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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per furto aggravato. L’imputato contestava l’entità della pena, ma la Corte ha stabilito che tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità quando, come nel caso di specie, la decisione dei giudici di merito è sorretta da una motivazione logica e sufficiente, basata sui precedenti penali e bilanciata dalla concessione di attenuanti generiche per la confessione.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Rivede la Pena

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non si può presentare ricorso in sede di legittimità per contestare semplicemente l’entità della pena, se questa è stata decisa con una motivazione logica e adeguata. L’esito, in questi casi, è un ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti del giudizio di Cassazione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. Al condannato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti all’aggravante contestata e alla recidiva.

Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un unico vizio: la presunta inadeguatezza del trattamento sanzionatorio. In altre parole, secondo la difesa, la pena inflitta era eccessiva e la motivazione dei giudici d’appello non era congrua.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (cioè se la pena fosse giusta o meno), ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che il motivo presentato dall’imputato non era tra quelli che la legge consente di esaminare in sede di legittimità.

La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte Suprema non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o le scelte discrezionali dei giudici di merito, come la quantificazione della pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione né illogica né carente. La scelta di non applicare la pena nel minimo edittale era stata chiaramente giustificata sulla base di due elementi:

1. I precedenti penali dell’imputato: La presenza di condanne passate è un fattore che legittima il giudice ad applicare una pena più severa.
2. La valorizzazione della confessione: L’apporto confessorio, sebbene non decisivo, era stato comunque preso in considerazione e adeguatamente bilanciato attraverso la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Poiché la motivazione era presente, logica e basata su elementi concreti, la discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena diventava insindacabile in Cassazione. Contestare tale scelta si traduce, quindi, in un ricorso inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità concreti, come un’errata interpretazione di una norma di legge o un’aperta contraddizione nella motivazione. Tentare di ottenere una semplice “riduzione di pena” senza indicare un vizio legale specifico è una strategia destinata al fallimento. La valutazione della congruità della pena è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), i quali, se motivano in modo adeguato il loro percorso decisionale, rendono la loro scelta inattaccabile in sede di legittimità.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione l’entità di una pena ritenuta troppo alta?
No, non è possibile se la decisione del giudice di merito è basata su una motivazione sufficiente e non illogica. La Cassazione non riesamina nel merito la congruità della pena, ma valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Cosa significa che un ricorso è “inammissibile”?
Significa che il ricorso non possiede i requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge per essere esaminato nel merito. Di conseguenza, la Corte non entra nel vivo della questione ma si limita a respingerlo, confermando di fatto la decisione precedente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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