Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9899 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9899 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato a BURREL( ALBANIA) il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOMECUI: CODICE_FISCALE) nato a CUORGNE il DATA_NASCITA
NOME COGNOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato a BURRELMAT( ALBANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di TORINO, in difesa di COGNOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Torino, con la pronuncia indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per la partecipazione, insieme ad altri soggetti per i quali si è proceduto separatamente, a un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione, previa esclusione, per COGNOME, del contestato ruolo di organizzatore nonché della funzione di capo.
Sono state altresì confermate le responsabilità di NOME COGNOME, in merito a plurimi furti in abitazione, di NOME COGNOME, in ordine a molteplici fattispecie furti in abitazione (sia consumati che tentati), e di NOME COGNOME circa una fattispecie in materia di stupefacenti, ancorché riqualificata ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e ritenuta accertata come commessa con riferimento a un minor quantitativo di stupefacente (300 gr) rispetto a quello ascritto in rubrica (1000 gr).
Avverso la sentenza d’appello negli interessi degli imputati, con distinti atti, sono stati proposti ricorsi fondati sui motivi, cui si è aggiunto un motiv nuovo ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati proposti quattro motivi (compreso quello nuovo).
3.1. Con la prima censura si deduce il difetto congiunto di motivazione (in termini di mancanza e/o manifesta illogicità) in ordine alla ritenuta responsabilità in merito alla fattispecie associativa, relativamente tanto alla sussistenza del sodalizio quanto alla partecipazione a esso dell’imputato.
La ritenuta sussistenza dell’associazione sarebbe frutto di un’analisi superficiale degli atti processuali.
I giudici di merito, difatti, avrebbero sostenuto la sussistenza di un vincolo associativo permanente e di una struttura organizzativa in ragione della disponibilità di mezzi (tra cui plurime vetture) che, invece, la Corte territoria avrebbe dovuto considerare non finalizzati alla commissione dei furti. Per il ricorrente le vetture, regolarmente intestate, sarebbero state concesse in uso ai diversi soggetti solo in ragione dei vincoli di amicizia sussistenti tra talun
indagati. L’episodicità delle condotte integranti furti in abitazione e la carenza d un programma criminoso avrebbero altresì dovuto indurre i giudici di merito a ritenere escluso il vincolo associativo permanente in vista di un programma criminoso indeterminato. In particolare, sostiene il ricorrente, gli elementi acquisiti al processo sarebbero suscettibili di lettura e valutazione in termini d meri accordi tra singoli soggetti per l’esecuzione delle accertate fattispecie contro il patrimonio, commesse, a dire del ricorrente, per fronteggiare problemi economici contingenti dei singoli autori e non nell’interesse del sodalizio. A quanto innanzi, sempre circa l’esistenza dell’associazione, si censura l’apparato motivazionale sotteso alla decisione in termini di superficialità per la mancata considerazione dell’accertata non conoscenza reciproca di taluni soggetti invece ritenuti appartenenti al sodalizio.
Sotto il versante partecipativo, invece, il vizio cumulativo di motivazione è dedotto in ragione della mancata considerazione dell’episodicità delle condotte delittuose accertate come tenute dal ricorrente, integranti la commissione di sole tre fattispecie contro il patrimonio. L’episodicità di cui innanzi, per il ricorre emergerebbe in particolare da una diversa, questa sì, corretta valutazione degli esiti delle attività d’intercettazione di conversazioni e comunicazioni. Gli elementi emersi, invece, sarebbero stati posti dai giudici di merito a fondamento dell’accertata condotta partecipativa di NOME COGNOME, compreso il ruolo attribuito all’imputato quale soggetto deputato a «piazzare» i proventi dei furti, trattandosi di condotta anch’essa isolata.
Simili censure, sempre per il motivo in esame, si appuntano in merito all’apparato motivazionale relativo alla sussistenza dell’elemento soggettivo in termini di dolo di partecipazione.
La chiara e sicura volontà di NOME COGNOME di partecipazione al sodalizio mediante un contributo concreto al raggiungimento dello scopo sociale, in particolare, sarebbe esclusa dalla corretta valutazione degli stessi elementi probatori che, invece, i giudici di merito avrebbero valorizzato in termini opposti, in particolare gli esiti dell’attività di intercettazione ai quali il ricorrente, e di lui i giudici di merito, fanno specifico riferimento.
3.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e difetto cumulativo di motivazione (in termini di mancanza e/o manifesta illogicità) per aver la Corte territoriale confermato il giudizio di esclusione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., in ragione della mancata riparazione integrale del danno, e non operato la riduzione per le circostanze attenuanti generiche nel massimo consentito, senza dare il giusto peso al significato della condotta parzialmente riparatoria in termini di ravvedimento.
