Ricorso inammissibile: la conferma della condanna quando i motivi sono generici
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguente conferma della decisione precedente. Analizzeremo come la Suprema Corte abbia ritenuto i motivi del ricorso manifestamente infondati, generici e meramente ripetitivi di argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito, fornendo importanti indicazioni sulla corretta redazione di un ricorso per cassazione.
I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione
Una persona condannata dalla Corte d’Appello di Venezia ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali. In primo luogo, lamentava presunte violazioni di norme processuali (art. 420 ter c.p.p.), sostenendo un vizio di motivazione. In secondo luogo, contestava la qualificazione giuridica dei reati (artt. 640 e 628 c.p.) e la sussistenza di un’aggravante (art. 61 n. 5 c.p.), denunciando una violazione di legge e un difetto di motivazione. Infine, criticava la mancata concessione delle attenuanti generiche (art. 62 bis c.p.), anche in questo caso per carenza di motivazione da parte della Corte territoriale.
L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi e li ha giudicati, nel loro complesso, inammissibili. Vediamo nel dettaglio perché ogni punto del ricorso è stato respinto.
Il primo motivo: violazioni processuali smentite
La Suprema Corte ha ritenuto il primo motivo manifestamente infondato. La contestazione riguardava una presunta violazione di norme processuali che, secondo i giudici, era stata palesemente smentita dagli atti del processo. Inoltre, non si trattava di nullità assolute o di inutilizzabilità patologica, gli unici vizi così gravi da poter essere eccepiti in ogni stato e grado. La Corte ha anche sottolineato come questo motivo fosse una semplice reiterazione di questioni già sollevate e puntualmente respinte dai giudici di merito, come indicato a pagina 4 della sentenza impugnata.
Il secondo motivo: reiterazione e mancanza di specificità
Anche il secondo motivo, relativo alla qualificazione giuridica dei reati e all’aggravante, è stato considerato infondato. I giudici di legittimità hanno osservato che le argomentazioni erano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già presentate in appello e motivatamente respinte. Il ricorso, su questo punto, è stato giudicato non specifico, ma solo apparente, perché ometteva di svolgere una critica argomentata e mirata contro la sentenza d’appello. In pratica, l’imputata non ha spiegato perché la motivazione della Corte d’Appello fosse sbagliata, ma si è limitata a ripetere le sue tesi. La Cassazione ha richiamato le pagine 5, 6 e 7 della sentenza per mostrare dove la Corte d’Appello aveva già risposto a tali questioni.
Il terzo motivo: genericità sulla richiesta di attenuanti
Infine, il terzo motivo, riguardante le attenuanti generiche, è stato definito generico. La ricorrente non si è confrontata con la motivazione specifica fornita dalla Corte territoriale sul punto (pagine 7 e 8 della sentenza impugnata), limitandosi a una doglianza astratta senza attaccare le ragioni concrete che avevano portato i giudici a negare il beneficio.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale della Corte di Cassazione risiede nel principio secondo cui un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione che si impugna. Non è sufficiente riproporre le medesime questioni già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Un ricorso che si limita a fare ciò è considerato ‘apparente’, perché non assolve alla sua funzione tipica, che è quella di evidenziare errori specifici (di legge o di motivazione) nella sentenza impugnata. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché ogni motivo presentato mancava di questa specificità, risolvendosi in una sterile ripetizione di argomenti già sconfessati.
Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza
Questa decisione ribadisce una regola fondamentale del processo penale: per avere successo in Cassazione, non basta essere in disaccordo con la sentenza d’appello, ma è necessario dimostrare, con argomenti precisi e pertinenti, dove e perché i giudici di merito hanno sbagliato. Un ricorso generico o ripetitivo non solo non ha possibilità di essere accolto, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la condanna.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso viene considerato inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, generici, meramente ripetitivi di questioni già respinte nei gradi di merito, oppure quando non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza che si sta impugnando.
È sufficiente riproporre in Cassazione le stesse argomentazioni già presentate in appello?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la ‘pedissequa reiterazione’ di motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi rende il ricorso non specifico ma solo apparente, e quindi inammissibile. È necessaria una critica argomentata e mirata contro la sentenza d’appello.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2201 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2201 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contestano il vizio motivazionale e l’inosservanza dell’art. 420 ter cod. proc. pen., è manifestamente infondato poiché afferente a supposta violazione di norme processuali, palesemente smentita dagli atti e non relativa a nullità assolute o inutilizzabilit patologica, oltre che meramente reiterativo di questioni già dedotte e puntualmente disattese dai giudici di merito a pag. 4 della sentenza impugnata;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione di legge e il difetto motivazionale in relazione agli artt. 640, 628 e 61 n. 5, cod pen., è del pari fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (si vedano, in particolare, pagg. 5, 6 e 7 della sentenza impugnata sulla qualificazione giuridica della rapina e sull’aggravante contestata);
tenuto conto che il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge e la carenza motivazionale in ordine all’art. 62 bis cod. pen., è generico perché non si confronta con la motivazione sul punto della corte territoriale (si vedano, in particolare, pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12/12/2023 Il Consigliere Estensore