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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma la pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per la violazione del D.Lgs. 159/2011. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero una mera riproposizione di questioni già decise in appello. Ha confermato la correttezza del diniego delle attenuanti generiche e la valutazione della pena, basata sui gravi precedenti penali dell’imputato, tra cui associazione mafiosa e traffico di stupefacenti.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma la pena per gravi precedenti

Quando un imputato si rivolge alla Corte di Cassazione, l’organo supremo della giustizia italiana, spera di ottenere una revisione della propria condanna. Tuttavia, non sempre il ricorso viene esaminato nel merito. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la condanna di un soggetto e ribadendo importanti principi sulla valutazione della pena e sulla concessione delle attenuanti.

I fatti del caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo a un anno e otto mesi di reclusione per la violazione di una norma prevista dal Codice Antimafia (art. 75, comma 2, D.Lgs. 159/2011). La sentenza, emessa dal Tribunale di Napoli, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello della stessa città.

L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando una serie di questioni che, tuttavia, ricalcavano quelle già presentate e respinte nel giudizio di secondo grado. Questo aspetto si rivelerà cruciale per l’esito finale del procedimento.

La decisione e le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati manifestamente infondati, portando a una dichiarazione di inammissibilità. Vediamo nel dettaglio le ragioni alla base di questa pronuncia.

Il diniego delle circostanze attenuanti generiche

Uno dei punti contestati dall’imputato era il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito abbiano correttamente negato tale beneficio. In assenza di elementi positivi concreti portati dalla difesa, il giudice non è tenuto a concedere le attenuanti. La decisione si allinea con un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la concessione delle attenuanti non è un automatismo, ma deve essere giustificata da specifici fattori meritevoli di considerazione.

La valutazione della recidiva e della pena

La Corte ha inoltre confermato la correttezza del ragionamento seguito per determinare l’entità della pena. I giudici di merito avevano tenuto conto della ‘recidiva’, ovvero della tendenza dell’imputato a commettere nuovamente reati. In questo caso, la valutazione è stata basata sulla ‘omogeneità’ della violazione contestata con i gravissimi precedenti penali del soggetto, che includevano condanne per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e armi.

Questo ‘vissuto criminale’ è stato legittimamente utilizzato come parametro per la determinazione della pena, in conformità con i criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, che impone al giudice di considerare la capacità a delinquere del reo. La motivazione dei giudici di merito è stata quindi ritenuta congrua, logica e rispettosa delle risultanze processuali.

Le conclusioni

La dichiarazione di ricorso inammissibile ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche ulteriori conseguenze per il ricorrente. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio dove riesaminare i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge. La riproposizione di motivi già rigettati, senza l’indicazione di vizi specifici della sentenza impugnata, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una semplice riproposizione delle questioni già esaminate e rigettate dalla Corte d’appello, senza sollevare vizi di legittimità specifici della sentenza impugnata.

Su quali basi sono state negate le circostanze attenuanti generiche?
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate in assenza di elementi positivi che potessero giustificarne la concessione, in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente della dichiarazione di inammissibilità?
Oltre alla condanna definitiva, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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