Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43774 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43774 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOMECOGNOME nato a Verzuolo il 04.11.1946;
NOME NOMECOGNOME nato a Cuneo il 09.02.1975;
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 15 maggio 2024 emessa dal Tribunale di Cuneo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Cuneo ha rigettato la richiesta di riesame proposta NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cuneo in data 17 aprile 2024.
Questo provvedimento di sequestro ha ad oggetto, in via diretta, i crediti presenti nel cassetto fiscale della RAGIONE_SOCIALE per l’ammontare complessivo di euro 256.434,00, e ove non più presenti, le somme di danaro giacenti sui conti correnti riconducili alla predetta società, nonché per equivalente, nel caso in cui il profitto del reato non fosse integralmente sequestrato, il danaro e i beni nella disponibilità degli indagati.
NOME COGNOME è sottoposto ad indagine, in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 316 ter cod. pen., in quanto, tramite la fittizia attestazione dello stato di avanzamento dei lavori di efficientamento energetico su immobili siti in San Raffaele Cimena e Rivarolo Canavese, non eseguiti o, comunque, svolti in misura inferiore ai limiti richiesti dalla legge, avrebbe conseguito indebitamente per sé e a vantaggio della società RAGIONE_SOCIALE crediti fiscali da “superbonus 110”, derivanti dalla procedura dello sconto in fattura, applicato ai proprietari committenti, per un importo complessivo di euro 256.434,00.
Alla RAGIONE_SOCIALE è, altresì, contestata la responsabilità amministrativa dipendente da tale reato; le condotte di reato, secondo l’ipotesi di accusa, sarebbero, infatti, state commesse nel suo interesse e a suo vantaggio, in quanto l’ente, avendo incamerato tali crediti fiscali, avrebbe goduto di fonti di finanziamento illecito.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il difensore censura la violazione di legge e il vizio di manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta utilizzabilità deg atti di indagini compiuti in violazione del termine di cui all’art. 407, comma 3, cod. proc. pen., e, segnatamente, delle informative della Guardia di Finanza del 24 aprile 2023, del 15 marzo 2024 e della consulenza tecnica affidata dal pubblico ministero al geom. NOME COGNOME
2.2. Con il secondo motivo il difensore eccepisce il vizio di omessa motivazione in ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle chat e dei documenti di posta elettronica contenuti nell’informativa della Guardia di Finanza del 15 marzo 2024.
2.3. Con il terzo motivo i difensore lamenta che le chat e le fotografie poste a fondamento del provvedimento di sequestro sarebbero state acquisite senza le necessarie garanzie difensive al fine di assicurare la corretta acquisizione della prova informatica.
Non essendo stata depositata richiesta di discussione orale, il procedimento è stato trattato in forma cartolare.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 13 settembre 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto di rigettare il ricorso.
In data 20 settembre 2024 l’avvocato NOME COGNOME ha depositato memoria di replica, insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati e, comunque, diversi da quelli consentiti dalla legge.
Con il primo motivo di ricorso il difensore censura la violazione di legge e il vizio di manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta utilizzabili degli atti di indagine (e, segnatamente, delle informative della Guardia di Finanza del 24 aprile 2023, del 15 marzo 2024 e della consulenza tecnica affidata dal pubblico ministero al geom. NOME COGNOME, in quanto compiuti in violazione del termine di cui all’art. 407, comma 3, cod. proc. pen.
Il motivo è inammissibile per aspecificità e, comunque, manifestamente infondato.
Il Tribunale ha rilevato che l’iscrizione degli indagati per il presente procedimento è stata operata in data 21 marzo 2024 e, dunque, nessuna violazione del termine per le indagini preliminari è ravvisabile.
L’annotazione indicata del difensore dei ricorrenti, peraltro, ha ad oggetto reati iscritti nei confronti di NOME, ma del tutto diversi e irrelati (ipotesi di tr aggravata e bancarotta) rispetto a quelli per quali pende il presente procedimento.
Lo stesso ricorrente ha, peraltro, affermato che nel procedimento n. 3235/22 R.G.N.R. sarebbero state mosse contestazioni analoghe agli indagati, ma non già che le iscrizioni abbiano ad oggetto i medesimi reati.
L’utilizzo nel presente procedimento della consulenza tecnica disposta nel procedimento n. 3235/22 R.G.N.R. non dimostra, peraltro, che le iscrizioni siano avvenute per i medesimi reati e, dunque, la violazione del termine per le indagini preliminari.
Il codice di rito ammette, infatti, nella ricorrenza dei presupposti delineati dalla legge, la trasmigrazione degli atti di indagine da un procedimento ad altro, distinto, procedimento.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, il termine per le indagini preliminari decorre in modo autonomo per ciascun
indagato dal momento dell’iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato e, per la persona originariamente sottoposta ad indagini, da ciascuna successiva iscrizione (ex plurimis: Sez. 2, n. 22016 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276965-01); nessuna influenza sul decorso di tale termine possono, pertanto, assumere le iscrizioni per fatti asseritamente connessi.
Con il secondo motivo il difensore eccepisce il vizio di omessa motivazione in ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle chat e dei documenti di posta elettronica contenuti nell’informativa della Guardia di Finanza del 15 marzo 2024.
Il motivo è inammissibile per aspecificità, in quanto il ricorrente non ha operato la necessaria prova di resistenza, nel denunciare l’inutilizzabilità dei predetti elementi probatori.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali senza indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (ex plurimis: Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME Rv. 243416, fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari).
Con il terzo motivo il difensore deduce che le chat e le fotografie poste a fondamento del provvedimento di sequestro sarebbero state acquisite senza le necessarie garanzie difensive al fine di assicurare la corretta acquisizione della prova informatica.
Il motivo è aspecifico nell’assoluta indeterminatezza dell’indicazione delle garanzie difensive asseritamente violate.
Il ricorrente ha, invero, precisato la censura nella memoria di replica depositata in data 20 settembre 2024, ma queste argomentazioni, che si rivelano tardive, non possono sanare a posteriori l’inammissibilità genetica del motivo di ricorso.
Questo modus procedendi viola, infatti, il principio della necessaria correlazione tra i motivi originariamente dedotti nel ricorso principale e quelli nuovi (ex plurimis: Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295 – 01; Sez. 2, n. 15693 del 08/01/2016, Campiso, Rv. 266441 – 01; Sez. 1, n. 46711 del
14/07/2011, COGNOME Rv. 251412 – 01; Sez. 3, n. 2023 del 13/11/2007 (dep. 15/01/2008), COGNOME, Rv. 238527 – 01).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, statuito che i «motivi nuovi» a sostegno dell’impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585, quarto comma, cod. proc. pen., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, comma 4, cod. proc. pen.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, comma 1, cod. proc. pen.), a pena di inammissibilità, devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 25 febbraio 1998, n. 4683, COGNOME, Rv. 210259; conf., ex plurimis: Sez. 2, n. 17693 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 272821 – 01).
La facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra, dunque, il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicché sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto petitum, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione (Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, COGNOME, Rv. 280294 – 01; Sez. 3, n. 18293 del 20/11/2013 (dep. 05/05/2014), G., Rv. 259740 – 01).
Alla stregua dei rilievi che precedono i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 01/10/2024.