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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato in appello per coltivazione di sostanze stupefacenti e furto di energia elettrica. L’imputato sosteneva che la sua condanna fosse basata su mere presunzioni e su una errata valutazione delle prove. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, affermando che non è sua competenza riesaminare i fatti, ma solo verificare la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Poiché i giudici di merito avevano fondato la condanna su prove concrete (spostamenti, intercettazioni) e la motivazione era coerente, il ricorso è stato giudicato un tentativo di ottenere un nuovo processo, e quindi dichiarato inammissibile con condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna Senza Riesaminare i Fatti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11827 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Questa pronuncia offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del ricorso alla Suprema Corte, dichiarando un ricorso inammissibile e confermando la condanna per coltivazione di stupefacenti e furto di energia. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le ragioni di questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver partecipato, in concorso con altri soggetti, a una vasta attività illecita. Le accuse riguardavano la coltivazione di circa 500 piante di marijuana e la detenzione di oltre 6.600 grammi della stessa sostanza a fini di spaccio. A questo si aggiungeva il reato di furto aggravato di energia elettrica, necessaria per alimentare la complessa e tecnologicamente avanzata struttura della piantagione.

La Corte di Appello di Ancona, pur riformando parzialmente la pena, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato, basandosi su un solido quadro probatorio raccolto durante le indagini e il dibattimento.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando principalmente due aspetti:

1. Erronea applicazione della legge e vizio di motivazione: Secondo la difesa, la condanna si fondava su presunzioni inconsistenti e non dimostrate, nonché su prove (intercettazioni e dichiarazioni) prive di chiarezza. Si sosteneva che la colpevolezza fosse stata dedotta unicamente dalla conoscenza con i coimputati, senza una prova concreta del suo contributo effettivo. Per il furto di energia, si evidenziava la mancanza delle competenze tecniche necessarie da parte del ricorrente.
2. Pena eccessiva: La difesa riteneva la pena sproporzionata rispetto alla condotta effettivamente tenuta e non correttamente graduata secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale.

La Decisione della Suprema Corte: il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine: il ruolo della Cassazione è quello di giudice della legittimità, non del merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare le prove o proporre una ricostruzione dei fatti alternativa a quella dei giudici di primo e secondo grado. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria.

In questo caso, il ricorso è stato considerato un tentativo mascherato di ottenere una nuova valutazione delle prove, cosa preclusa in sede di legittimità. I motivi di ricorso sono stati giudicati generici e non in grado di confrontarsi specificamente con le dettagliate argomentazioni contenute nelle sentenze di merito.

Le motivazioni

La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero costruito la condanna su plurimi e concreti elementi di prova. La cosiddetta “doppia conforme” (la conferma della condanna in appello) si basava su un’analitica ricostruzione degli spostamenti del ricorrente, sulle conversazioni intercettate che ne dimostravano la piena partecipazione, la competenza tecnica nelle coltivazioni e la preoccupazione per l’elevato consumo di energia elettrica. La colpevolezza non derivava, quindi, da una semplice conoscenza degli altri imputati, ma da un ruolo attivo e consapevole nell’attività illecita.

Anche riguardo alla pena, la Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata. La sanzione, superiore al minimo edittale, era giustificata da elementi oggettivi: il “minimo di organizzazione” dell’attività, l’ingente quantitativo di stupefacente, e l’alto livello tecnologico delle attrezzature utilizzate (ventilazione, irrigazione, climatizzazione). Questi fattori dimostravano che non si trattava di un episodio occasionale, ma di un’attività criminale strutturata e destinata a rifornire un vasto mercato.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio. Quando le sentenze di merito si fondano su una motivazione logica, coerente e basata su prove concrete, non è possibile per la Suprema Corte intervenire. La declaratoria di ricorso inammissibile comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione che si rivela priva dei presupposti di legge.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un compito che non spetta alla Corte di Cassazione. Il ricorso è stato ritenuto generico e non ha efficacemente contestato la coerenza logica della motivazione della sentenza di appello.

La condanna si è basata sulla semplice conoscenza dei coimputati?
No, la sentenza chiarisce che la condanna non è derivata dalla mera conoscenza dei coimputati, ma da elementi probatori specifici e dettagliati. Tra questi, la ricostruzione degli spostamenti del ricorrente e il contenuto delle intercettazioni telefoniche, che dimostravano la sua piena partecipazione e competenza nell’attività illecita.

Come è stata giustificata una pena superiore al minimo previsto dalla legge?
La pena è stata giustificata in base a diversi fattori oggettivi: le modalità organizzate della condotta, l’ingente quantitativo di sostanza stupefacente (500 piante e oltre 6600 grammi), e l’impiego di attrezzature di alto livello tecnologico. Questi elementi indicavano un’attività criminale strutturata e non occasionale, destinata a un vasto mercato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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