Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20962 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20962 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole, con i primi due motivi, della violazione di legge in relazione agli artt. 468, 492, 493, 431 comma 1, lett. a), 511, comma 4, cod. proc. pen. e al diritto di difesa, con il terzo, della violazione di legge per la manca applicazione del concorso apparente di norme tra l’art. 23, comrni 3 e 4, I. 110/75 e l’art. 697 cod. pen., con il quarto, della violazione in legge in relazione all’art. 6 primo comma, cod. pen. e con l’ultimo motivo, della violazione di legge per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche – perché manifestamente infondate quelle processuali e generiche quelle di merito.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello di Catania nella sentenza impugnata. In essa, invero, si evidenzia che: quanto alla mancata concessione del termine per presentare nuove richieste di prova a seguito del mutamento del giudice, tale termine era stato concesso all’udienza del giugno 2020, e che , di conseguenza, la lista dei testi avrebbe dovuto essere prodotta alla successiva udienza del dicembre 2020, indipendentemente dal nuovo mutamento del decidente; – il difensore di fiducia non può dolersi del consenso prestato all’acquisizione della relazione tossicologica dal difensore d’ufficio nominato in sua assenza, posto che il difensore d’ufficio assume a tutti gli effetti la difesa tecni dell’imputato; – non può essere accolta la richiesta di rinnovazione dibattimentale, in quanto non indispensabile ai fini della decisione l’esame dei testi indicati dal difensore; – risulta acquisita la prova della penale responsabilità del ricorrente, trovato in possesso della sostanza stupefacente caduta in sequestro e dell’arma modificata tenuta all’interno della propria autovettura, perfettamente funzionante; deve ritenersi, come da costante giurisprudenza di legittimità, la detenzione illegale dell’arma da sparo modificata assorbita nel porto in luogo pubblico della medesima arma, essendo contestati come commessi contestualmente; – correttamente è stata ritenuta la penale responsabilità del ricorrente per il delitto di ricettazione, integr ogni qual volta si riceva un bene provento di altro delitto, indipendentemente dalle circostanze che hanno dato luogo al possesso; – vertendosi in materia di arma clandestina, non ricorre l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 648, secondo comma, cod. pen.; – né, in virtù della quantità di sostanza stupefacente rinvenuta e delle modalità di detenzione, è possibile qualificare il fatto di particolare tenuità ai sen dell’art. 131-bis cod. pen.; – l’imputato non è meritevole della concessione delle
circostanze attenuanti generiche, in ragione sia della pluralità dei reati commessi, sia della intrinseca gravità degli stessi, sia, infine, della mancanza di collaborazione processuale mostrata.
Rilevato, pertanto, che il ricorso – che si limita a contestare dette argomentazioni e ad insistere sui propri rilievi, tra cui la prospettazione di un non meglio specificat concorso apparente di norme tra il porto dell’arma modificata e la fattispecie di cui all’art. 697 cod. pen., dichiarata, altresì, estinta per prescrizione dalla Cort territoriale – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.