Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13702 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13702 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2023 della CORTE di APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore, AVV_NOTAIO, in difesa di COGNOME NOME E COGNOME NOME, che, dopo breve discussione, ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma con sentenza del 27/10/2023 – in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma in data 7/3/2023, che aveva condannato NOME COGNOME ed NOME COGNOME per i reati loro ascritti -, ritenuti i reati di cui ai capi A) assorbiti in quello di cui al capo D) ed esclusa la natura infraquinquennale della recidiva contestata ad NOME COGNOME, rideterminava le pene inflitte ad entrambi gli imputati e confermava nel resto la sentenza impugnata.
Gli imputati, a mezzo del difensore, hanno interposto ricorso per
cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. peri., in relazione ai reati di cui ai ca A) e D), sotto un duplice profilo: la Corte territoriale avrebbe utilizzato dichiarazioni rese in sede di denuncia dalle persone offese senza l’ausilio di un interprete, ma solo con la mediazione linguistica di un ufficiale di polizi giudiziaria, di cui non si indicano le specifiche competenze, di talchè si sarebbe in presenza di una ipotesi di atti affetti da inuItilizzabilità patologica; eccepiscon sotto il secondo profilo, il travisamento della prova in relazione alla ricostruzione degli accadimenti, evidenziando che i giudici di appello avrebbero male interpretato il filmato versato in atti, realizzato da un terzo soggetto presente a fatti, cedendo ad impressioni del tutto personali che non trovano riscontro nelle emergenze fattuali.
2.1 Con il secondo motivo lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., con riferimento al reato di cui al capo B). Rileva difesa che, a seguito della entrata in vigore del D.Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, il delitto di lesioni personali volontarie è diventato perseguibile a querela; che entro il termine del 30/3/2023 la persona offesa non ha sporto querela, di talchè la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare il reato improcedibile.
2.2 Con il terzo motivo deducono la violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione al reato di cui al capo D), evidenziando per un verso il travisamento delle emergenze probatorie in relazione ad un audio attribuito ad NOME COGNOME, rispetto al quale non è stato svolto alcun accertamento e per altro verso la mancata valutazione di prove documentali che escluderebbero la responsabilità del ricorrente di cui si discute, segnatamente la circostanza che il file audio reca l’orario di registrazione delle 11.02, mentre il verbale sarebbe stato redatto alle ore 10.50. Rilevano, altresì, che la voce incisa non è riconducibile ad NOME COGNOME e che in ogni caso il tenore delle affermazioni non pare sintomatico di una vicenda estorsiva.
2.3 Con il quarto motivo lamentano la violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. peri., in relazione alla ritenuta recidiva di cui all’art. 99, comma secondo, n. 1, cod. pen., non essendo i precedenti penali annotati nei casellari giudiziali dei due ricorrenti della stessa indole d quelli per cui si procede, nonché omessa motivazione sul punto, auspicando un nuovo giudizio di bilanciamento tra circostanze a seguito dell’esclusione della recidiva che consenta di pervenire alla irrogazione di una pena finale da contenersi nel minimo edittale concedibile.
2.4 Con il quinto motivo eccepiscono la violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., non avendo valutato la Corte territoriale il possibile diverso bilanciamento tra circostanze aggravanti eci attenuanti, tenuto
conto che trattasi «di spacconate senza danno reale e contestate estorsioni di pochi euro» per le quali la pena comminata è stata troppo severa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1.1 II primo profilo del primo motivo è manifestamente infondato.
Va innanzitutto premesso che la mancata nomina di un interprete non è causa di inutilizzabilità né di nullità delle dichiarazioni rese da persona alloglott che non conosca la lingua italiana, con la conseguenza che le stesse hanno piena validità qualora il dichiarante sia stato assistito da persona in grado di tradurne le espressioni, non occorrendo che quest’ultima sua iscritta nell’albo degli interpreti (Sezione 5, n. 18280 del 13/2/2020, S., Rv. 279276 – 01; Sezione 3, n. 44441 del 2/10/2013, P., Rv. 257597 – 01; Sezione 5, n. 17967 del 22/1/2013, Ennassiri, Rv. 256888 – 01). Ciò posto, osserva il Collegio che nel caso che si sta esaminando vi sia anche un elemento ulteriore che depone per l’utilizzabilità delle dichiarazioni in discorso, tenuto conto che gli imputati son stati giudicati con rito abbreviato richiesto all’udienza preliminare. In tal caso, mente dell’art. 438, comma 6-bis, cod. proc. pen. non sono rilevabili questioni relative alla inutilizzabilità, salvo quelle derivanti dalla violazione di un div probatorio, ipotesi quest’ultima che all’evidenza non ricorre nel caso di specie.
