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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile in quanto le critiche mosse alla determinazione della pena e all’applicazione della recidiva erano generiche. La decisione sottolinea che l’esercizio corretto del potere discrezionale del giudice di merito, come il bilanciamento tra recidiva e attenuanti, non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi di legge. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e i Limiti al Controllo sulla Pena

Quando un appello viene definito ricorso inammissibile dalla Corte di Cassazione, significa che l’istanza non supera il primo vaglio di ammissibilità, senza che i giudici entrino nel merito della questione. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di questa dinamica, ribadendo i confini del proprio sindacato sulle decisioni dei giudici di merito, specialmente riguardo la determinazione della pena.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato contestava principalmente due aspetti della decisione: la quantificazione della pena inflitta e il trattamento della recidiva. Sostanzialmente, il ricorrente non condivideva le valutazioni operate dal giudice di secondo grado, ritenendole ingiuste o sproporzionate.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7066/2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione di tale drastica decisione risiede nella natura delle doglianze presentate. I giudici di legittimità hanno qualificato le critiche del ricorrente come una ‘generica censura’ rivolta all’esercizio dei poteri discrezionali del giudice di merito. In altre parole, l’appello non evidenziava una violazione di legge o un vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a esprimere un dissenso sulla valutazione del giudice, un’operazione che non può essere riesaminata in sede di Cassazione.

Le Motivazioni: Il Corretto Esercizio del Potere Discrezionale

La Corte ha specificato che il giudice di merito aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale. Un punto cruciale della motivazione riguarda la gestione della recidiva. La sentenza impugnata aveva infatti neutralizzato gli effetti della recidiva, considerandola equivalente alle attenuanti generiche. Questa operazione di bilanciamento tra circostanze aggravanti (la recidiva) e attenuanti è una tipica espressione del potere valutativo del giudice. Poiché tale valutazione è stata compiuta in modo logico e conforme alla legge, non vi era spazio per un intervento della Cassazione. La Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo che verifica la corretta applicazione della legge.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su motivi specifici e legali, non su una generica insoddisfazione per l’esito del processo. Chi intende impugnare una sentenza di condanna deve identificare precisi errori di diritto o vizi di motivazione, altrimenti il ricorso sarà destinato all’inammissibilità. La decisione comporta, inoltre, conseguenze economiche per il ricorrente, che è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare impugnazioni infondate o puramente dilatorie.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni relative alla determinazione della pena e all’applicazione della recidiva sono state ritenute una critica generica ai poteri discrezionali del giudice di merito, senza sollevare specifiche questioni di legittimità.

Cosa significa che la recidiva è stata giudicata equivalente alle attenuanti generiche?
Significa che il giudice ha effettuato un bilanciamento tra la circostanza aggravante della recidiva e le circostanze attenuanti generiche, concludendo che si elidono a vicenda. Di conseguenza, la recidiva non ha comportato un aumento della pena.

Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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