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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la reiterazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per traffico di stupefacenti, poiché i motivi erano una mera riproposizione di censure già respinte in appello. La sentenza sottolinea l’importanza di una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, confermando le condanne.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando Ripetere gli Stessi Motivi Porta alla Sconfitta

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una strategia precisa e motivi di impugnazione specifici. Limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti può condurre a una sola conseguenza: la dichiarazione di ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce questo principio, offrendo una lezione fondamentale sulla tecnica processuale e sulla sostanza delle impugnazioni.

Il Contesto: Traffico di Stupefacenti e le Condanne

Il caso trae origine da una condanna per traffico di un ingente quantitativo di marijuana (oltre 41 kg). Due individui erano stati giudicati colpevoli sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello aveva confermato la loro responsabilità penale, basandosi su prove oggettive che delineavano un piano criminoso comune: gli spostamenti coordinati, l’uso di un’auto a noleggio e l’incontro in un parcheggio, ritenuto tutt’altro che casuale. Ai due imputati erano state inflitte pene detentive e pecuniarie significative, aggravate dalla grande quantità della sostanza e dalla recidiva.

L’Appello in Cassazione e il ricorso inammissibile

Entrambi gli imputati, tramite il loro difensore, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Le loro doglianze riguardavano vari aspetti: l’affermazione della responsabilità penale, il riconoscimento dell’aggravante dell’ingente quantità, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la contestata applicazione della recidiva. Tuttavia, la Suprema Corte ha stroncato sul nascere le loro pretese.

La Mancanza di Specificità dei Motivi

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede in un vizio procedurale fondamentale. I ricorsi presentati non erano altro che una ‘pedissequa reiterazione’ delle censure già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. Secondo l’orientamento consolidato, un ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse questioni senza muovere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata. In pratica, non basta dire che non si è d’accordo; bisogna spiegare perché la decisione del giudice precedente è sbagliata, attaccando specificamente la sua logica giuridica.

Il ricorso inammissibile e la valutazione della recidiva

Un altro punto toccato dalla difesa riguardava la recidiva. Gli imputati ne chiedevano l’esclusione, ma anche su questo fronte la Cassazione ha ritenuto corretto l’operato dei giudici di merito. La Corte ha ribadito che la recidiva non è un mero automatismo legato all’esistenza di precedenti penali. Il giudice deve valutare in concreto se la reiterazione dei reati sia sintomo di una pericolosità sociale accentuata e di una personalità incline a delinquere. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali sono stati considerati un’espressione di un’inclinazione al delitto e di un’insensibilità all’effetto deterrente delle condanne.

La Negazione delle Attenuanti Generiche

Infine, la Corte ha confermato la decisione di non concedere le circostanze attenuanti generiche. Dopo la riforma del 2008, non è più sufficiente essere incensurati per ottenerle. Il giudice deve individuare elementi positivi concreti. In questa vicenda, la Corte d’Appello non ha ravvisato alcun elemento di questo tipo, considerando anzi l’apporto non marginale degli imputati al reato e la loro assenza di resipiscenza (pentimento).

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano meramente riproduttivi di censure già vagliate e disattese dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che i ricorsi erano privi di una critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata, risolvendosi in una semplice riproposizione di una versione alternativa dei fatti. La Suprema Corte ha ritenuto logica e coerente la motivazione della Corte territoriale, che aveva adeguatamente dimostrato il contributo causale di entrambi gli imputati alla realizzazione del reato. Anche la valutazione dell’aggravante dell’ingente quantità, della recidiva come indice di pericolosità sociale e del diniego delle attenuanti generiche è stata giudicata immune da vizi, in quanto basata su principi giurisprudenziali consolidati e su un’analisi concreta degli elementi del caso.

le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione è un monito chiaro: il ricorso per legittimità non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è indispensabile formulare censure nuove, specifiche e pertinenti, che si confrontino criticamente con la decisione impugnata. La mera ripetizione di argomenti già sconfitti è una strategia destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, but anche il pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma a titolo di sanzione.

Quando un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso per Cassazione è dichiarato inammissibile quando è fondato su motivi che sono una mera e pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito. Manca, in tal caso, la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.

Come valuta il giudice la recidiva ai fini della pena?
Il giudice non si limita a un riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. Deve verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia un sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità sociale dell’autore, valutando la natura dei reati, la distanza temporale e il rapporto tra il fatto sub iudice e le condanne precedenti.

Perché possono essere negate le circostanze attenuanti generiche?
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con la semplice assenza di elementi o circostanze di segno positivo. A seguito della riforma normativa, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato. Nel caso di specie, la negazione si è basata sull’apporto non marginale al reato e sull’assenza di resipiscenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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