1.1.1 II secondo profilo del primo motivo non è consentito dalla legge, in quanto costituito da mere doglianze di fatto, tutte finalizzate a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. E), cod. proc. pen., dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Cor di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimità, infatti, è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fin della decisione. In altri termini, eccede dai limiti di cognizione della Corte cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni de predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sezione 3, n. 17395 del 24/1/2023, COGNOME, Rv. 284556 01; Sezione 5, n. 26455 del 9/6/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/2/21, COGNOME, Rv. 280747 – 01; Sezione 5, n. 48050 del 2/7/2019, S., Rv. 277758 – 01; Sezione 3, n. 18521 del 11/1/2018, COGNOME, Rv. 273217 – 01; Sezione 6, n. 5146 del 16/1/2014, COGNOME, Rv. 258774 – 01; Sezione 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099 – 01).
Dunque, il dissentire dalla ricostruzione compiuta dai giudici di merito ed il voler sostituire ad essa una propria versione dei fatti, costituisce una mera censura di fatto sul profilo specifico dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, anche se celata sotto le vesti di pretesi vizi di motivazione o di violazione di legge penale, in realtà non configurabili nel caso in esame, posto che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un esaustivo percorso argomentativo, contraddistinto da intrinseca coerenza logica.
Peraltro, la sentenza impugnata in relazione alla ricostruzione dei fatti ascritti agli imputati costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte dellia sentenza d’appello a quella del Giudice dell’udienza preliminare, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sezione 2, n. 6560 del 8/10/2020, COGNOME, IRv. 280654 – 01).
Deve esser evidenziato, inoltre, che i motivi sono reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del material probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale, che ha evidenziato come l’interpretazione che la difesa offre del video versato in atti sia frutto di deduzioni, di «impressioni» di «mere ipotesi», che non trovano riscontro nell’incarto processuale; che l’unica discrasia tra quanto risulta dal filmato e quanto dichiarato dalla persona offesa ha ad oggetto il comportamento degli imputati una volta che NOME COGNOME si trovava a terra dopo essere stato attinto da violenti pugni, atteso che dal video non risulta che lo avessero ulteriormente colpito; che, tuttavia, questo contrasto è stato giustificato con il ricordo fallace in ragione della concitazione de momento, che può aver falsato la percezione della persona offesa, così come
l’affermazione di essere stato colpito al volto, mentre risull:a che fu colpito capo da tergo, risulta essere il frutto di una imprecisione linguistica; che, in ogn caso, le dichiarazioni della persona offesa hanno trovato ulteriori conferme in quelle rese da terzi soggetti, puntualmente indicate. Tratl:asi di motivazione congrua ed immune da vizi logici, in quanto tale non sindacabile in sede di legittimità.
1.2 Manifestamente infondato è il secondo motivo, relativo alla assenza della condizione di procedibilità in relazione al reato contestato al capo B). In proposito, è sufficiente rilevare che le lesioni personali volontarie sono aggravate ai sensi degli artt. 585 e 576, comma primo, n. 1, con riferimento all’art. 61 n. 2 cod. pen., di talchè – anche a seguito della novella di cui al d. Igs. n. 150 de 2022 – restano perseguibili d’ufficio.
1.3 Il terzo motivo è aspecifico, perché si confronta solo apparentemente con la motivazione del provvedimento impugnato, che a pagina 8 evidenzia – tra l’altro – che la redazione del verbale ebbe inizio alle ore 10.50, di talchè l consegna ad NOME COGNOME si verificò certamente in un orario successivo, pienamente compatibile con l’orario delle 11.02 che reca il file audio; che la prova che le frasi contenute nella registrazione furono pronunciate proprio dal ricorrente in discorso è data dall’annotazione di polizia giudiziaria; che, del resto nel corso del processo l’imputato non ha mai negato di averle proferite.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravarne o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugniazione (Sezione 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sezione 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sezione 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sezione 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME Rv. 236945 – 01).
1.4 Il quarto ed il quinto motivo – attinenti alla recidiva ed al giudizio bilanciamento delle circostanze – sono manifestamente infondati e possono essere trattati congiuntamente.
Con riferimento alla recidiva, deve rilevarsi che è corretta la statuizione della Corte territoriale, in considerazione della circostanza per cui entrambi gli imputati sono gravati da precedenti penali per lesioni volontarie, dunque, analoghi a quello di cui al capo b).
Le circostanze attenuanti generiche – in ragione del divieto di prevalenza di cui all’art. 69, comma quarto, cod. pen. – sono state ritenute equivalenti alla recidiva reiterata specifica ed alla circostanza aggravante di cui all’art. 629,
comma 2, cod. pen., nonostante la evidenziata della gravità dei fatti, che i giudici di appello hanno desunto dal clima di preoccupazione e di paura derivante dalla presenza costante di entrambi gli imputati nel sito archeologico del Colosseo e dal loro atteggiamento prepotente, arrogante e violento, tenuto addirittura nei confronti delle forze dell’ordine.
All’inammissibilità dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 8 marzo 2024.