Ricorso Inammissibile: Quando la Difesa si Scontra con i Limiti della Cassazione
Affrontare un procedimento legale fino all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione, richiede una strategia precisa. Non basta avere una versione alternativa dei fatti; è necessario dimostrare un errore di diritto. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile nasca proprio dal tentativo di riaprire una discussione sui fatti, un’attività preclusa in sede di legittimità.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per aver violato le prescrizioni imposte da una misura di prevenzione, un reato previsto dall’art. 75 del d.lgs. 159/2011. La sua colpevolezza era stata accertata sulla base del fatto che non aveva risposto al suono del campanello durante un controllo delle forze dell’ordine.
Di fronte alla Corte di Cassazione, l’imputato ha presentato un unico motivo di ricorso, proponendo una lettura alternativa degli eventi. La sua tesi difensiva era semplice: non aveva sentito il campanello non per volontà di sottrarsi al controllo, ma perché in quel momento soffriva di una forte sonnolenza. A suo dire, questa circostanza rendeva plausibile la sua versione dei fatti.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha respinto categoricamente la linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non è entrata nel vivo della questione – ovvero se l’imputato fosse davvero addormentato o meno – ma si è concentrata sulla natura stessa del ricorso. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni proposte erano semplici ‘deduzioni di merito’, ovvero un tentativo di convincere la Corte a rivalutare le prove e i fatti già esaminati dai giudici dei gradi precedenti.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché il ricorso è inammissibile?
La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema giudiziario: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) servono a ricostruire i fatti e a valutare le prove. La Corte di Cassazione, invece, svolge un ‘giudizio di legittimità’. Il suo compito non è decidere chi ha ragione sui fatti, ma verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e che le loro motivazioni siano logiche e non contraddittorie.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse ‘congrua e rispettosa delle regole della logica e delle risultanze processuali’. I giudici di merito si erano già pronunciati sulla tesi della sonnolenza, evidentemente non ritenendola credibile o sufficiente a scagionare l’imputato. Proporla nuovamente in Cassazione equivale a chiedere un terzo giudizio sui fatti, cosa che la legge non consente.
Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque affronti un processo penale. Il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per raccontare la propria versione dei fatti. È uno strumento tecnico volto a far emergere vizi di legge o di logica manifesta nella sentenza impugnata. Tentare di utilizzare questo strumento per ottenere una nuova valutazione delle prove si traduce, come in questo caso, in una dichiarazione di ricorso inammissibile e in ulteriori costi per il ricorrente. La difesa deve quindi concentrarsi non sulla plausibilità di una ricostruzione alternativa, ma sulla dimostrazione di un errore giuridico commesso dai giudici che hanno già valutato il merito della vicenda.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proponeva un’alternativa lettura dei fatti e argomenti di merito (la presunta sonnolenza dell’imputato), attività precluse nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione, che si limita a controllare la corretta applicazione della legge.
Qual era la tesi difensiva dell’imputato?
La difesa sosteneva che l’imputato non aveva udito il suono del campanello non per sua volontà, ma perché soffriva di sonnolenza, rendendo così plausibile la sua versione dei fatti.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 749 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 28/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 749 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TARANTO il 28/04/1974
avverso la sentenza del 08/03/2024 della Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto; dato avviso alle parti;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 8 marzo 2024, con la quale la Corte di appello di Lecce-sezione distaccata di Taranto ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs.n. 159/2011 e lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che con unico articolato motivo il ricorrente propone un’alternativa lettura degli elementi acquisiti, deducendo la plausibilità dell’ipotesi difensiva, secondo la quale l’imputato non aveva udito il suono del campanello anche perchØ soffriva di sonnolenza;
che su queste deduzioni i giudici di merito si sono pronunciati e il ricorrente propone sul punto argomenti di merito preclusi nel giudizio di legittimità;
che la motivazione appare congrua e rispettosa delle regole della logica e delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01);
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
COGNOME