3.3. Con la terza censura, in uno con il motivo nuovo ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., si deduce la violazione dell’art. 20-bis cod. pen., per non aver il giudice d’appello sostituito la pena detentiva con la detenzione domiciliare in ragione della concessione (già all’esito del primo grado) del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il ricorrente, dopo aver ritenuto la correttezza dell’assunto di cui innanzi, sostiene che la Corte, nonostante l’assenza di specifica richiesta in tal senso da parte della difesa, avrebbe potuto «concedere la sostituzione della sospensione condizionale della pena … con la pena della detenzione domiciliare». Ciò irkonsiderazione della sussistenza, a suo dire, di circostanze, in merito alle quali il giudicante avrebbe potuto effettuare le opportune verifiche, che avrebbero implicato la revoca, ex art. 163, ultimo comma, cod. pen., del già concesso beneficio. Il giudice di merito avrebbe in particolare potuto rinviare la trattazion del processo al fine di richiedere il consenso all’imputato ovvero decidere autonomamente.
Con il motivo unico di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si deducono la violazione di legge (l’art. 416 cod. pen.) e il difetto cumulativo di motivazione (in termini di contraddittorietà e manifesta illogicità) in merito all’accertata GLYPH responsabilità GLYPH dell’imputato GLYPH per la GLYPH fattispecie associativa (nonostante la riqualificazione in mera partecipazione).
L’imputato, si sostiene nel ricorso, al quale non sarebbero stati ascritti reatifine, sarebbe stato effettivamente un punto di riferimento per i sodali, come accertato dai giudici di merito anche all’esito della valutazione degli elementi emergenti dalle intercettazioni, ma non per il perseguimento degli scopi dell’associazione bensì per la sua mera conoscenza della lingua italiana. Ritenere altresì, come avrebbe fatto la Corte territoriale, l’intervento dell’imputato i occasione del sequestro di un’auto utilizzata dal sodalizio sintomatico di un ruolo di «vertice» all’interno dell’associazione, sarebbe affermazione in insanabile contrasto con la successiva derubricazione in termini di mera partecipazione.
Con il motivo unico di ricorso proposto nell’interesse di NOME si deducono la mancanza di motivazione e comunque’ la manifesta illogicità della stessa nonché l’erronea applicazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen. per l’apoditticità della decisione di non accogliere l’istanza di sostituzione della pena detentiva.
Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e il motivo unico fondante il ricorso di NOME COGNOME, che si appuntano sulla ritenuta responsabilità degli imputati con riferimento alla fattispecie associativa, sono suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle sottese questioni e della comunanza dei vari profili d’inammissibilità che li caratterizzano.
2.1 In primo luogo, l’inammissibilità deriva dall’assorbente considerazione per cui, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati a pag. 6 e ss. della parte motiva della sentenza impugnata), le censure in esame sono fondate esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 8 e ss.), dovendosi quindi le stesse considerarsi non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
4.2. Laddove le censure lambiscono l’apparato argomentativo della sentenza impugnata esse si presentano inammissibili ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducenti motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità perché costituiti da doglianze in fatto, con le quali si censurano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584, oltre che, Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, COGNOME, in motivazione; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Ci si riferisce, in particolare, al tentativo (nei termini sintetizzati ai parag 3.1. e 4. del precedente «Ritenuto in fatto») di rivalutare il compendio probatorio emergente dagli esiti delle attività di osservazione e controllo eseguite dalla polizia giudiziaria, culminate anche nel sequestro di un veicolo destinato e concretamente utilizzato dal sodalizio per la realizzazione dei reati scopo, valutati dai giudici di merito in uno con gli esiti delle intercettazioni. In for
dell’inammissibile «giudizio» del ricorrente NOME COGNOME, difatti, la disponibilità di mezzi (tra cui plurime vetture) che, peraltro, la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare non finalizzati alla commissione dei furti, sarebbe giustificata solo da vincoli di amicizia tra taluni indagati, autori di singoli furti commessi solo fine di fronteggiare problemi economici contingenti dei relativi soggetti attivi. Secondo l’altrettanto inammissibile lettura del materiale probatorio cui è invece giunto NOME COGNOME, l’imputato (attuale ricorrente) sarebbe stato sì un punto di riferimento per gli altri indagati ma non in merito al perseguimento degli scopi del sodalizio (la cui sussistenza non è da egli contestata) in quanto determinata solo dalla sua conoscenza della lingua italiana.
4.3. Il riferimento di cui innanzi deve intendersi altresì al ricorrente tentativ di sostituire a quella del giudice di merito diverse valutazioni degli esiti dell comunicazioni captate, fondanti le accertate responsabilità in merito alle fattispecie contestate. Ciò, peraltro, in ordine a un apparato motivazionale che non si mostra manifestamente illogico anche laddove si ricavano dagli esiti delle intercettazioni il ruolo attribuito ad NOME COGNOME, quale sodale deputato anche a «piazzare» i proventi dei furti, nonché le istruzioni indirizzate da NOME COGNOME ad altro sodale per la gestione della situazione conseguente al sequestro di una delle vetture utilizzate per gli scopi associativi.
