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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per reati legati agli stupefacenti. I giudici hanno stabilito che l’appello era una mera replica di argomenti già valutati e respinti correttamente nei gradi di merito, confermando la decisione e la qualificazione del reato, escludendo l’ipotesi di lieve entità. La decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso nuovi e specifici.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando le censure sono solo una replica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5573/2024, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Quando ciò accade, la conseguenza è un ricorso inammissibile, che comporta la conferma della condanna e ulteriori sanzioni per l’imputato. Analizziamo questa decisione per capire i criteri che rendono un appello inefficace.

Il caso in esame

Il procedimento nasce da un ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Milano per un reato legato agli stupefacenti. La difesa contestava principalmente due aspetti della sentenza di secondo grado:
1. La qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che dovesse essere ricondotto all’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.
2. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che avrebbe potuto comportare una riduzione della pena.

La difesa, quindi, chiedeva alla Corte di Cassazione una rivalutazione degli elementi già ampiamente discussi e decisi dai giudici di merito.

La valutazione della Corte sulla qualificazione del reato

Uno dei punti centrali del ricorso inammissibile era la richiesta di derubricare il reato a ‘fatto di lieve entità’. La Corte di Cassazione ha osservato come i giudici d’appello avessero già condotto una valutazione ‘puntuale e complessiva’ degli elementi costitutivi del reato. In particolare, era stato dato ‘coerente e decisivo rilievo’ ai profili qualitativi e quantitativi della sostanza detenuta, ritenuti di ‘assoluto rilievo’ e quindi incompatibili con la fattispecie meno grave. La Cassazione ha ritenuto che le argomentazioni della Corte d’Appello fossero giuridicamente corrette, puntuali e prive di manifeste incongruenze logiche, rendendo le censure della difesa una mera riproposizione di tesi già motivatamente disattese.

Il diniego delle attenuanti generiche e la logica del ricorso inammissibile

Anche per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche, la Suprema Corte ha riscontrato la correttezza della motivazione della Corte d’Appello. La decisione impugnata era stata motivata in modo ‘lineare e puntuale’, tale da rendere il giudizio di merito non censurabile in sede di legittimità. Quando un ricorso si limita a contestare una valutazione discrezionale del giudice di merito senza evidenziare vizi logici o giuridici, esso si espone a una dichiarazione di inammissibilità.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non erano altro che una ‘replica’ di censure già adeguatamente vagliate e respinte dai giudici di merito. Gli argomenti difensivi sono stati considerati privi di novità e specificità, limitandosi a contestare l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di primo e secondo grado, un’attività preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione del diritto. Poiché le motivazioni della Corte d’Appello erano coerenti, logiche e giuridicamente corrette, il ricorso è stato giudicato privo dei requisiti di legge.

Le conclusioni

La decisione in commento è un monito importante: per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che le censure mosse in Cassazione non siano una sterile ripetizione di quanto già discusso, ma identifichino specifici vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione) nella sentenza impugnata. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato al rigetto. L’inammissibilità comporta, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché replicava profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti dai giudici di merito, senza presentare nuovi vizi di legittimità, risultando così una mera riproposizione di argomenti già disattesi.

Quali elementi hanno impedito di qualificare il reato come di lieve entità (art. 73 comma 5)?
La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su una valutazione puntuale e complessiva dei profili qualitativi e quantitativi della sostanza detenuta, ritenendoli di ‘assoluto rilievo’ e quindi incompatibili con la fattispecie di lieve entità. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione corretta e logica.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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