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Ricorso inammissibile: la Cassazione e i motivi

Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza, si è visto respingere il ricorso dalla Corte di Cassazione. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha confermato che la presenza di precedenti penali specifici giustifica sia una pena più severa, sia il diniego delle attenuanti generiche e della conversione della pena detentiva in pecuniaria.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando Ripetere i Motivi d’Appello Conduce alla Condanna

L’esito di un processo non sempre si conclude con l’appello. Spesso, la difesa tenta un’ultima carta con il ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, questa via non è sempre percorribile. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce in modo netto le conseguenze di un ricorso inammissibile, specialmente quando questo si limita a ripetere argomenti già bocciati. Analizziamo una decisione che, partendo da un caso di guida in stato di ebbrezza, ribadisce principi fondamentali della procedura penale.

I Fatti del Caso

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, comma 2, lettera b) del Codice della Strada. La pena inflitta era di tre mesi di arresto, con l’aggiunta della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per sette mesi. Non soddisfatto della decisione della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione riguardo a tre punti specifici: il trattamento sanzionatorio, la mancata concessione delle attenuanti generiche e il diniego di conversione della pena detentiva in una pena pecuniaria.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Questa decisione non solo ha reso definitiva la condanna, ma ha anche comportato per il ricorrente l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. La Corte ha ritenuto che l’impugnazione non presentasse elementi di novità o critiche specifiche alla sentenza d’appello, limitandosi a una sterile riproposizione di questioni già valutate.

Le Motivazioni: Analisi del Ricorso Inammissibile

La Corte ha basato la sua decisione su consolidati principi giurisprudenziali. La motivazione dell’ordinanza offre spunti cruciali per comprendere i limiti del ricorso in cassazione.

La Ripetitività dei Motivi come Causa di Inammissibilità

Il punto centrale della decisione è la natura del ricorso. I giudici hanno sottolineato che un ricorso inammissibile è tale non solo quando è generico, ma anche quando manca di correlazione con le argomentazioni della sentenza impugnata. Riproporre le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame equivale a ignorare le motivazioni di quest’ultimo. Un simile ricorso viene considerato ‘non specifico’ e, come tale, non può superare il vaglio di ammissibilità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche e il Peso dei Precedenti Penali

La difesa lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha ricordato che, specialmente dopo la riforma dell’art. 62-bis del codice penale, la concessione di tale beneficio non è un automatismo. Il giudice può legittimamente negarle motivando sull’assenza di elementi positivi. Nel caso specifico, la presenza di due precedenti penali specifici a carico dell’imputato non solo faceva venir meno elementi positivi, ma costituiva un elemento negativo concreto, giustificando pienamente la decisione dei giudici di merito.

La Conversione della Pena e la Discrezionalità del Giudice

Anche la richiesta di convertire la pena detentiva in pena pecuniaria è stata respinta sulla base di una motivazione ritenuta adeguata. La giurisprudenza costante afferma che, per negare tale beneficio, è sufficiente fare riferimento ai criteri dell’art. 133 del codice penale, tra cui i precedenti penali. Il richiamo ai precedenti dell’imputato è stato quindi considerato motivazione pienamente sufficiente per negare la conversione, senza necessità di un’analisi dettagliata di ogni singolo parametro.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito. Un ricorso per cassazione deve essere costruito su vizi di legittimità specifici della sentenza impugnata e non può essere una semplice riedizione dell’atto di appello. La decisione ribadisce l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella dosimetria della pena e nella concessione dei benefici, purché la motivazione sia logica e ancorata a elementi concreti, come i precedenti penali. Per la difesa, ciò significa che l’unica strada percorribile è quella di un’analisi critica e puntuale della decisione di secondo grado, evidenziandone le eventuali contraddizioni o violazioni di legge, pena una declaratoria di inammissibilità con conseguente aggravio di spese.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando è fondato su motivi che si limitano a riproporre le stesse ragioni già discusse e respinte dal giudice del precedente grado di giudizio, senza una specifica critica alla motivazione della sentenza impugnata.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
La Corte ha negato le attenuanti generiche a causa della presenza di elementi negativi, in particolare due precedenti condanne specifiche a carico dell’imputato, ritenendo che mancassero circostanze positive per giustificarne la concessione.

È sufficiente menzionare i precedenti penali per negare la conversione della pena detentiva in pecuniaria?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il richiamo ai precedenti penali dell’imputato è una motivazione pienamente sufficiente per negare la conversione della pena detentiva in una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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