” di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, omettendo di svolgere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono solo “apparenti”?
Significa che, sebbene formalmente presentati, i motivi non assolvono alla loro funzione tipica, che è quella di criticare in modo specifico il provvedimento impugnato. Si limitano a riproporre argomenti generici già esaminati, senza confrontarsi con le specifiche ragioni della decisione del giudice precedente.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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