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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la prescrizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per evasione. Il motivo principale, relativo alla prescrizione del reato, è stato ritenuto infondato poiché, includendo la recidiva e i periodi di sospensione, il termine non era ancora scaduto. Inoltre, la Corte ha ribadito che la pena concordata in appello non può essere contestata se non è illegale. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione sul Calcolo della Prescrizione e i Limiti dell’Appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti per un ricorso inammissibile, affrontando due questioni cruciali: il corretto calcolo del termine di prescrizione in presenza di aggravanti e sospensioni, e i limiti all’impugnazione di una pena concordata in appello. La decisione sottolinea il rigore con cui la Suprema Corte valuta i motivi di ricorso, sanzionando le impugnazioni manifestamente infondate.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che confermava una condanna per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. La sentenza d’appello era stata emessa a seguito di un “concordato”, una procedura con cui le parti si accordano sulla pena da applicare, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale.

Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi principali:
1. La mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, sostenendo che il termine massimo fosse già scaduto.
2. Una contestazione sul trattamento sanzionatorio applicato, ritenuto non congruo.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. I giudici hanno esaminato entrambi i motivi sollevati dalla difesa, ritenendoli privi di fondamento e, nel caso della contestazione sulla pena, non proponibili data la natura della sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha articolato le sue motivazioni smontando punto per punto le argomentazioni della difesa.

Il Calcolo Errato della Prescrizione

Il primo motivo è stato giudicato “manifestamente infondato”. La Corte ha spiegato che il calcolo della prescrizione effettuato dal ricorrente era errato perché non teneva conto di due elementi fondamentali: la recidiva reiterata e i periodi di sospensione del processo. La presenza della recidiva reiterata, contestata e riconosciuta, aveva elevato il termine massimo di prescrizione a 9 anni. A questo periodo, i giudici hanno aggiunto 473 giorni di sospensione (pari a 1 anno, 3 mesi e 18 giorni). Con questi correttivi, il termine di prescrizione non solo non era scaduto al momento della sentenza d’appello, ma sarebbe scaduto solo in data 27 febbraio 2025. L’argomentazione del ricorrente era, quindi, palesemente errata.

L’Intangibilità della Pena Concordata

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Corte ha sottolineato che, quando le parti raggiungono un concordato sulla pena in appello, esse indicano al giudice la sanzione da applicare. Tale accordo preclude una successiva contestazione sul merito della pena determinata, a meno che questa non risulti “illegale”, cioè non rispettosa dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge o dei criteri di calcolo, come quelli dell’art. 81 del codice penale. Nel caso specifico, la pena non presentava alcun profilo di illegalità, essendo conforme sia ai criteri generali sia alla cornice edittale del reato di evasione. Pertanto, il motivo di ricorso era inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, il calcolo della prescrizione deve essere effettuato con la massima precisione, tenendo conto di tutte le circostanze aggravanti (come la recidiva) e delle cause di sospensione che ne allungano la durata. Un errore in questo calcolo può rendere un motivo di ricorso manifestamente infondato. In secondo luogo, la scelta di un concordato in appello comporta la rinuncia a contestare l’entità della pena, che diventa censurabile solo per vizi di legalità e non per una valutazione di merito sulla sua congruità. La decisione serve da monito sulla necessità di presentare ricorsi fondati su argomentazioni giuridicamente solide per evitare una declaratoria di inammissibilità e le relative sanzioni economiche.

Come si calcola il termine di prescrizione in presenza di recidiva reiterata e sospensioni?
Al termine base di prescrizione del reato si deve aggiungere l’aumento previsto per la recidiva reiterata (che nel caso di specie ha portato il termine massimo a 9 anni) e sommare tutti i giorni in cui il processo è stato sospeso. Solo al termine di questo calcolo si ottiene la data effettiva di estinzione del reato.

È possibile contestare l’entità di una pena decisa con un concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.)?
No, non è possibile contestare nel merito la determinazione della pena se questa è frutto di un accordo tra le parti. L’impugnazione è ammissibile solo se la pena applicata risulta “illegale”, ovvero non rispetta i limiti minimi e massimi previsti dalla legge o i criteri normativi di calcolo.

Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta la fine del procedimento e la conferma definitiva della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso specifico con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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