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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la pena

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12930/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto aggravato. L’appello contestava la quantificazione della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte ha ribadito che tali valutazioni rientrano nella discrezionalità del giudice di merito e non possono essere riesaminate in sede di legittimità se la motivazione è logica e sufficiente, come nel caso di specie.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rivedere la Pena

L’ordinanza n. 12930 del 2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, specialmente riguardo alle decisioni sulla severità della pena. In questo caso, il ricorso inammissibile presentato dall’imputato ha confermato un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio per rivalutare il merito, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado e in appello per una serie di furti aggravati in concorso, ha deciso di impugnare la sentenza della Corte d’Appello davanti alla Corte di Cassazione. È importante notare che la Corte d’Appello aveva già parzialmente riformato la prima sentenza, dichiarando il non doversi procedere per uno degli episodi criminosi a causa della mancanza della necessaria querela da parte della persona offesa.

Nonostante questa parziale vittoria, l’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Suprema Corte, lamentando essenzialmente due aspetti della decisione di secondo grado.

I Motivi del Ricorso e il Rischio del Ricorso Inammissibile

Il ricorso si concentrava su due punti principali, entrambi relativi alla valutazione della pena da parte dei giudici di merito:

1. L’eccessiva severità della pena: L’imputato riteneva che la pena inflitta fosse sproporzionata.
2. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non concedere le attenuanti, che avrebbero comportato una riduzione della sanzione.

Tuttavia, come evidenziato dalla Cassazione, questi motivi non introducevano elementi di novità, ma si limitavano a riproporre le stesse questioni già discusse e respinte, in modo congruo e corretto, nel giudizio d’appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle lamentele dell’imputato, ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che le questioni sollevate non erano ammissibili nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 Euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione sono di cruciale importanza per comprendere il ruolo della Corte di Cassazione.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che la graduazione della pena è una prerogativa esclusiva del giudice di merito (tribunale e corte d’appello). Questa scelta viene effettuata seguendo i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Un ricorso in Cassazione non può chiedere una nuova valutazione della congruità della pena, a meno che la decisione del giudice di merito non sia palesemente arbitraria, illogica o priva di motivazione, cosa che in questo caso non è avvenuta.

In secondo luogo, anche la decisione di negare le attenuanti generiche era stata ampiamente e logicamente motivata dalla Corte d’Appello. La motivazione del diniego si basava su elementi concreti e decisivi, tra cui:

* La serialità e la pianificazione dettagliata dei reati commessi.
* Il ruolo di organizzatore delle azioni criminose ricoperto dall’imputato.
* Una confessione tardiva, avvenuta solo al termine delle indagini.
* I numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato.

Secondo la Cassazione, un riferimento a tali elementi è più che sufficiente per giustificare il mancato riconoscimento del beneficio, rendendo la doglianza manifestamente infondata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Le valutazioni discrezionali, come la determinazione della pena e la concessione delle attenuanti, sono di competenza dei giudici che hanno esaminato le prove nel dettaglio. Tentare di ottenere una terza valutazione sul merito di queste decisioni attraverso un ricorso in Cassazione, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza impugnata, porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava aspetti, come la quantificazione della pena e il diniego delle attenuanti generiche, che rientrano nella valutazione discrezionale del giudice di merito. La Cassazione ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse logica e sufficientemente motivata, e che il ricorso si limitasse a riproporre questioni già correttamente respinte.

La Corte di Cassazione può modificare una pena ritenuta troppo alta?
Generalmente no. La Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena. Il suo compito è verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia fornito una motivazione logica e non contraddittoria. Può annullare una sentenza solo se la motivazione sulla pena è inesistente, manifestamente illogica o viziata da un errore di diritto.

Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per negare le attenuanti generiche?
La Corte d’Appello ha negato le attenuanti generiche basandosi su una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’imputato, considerando: la numerosa serie di reati programmati nei minimi dettagli, il suo ruolo di organizzatore, la confessione resa solo dopo la conclusione delle indagini e i suoi numerosi precedenti penali per reati della stessa specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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