Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33537 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 33537  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME, nato in Nigeria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del  AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte d’appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza emessa in data 12 settembre 2023 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma riducendo la pena ad anni nove di reclusione, confermando nel resto la condanna per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ascrittogli al capo A), e per i reati di cui all’art. 73, comm 4, del citato d.P.R. n. 309/1990, per avere concorso nell’acquisto ai fini della
cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo “marijuana” per quantità pari a diversi chilogrammi, ascritti ai capi B 17), B 18), B 19), B 21) e B 22).
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione in ordine all’accertamento della responsabilità per il reato associativo.
Al riguardo si osserva che la Corte di appello con un apparato motivazionale apparente non ha tenuto conto dei rilievi difensivi dedotti con i motivi di appello . afferenti: 1) alla brevità dell’arco di tempo in cui nelle indagini è comparso l’imputato dal 28/11/2028 al 8/12/2018; 2) al fatto che la sua utenza non è stata oggetto di intercettazione; 3) alla commissione di sole cinque condotte di cessione a fronte delle ventiquattro totali.
In definitiva, secondo il ricorrente sarebbe mancato un approfondimento della episodicità del contributo offerto al sodalizio e in merito all’accertamento dell’affectio societatis.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in merito all’addebito dei reati-fine, in assenza di sequestri riferiti ag episodi contestati al ricorrente e di elementi evincibili dalle intercettazioni sul pes delle sostanze espresso in chilogrammi.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in merito alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90, considerato che l’unico sequestro avvenuto nel mese di dicembre del 2018 non poteva rappresentare il riscontro dei quantitativi trattati nelle conversazioni intercettate riferite all’imputato, da ritenersi perciò compatibil con il comma quinto.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in merito alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, senza un approfondimento della posizione del ricorrente, coinvolto in soli cinque dei ventiquattro episodi emersi dalle intercettazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per genericità di tutti i motivi dedotti, rivolti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio, rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Con riferimento ai primi due motivi, quanto alla identificazione dell’imputato, nella sentenza è contenuta una disamina attenta delle risultanze istruttorie e delle modalità che hanno permesso di accertare l’utilizzo esclusivo da parte dell’imputato dell’utenza telefonica sulla quale sono state intercettate le conversazioni con i fornitori albanesi della sostanza stupefacente e dal cui tenore è emersa la prova certa di accordi finalizzati ad assicurare le forniture di quantitativi di diversi chili di sostanza stupefacente del tipo marijuana, nel contesto di una associazione composta da soggetti di nazionalità nigeriana, dedita alla commercializzazione in territorio nazionale ed estero della sostanza stupefacente, con base logistica nell’abitazione di INDIRIZZO.
Secondo l’incontrastata giurisprudenza di legittimità, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
Nella sentenza impugnata, che conferma quella di primo grado in punto di responsabilità, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto con argomentazioni coerenti con le quali il ricorrente non si confronta sia con riferimento alle modalità di rifornimento della sostanza stupefacente e sia con riferimento al dato ponderale delle singole operazioni di acquisto e cessione di sostanza stupefacente, ricostruite grazie alle intercettazioni telefoniche correttamente interpretate senza travisamenti.
Va a tale riguardo osservato che, in sede di legittimità, è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile» (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 dep. 2018, COGNOME Maro, Rv. 272558; sul punto anche Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 dep. 2014, Napoleoni, Rv. 259516), sicché sono inammissibili, come nel caso in esame, le generiche censure sviluppate nel ricorso in merito alla presunta illogicità dell’interpretazione offerta dai giudici di merito
Ciò perché l’interpretazione delle conversazioni intercettate, anche quando il linguaggio utilizzato sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimes alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione all massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Le medesime considerazioni devono ripetersi per il terzo motivo dedotto in merito al diniego della riqualificazione dei fatti ai sensi del comma quinto dell’art 73 T.U. Stup., avendo i giudici di merito fornito esauriente giustificazione delle ragioni della decisione, basata sul dato ponderale delle singole operazioni riferite ad acquisti per importi elevati di migliaia di euro.
Anche in questo caso il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in riferimento ai presupposti della ipotesi del fatto tenue di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. cit. non evidenzia la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, non consentito in sede di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttur razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio.
A tale riguardo, fermo restando il principio di diritto ormai stabilizzato, all stregua del quale l’ipotesi del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P. 9 ottobre 1990, n. 309, non è incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativa, deve rilevarsi che nel caso di specie l’esclusione della lievità del fatto è stata operata sulla base del rilevant quantitativo di sostanza stupefacente trattata, corrispondente ad importi elevati, senz’altro incompatibili con l’ipotesi invocata del fatto di lieve entità.
Si deve, quindi, ribadire il principio secondo cui in tema di stupefacenti, anche in assenza di una perizia o di un accertamento tecnico, la qualità e la quantità del principio attivo di una sostanza drogante possono essere desunte anche da altre fonti di prova acquisite agli atti (Sez. 4, n. 22238 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259157; Sez. 3, n. 15137 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 275968), e nella specie dalle intercettazioni telefoniche e dalle attività di riscontro circa la serie degli accordi illeciti intercorsi tra le parti per l’acquisto di sostanze stupefacent prezzi ritenuti congrui rispetto al valore di mercato, in assenza di elementi indicativi di lamentele o rimostranze da parte degli acquirenti per la cattiva qualità della sostanza stupefacente.
Il quarto motivo, con il quale si lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è ugualmente inammissibile.
A fronte di generiche deduzioni difensive – sostanzialmente riprodotte con il ricorso per cassazione – la Corte d’appello ha correttamente evidenziato come la rilevanza del contributo offerto dall’imputato alle finalità del sodalizio per
quantitativi rilevanti di sostanza stupefacente oggetto di plurime forniture non consente di apprezzare concreti elementi in suo favore.
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art.62-bis cod. pen., disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986) ma si richiedono invece elementi di segno positivo.
Al contrario, come già sottolineato, nessun elemento positivo è stato individuato nelle prospettazioni del ricorrente, avuto riguardo alla rilevanza del ruolo svolto in seno al sodalizio criminoso, oggetto di un ridimensionamento da parte della difesa attraverso una rilettura non consentita delle emergenze istruttorie.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare ciascuno una somma in favore della Cassa delle ammende, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’11 settembre 2025
Il Con 4jiere estensore
Il President