In materia di intercettazioni telefoniche, difatti, costituisce questione d fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 4, n. 16098 del 2023, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 2644 dep. 2023, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 2022, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 29076 del 22/07/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 15503 del 22/03/2022, Riitano, in motivazione; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337-01).
Ne consegue che la prospettazione di un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito, come COGNOME propongono i ricorrenti con i profili di ricorso che si appuntano sugli esiti delle indagini tecniche, è ammissibile in sede di legittimità solo i presenza del travisamento della prova, ossia nel caso, non ricorrente nella specie e neanche dedotto, in cui sia stato indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. 4, n. 2644 dep. 2023, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 2022, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 29076 del 2022, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 15503 del 2022, Riitano, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 34439 del 02/07/2019,
dep. 2020, COGNOME, in motivazione; Sez. n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME Maro, Rv. 272558).
4.4 Altri profili di censura, invece, si mostrano inammissibili in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla motivazione della sentenza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, venendo così meno, in radice, l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 2023, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 2022, COGNOME, cit., i motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
NOME COGNOME, anche nel formulare il secondo motivo di ricorso, non confronta il suo dire con la ragione fondante la conferma del trattamento sanzionatorio. Essa è difatti motivata (pag. 12 della sentenza impugnata), diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, anche in considerazione della corretta esclusione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., per il no integrale risarcimento del danno (ex plurimis, Sez. 5, n. 7826 del 30/11/2022, dep. 2023, Boyic, Rv. 284224) e delle circostanze attenuanti generiche. Queste ultime sono state difatti ritenute prevalenti, anche in ragione di quanto dedotto dall’appellante circa il parziale risarcimento dei danni, ma non tali da
determinare la massima riduzione prevista in considerazione della condotta di vita anteatta di soggetto con precedenti per reati specifici anche in Germanie e in Austria.
Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME, in uno con il motivo nuovo, e il motivo unico del ricorso di NOME, suscettibili di trattazione congiunta i quanto si appuntano sulla mancata sostituzione delle pene detentive, sono inammissibili.
6.1. NOME COGNOME, in estrema sintesi, deduce l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale, in violazione dell’art. 20-bis cod. pen., per aver escluso la sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare in ragione della concessione (già all’esito del primo grado) del beneficio della sospensione condizionale della pena. Si tratterebbe di beneficio che, invece, la Corte territoriale avrebbe dovuto revocare d’ufficio, ex art. 163 cod. pen., in ragione della concessione del beneficio già ottenuta con una sentenza emessa dalla Corte d’appello di Torino e passata in giudicato.
Il motivo in esame oltre che inammissibile in quanto aspecifico, perché non indicante la sentenza a pena sospesa passata in giudicato che invece si limita a richiamare con il mero riferimento alla Corte d’appello che l’avrebbe emessa (quella di Torino), è manifestamente infondato. Dal certificato del casellario giudiziale agli atti risulta difatti una sentenza di condanna dell’imputato emessa il 26 febbraio 2020 dalla Corte d’appello di Torino e passata in giudicato in forza della parziale dichiarazione d’inammissibilità del ricorso da parte di Sez. 4, n. 38613 del 05/10/2021. Proprio l’indicata sentenza di legittimità ha però annullato, senza rinvio, la citata sentenza di merito limitatamente alla statuizione concernente la sospensione condizionale della pena, contestualmente revocandola. Ne consegue dunque l’insussistenza del presupposto logicogiuridico che lo stesso ricorrente pone a fondamento della censura: la precedente concessione del beneficio della sospensione delle pena che avrebbe implicato la revoca d’ufficio dell’ulteriore beneficio concesso.
6.2. NOME COGNOME deduce il difetto assoluto di motivazione (per la relativa apoditticità) circa il rigetto dell’istanza di sostituzione della detentiva e contestualmente la manifesta illogicità della stessa.
La censura è inammissibile non solo perché contraddittoria, in quanto deducente tanto il difetto assoluto di motivazione quanto l’illogicità (peraltro senza chiarirne i termini) della stessa motivazione in merito al medesimo profilo e senza chiarirne i termini, ma anche in forza del mancato confronto con la sentenza impugnata che, dunque, non può ritenersi sul punto criticata.
La Corte territoriale, difatti, con motivazione esente da censure in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogica, esplicita l’iter logico-giuridico sotteso al rigetto dell’istanza laddove, al paragrafo 5.2. di pag. 17 della sentenza impugnata, fa specifico riferimento all’inadeguatezza delle pene sostitutive ai fini di prevenzione speciale COGNOME in termini di inadeguatezza rispetto alla funzione di rieducazione.
In conclusione, all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa d inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 gennaio 2024