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Ricorso inammissibile: la Cassazione e i suoi limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due imputati condannati per calunnia. I motivi sono stati ritenuti in parte manifestamente infondati (mancata rinnovazione dell’istruttoria) e in parte inammissibili perché non proposti nel precedente grado di giudizio (mancato riconoscimento di una scriminante). La decisione sottolinea il rigoroso perimetro del giudizio di legittimità, che non può riesaminare il fatto. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Calunnia: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Appello

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito i confini entro cui può muoversi un ricorso, dichiarando un ricorso inammissibile e confermando la condanna per calunnia a carico di due imputati. Questa decisione offre spunti fondamentali sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni e sul ruolo del giudice di legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito.

La Vicenda Processuale

Due soggetti, condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di calunnia, hanno presentato ricorso per Cassazione tramite il loro difensore. L’atto di impugnazione si basava essenzialmente su due motivi: la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, che a loro dire era stata ingiustamente negata, e il mancato riconoscimento di una causa scriminante prevista dall’articolo 51 del codice penale.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per ragioni distinte ma ugualmente nette, ribadendo principi consolidati della procedura penale.

Il Primo Motivo: La Richiesta di Rinnovazione dell’Istruttoria

Il primo punto sollevato dalla difesa riguardava la mancata rinnovazione dell’istruttoria. I ricorrenti sostenevano che fosse necessario un nuovo esame delle prove. La Cassazione ha definito questo motivo “manifestamente infondato”. I giudici hanno specificato che la Corte d’Appello aveva correttamente respinto la richiesta, poiché non emergevano carenze motivazionali o aspetti rilevanti tali da giustificare una riapertura del dibattimento. La rinnovazione, infatti, è un istituto eccezionale e non uno strumento per ottenere una terza valutazione dei fatti.

Il Secondo Motivo: La Scriminante non Dedotta in Appello

Il secondo motivo, relativo alla scriminante dell’esercizio di un diritto (art. 51 c.p.), è stato giudicato inammissibile per una ragione procedurale cruciale: non era stato sollevato nel precedente grado di giudizio, ovvero in appello. La Corte ha sottolineato che non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione motivi che si sarebbero dovuti proporre prima. Inoltre, la richiesta implicava una ricostruzione e una valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare il merito della vicenda.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base della declaratoria di ricorso inammissibile sono chiare e didattiche. La Cassazione ha ribadito che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il suo ruolo è quello di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di fornire una nuova valutazione delle prove. Il primo motivo è stato respinto perché la decisione della Corte d’Appello era motivata in modo adeguato e non manifestamente illogico. Il secondo motivo è caduto a causa del principio della devoluzione, secondo cui il giudice d’appello può decidere solo sui punti della sentenza specificamente contestati: un motivo nuovo, introdotto per la prima volta in Cassazione, è quindi inammissibile. Di conseguenza, la Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito sull’importanza della strategia difensiva e della corretta formulazione dei motivi di impugnazione. L’esito del processo dipende non solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rispetto delle regole procedurali. Introdurre argomenti nuovi in Cassazione o chiedere un riesame dei fatti sono errori che portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente aggravio di spese per l’imputato. La decisione rafforza la funzione nomofilattica della Cassazione, custode della corretta applicazione del diritto e non giudice dei fatti.

Perché la Cassazione ha ritenuto infondata la richiesta di rinnovare l’istruttoria?
La Corte ha ritenuto la richiesta manifestamente infondata perché non sono emerse carenze motivazionali nella sentenza impugnata tali da giustificare la necessità di una rinnovazione probatoria. La Corte d’Appello aveva già correttamente respinto tale richiesta con motivazione adeguata.

Per quale motivo è stato dichiarato inammissibile il motivo sul mancato riconoscimento della scriminante?
Questo motivo è stato dichiarato inammissibile perché non era stato dedotto nel precedente giudizio di appello. Inoltre, la richiesta implicava una ricostruzione e valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si occupa solo di questioni di legittimità.

Quali sono state le conseguenze economiche per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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