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Ricorso inammissibile: la Cassazione e la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando una condanna a tre anni di reclusione e una multa. Il ricorso è stato respinto perché l’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni sulla determinazione della pena già esaminate e rigettate dalla Corte d’Appello, senza evidenziare vizi logici o giuridici specifici. La Corte ha ribadito che non è possibile un nuovo giudizio di merito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione sulla Pena

Quando si arriva all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti entro cui è possibile contestare una sentenza. Un caso recente ci offre lo spunto per analizzare il concetto di ricorso inammissibile, specialmente quando l’oggetto della doglianza è la determinazione della pena. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha ribadito un principio cardine: non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione come un terzo grado di merito, riproponendo questioni già valutate e motivate dai giudici dei gradi precedenti.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine con la condanna di un individuo alla pena di tre anni di reclusione e 180.000 euro di multa, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale. La condanna, relativa a reati previsti dal Testo Unico sull’Immigrazione, è stata successivamente confermata integralmente dalla Corte di Appello di Trieste.

Nonostante la doppia conferma, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di proporre ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione riguardo alla quantificazione della pena.

La Doglianza sulla Pena e il concetto di ricorso inammissibile

Il nucleo del ricorso si concentrava sulla critica alla dosimetria sanzionatoria. L’imputato lamentava che la Corte d’Appello avesse inflitto una pena superiore al minimo edittale senza fornire una motivazione adeguata. In particolare, si contestava una presunta contraddizione tra la concessione delle attenuanti generiche e la decisione di fissare una pena comunque ritenuta eccessiva, sostenendo che le ragioni per la concessione delle attenuanti fossero state rese “recessive” senza una spiegazione logica.

Questa argomentazione, tuttavia, si è scontrata con il muro del ricorso inammissibile, poiché i giudici di legittimità hanno rilevato una carenza strutturale nell’impostazione dell’impugnazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e fondata su un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno sottolineato che le ragioni di doglianza erano, in sostanza, una mera riproposizione di quelle già presentate in appello e motivatamente respinte.

La Corte ha chiarito i seguenti punti cruciali:

1. Ripetitività dei Motivi: È inammissibile il ricorso per cassazione basato sugli stessi motivi già proposti e motivatamente respinti in secondo grado. L’impugnazione di legittimità non può trasformarsi in un’ulteriore valutazione del merito delle prove o delle decisioni discrezionali del giudice, se queste sono sorrette da una motivazione logica e coerente.
2. Assenza di Contraddizioni: La Suprema Corte non ha riscontrato alcuna contraddizione logica nella determinazione della pena. Anzi, ha specificato che la pena base era stata fissata in misura coincidente con il minimo edittale, e solo su quella base era stata poi applicata la diminuzione per le attenuanti generiche. Ciò smentisce l’assunto del ricorrente secondo cui la pena fosse stata fissata in misura superiore al minimo.
3. Principio di Autosufficienza del Ricorso: Implicitamente, la Corte richiama il principio secondo cui il ricorso deve essere autosufficiente, ovvero deve individuare un vizio specifico (violazione di legge o vizio di motivazione) senza limitarsi a una generica lamentela sull’esito sgradito del giudizio di merito.

Di conseguenza, l’appello è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Il ricorso di legittimità non è un appello “mascherato”. Per avere successo, non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice di merito, ma è necessario dimostrare un errore tecnico: o l’applicazione errata di una norma di diritto, oppure un vizio logico palese e incontrovertibile nella motivazione. Proporre un ricorso inammissibile perché meramente ripetitivo non solo è inefficace, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese e della sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Secondo la decisione, un ricorso è inammissibile quando si fonda sugli stessi motivi già proposti e motivatamente respinti in appello, senza evidenziare un errore logico o giuridico specifico. Riproporre le stesse doglianze risulta generico e non consente un esame nel merito.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
Sì, ma solo se si dimostra un’erronea applicazione della legge penale o una mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Non è sufficiente lamentare un’eccessività della pena se la decisione dei giudici di merito è adeguatamente e logicamente motivata, come avvenuto nel caso di specie.

Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
L’imputato che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 c.p.p. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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