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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la recidiva

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. Il ricorso è stato giudicato una mera ripetizione dei motivi già respinti in appello, senza critiche specifiche alla sentenza. La Corte ha confermato la correttezza della valutazione sulla recidiva, basata sui numerosi precedenti specifici dell’imputato, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e la Recidiva

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica e precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario articolare critiche specifiche e fondate. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una strategia difensiva che si limita a riproporre argomenti già esaminati e respinti, senza affrontare il nucleo logico-giuridico della decisione impugnata. L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di questa dinamica, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi di ricorso e confermando la valutazione sulla recidiva.

Il Contesto: dalla Condanna in Appello al Ricorso

Il caso origina da una condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/90), relativo a fatti di lieve entità. L’imputato, a seguito della conferma della sua responsabilità da parte della Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’obiettivo era contestare la sentenza di secondo grado, in particolare per quanto riguarda l’applicazione della recidiva, un’aggravante che comporta un aumento di pena per chi commette un nuovo reato dopo una condanna precedente.

I Motivi del Ricorso e la loro Genericità

La difesa del ricorrente si concentrava essenzialmente nel contestare la valutazione della Corte d’Appello sulla recidiva. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, le argomentazioni presentate non erano nuove né specifiche. Si trattava, infatti, di una “pedissequa reiterazione” di motivi già dedotti nel giudizio di appello e puntualmente disattesi dai giudici di merito.

Questo approccio rende il ricorso non specifico, ma solo apparente. Un ricorso efficace, infatti, deve assolvere alla sua funzione tipica: quella di una critica argomentata e mirata contro le specifiche ragioni che sorreggono la decisione impugnata. Ripetere le stesse lamentele (o doglianze, in termine tecnico) senza attaccare il ragionamento del giudice d’appello equivale a presentare un atto privo della sua funzione essenziale.

La Valutazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio a causa di questa mancanza di specificità. La giurisprudenza consolidata, richiamata anche nell’ordinanza, stabilisce che un ricorso che non si confronta criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse questioni, è destinato all’inammissibilità. In pratica, non basta dire “non sono d’accordo”; bisogna spiegare perché il ragionamento del giudice precedente è sbagliato dal punto di vista logico o giuridico.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto l’ordinanza manifestamente infondata. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione appropriata, logica e giuridicamente corretta, immune da vizi. In particolare, riguardo alla recidiva, la Corte territoriale aveva spiegato in modo esauriente le ragioni della sua applicazione: i quattro precedenti specifici dell’imputato in materia di stupefacenti e la “rapida ricaduta nella commissione di fatti della stessa specie”. Questi elementi, secondo i giudici di merito, erano sintomo di un'”accentuata capacità a delinquere” che giustificava pienamente l’aggravante. Questa valutazione, essendo una questione di merito basata sulle prove e sulla storia criminale dell’imputato, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno di vizi logici manifesti, che in questo caso non sono stati riscontrati. Di conseguenza, la Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso palesemente infondato.

Conclusioni

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove ridiscutere i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Un ricorso inammissibile perché generico e ripetitivo non solo non porta ad alcun risultato utile per il ricorrente, ma comporta anche conseguenze economiche negative. Per gli operatori del diritto, questo caso serve come monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici, che si confrontino analiticamente con la sentenza impugnata, evitando di trasformare il ricorso in una sterile ripetizione di argomenti già sconfitti.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, risultando così generico e solo apparentemente specifico.

Come ha giustificato la Corte d’Appello l’applicazione della recidiva in questo caso?
La Corte ha ritenuto che i quattro precedenti specifici per reati di stupefacenti e la rapida ricaduta nella commissione di reati simili indicassero un’accentuata capacità a delinquere, una circostanza che giustifica pienamente l’applicazione dell’aggravante della recidiva.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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