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Ricorso inammissibile: la Cassazione e i suoi limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Il motivo, incentrato sulla valutazione dell’elemento soggettivo del reato, è stato ritenuto un tentativo di riesame del merito, non consentito in sede di legittimità, poiché la motivazione della corte d’appello era logica e coerente. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione non può Riesaminare i Fatti del Processo

Quando un imputato si rivolge alla Corte di Cassazione, spera di ottenere una revisione della propria condanna. Tuttavia, non sempre il ricorso viene esaminato nel merito. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, spiegando i confini precisi del giudizio di legittimità. Questo concetto è fondamentale per comprendere il funzionamento del nostro sistema giudiziario e le reali possibilità di successo di un ricorso in ultimo grado.

I Fatti del Processo e la Condanna in Appello

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per i reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, previsti dagli articoli 337 e 341-bis del codice penale. L’imputato, ritenuto colpevole nei primi due gradi di giudizio, decideva di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione per contestare la sentenza di secondo grado.

Il Motivo del Ricorso: Una Questione di Fatto o di Diritto?

Il ricorrente basava la sua difesa su un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello. In particolare, sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente considerato l’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione che lo aveva animato al momento dei fatti. Secondo la difesa, mancava una prova chiara della volontà di resistere e offendere i pubblici ufficiali, un aspetto cruciale per la configurazione dei reati contestati.

Questo tipo di censura, sebbene formalmente presentata come un difetto di motivazione, mirava in realtà a ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati dalla Corte d’Appello. Ed è proprio qui che si trova il punto focale della decisione della Suprema Corte.

La Decisione della Suprema Corte e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è netta e risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un “terzo grado” di processo dove si possono riesaminare le prove e i fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

La Logicità della Motivazione come Scudo al Riesame

Nel caso specifico, i giudici supremi hanno rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “logica, coerente e puntuale” per la condanna. Analizzando le pagine della sentenza impugnata, la Cassazione ha concluso che il ragionamento seguito dalla corte territoriale era esente da vizi logici o giuridici. Di conseguenza, la critica mossa dal ricorrente non riguardava un errore di diritto, ma un dissenso sulla valutazione del materiale probatorio, un’attività preclusa al giudice di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché “esula dalla valutazione di legittimità”. L’imputato, attraverso la critica all’integrazione dell’elemento soggettivo, stava chiedendo ai giudici supremi di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, già compiutamente argomentata, della Corte d’Appello. Un’operazione che la Cassazione non può e non deve compiere. La decisione della corte territoriale, essendo immune da palesi illogicità, è diventata insindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale: non ogni doglianza può trovare spazio in Cassazione. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare un errore nell’applicazione della legge o un vizio logico grave nella motivazione, non un semplice disaccordo con l’interpretazione dei fatti data dai giudici di merito. La dichiarazione di inammissibilità comporta conseguenze onerose per il ricorrente: la condanna diventa definitiva e, oltre alle spese processuali, viene imposto il pagamento di una somma significativa (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a sanzione di un ricorso che non avrebbe dovuto essere proposto.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur essendo formalmente basato su un vizio di motivazione, mirava in realtà a ottenere un riesame dei fatti e della valutazione delle prove, attività che non rientra nella competenza della Corte di Cassazione, la quale svolge un controllo di mera legittimità.

Cosa significa che la motivazione della Corte d’Appello era ‘logica, coerente e puntuale’?
Significa che il ragionamento seguito dai giudici d’appello per arrivare alla condanna era ben argomentato, privo di contraddizioni interne e fondato su una corretta analisi delle prove. Questa completezza ha reso la sentenza non attaccabile sotto il profilo del vizio di motivazione in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Le conseguenze sono due: la sentenza di condanna diventa definitiva e immediatamente esecutiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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