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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per porto di strumenti atti ad offendere e danneggiamento. L’impugnazione è stata rigettata poiché si limitava a ripetere argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza, specialmente in un caso di “doppia conforme”.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non riesamina il caso

Un recente pronunciamento della Corte di Cassazione, la sentenza n. 3752 del 2024, offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi. Il caso evidenzia come un ricorso inammissibile sia spesso il risultato di una strategia difensiva che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza un’analisi critica della decisione impugnata. Questo principio è fondamentale nel nostro ordinamento, che riserva alla Cassazione un ruolo di controllo sulla legittimità e non un terzo grado di giudizio sui fatti.

I fatti del processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale per i reati di porto di strumenti atti ad offendere e di invasione di terreni o edifici, aggravato dalla violenza sulle cose. La Corte d’Appello, successivamente adita, aveva confermato la condanna, limitandosi a modificare un aspetto accessorio: l’eliminazione della condizione del risarcimento del danno per la concessione della sospensione condizionale della pena. L’imputato, non soddisfatto della decisione, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a diversi motivi di doglianza.

I motivi del ricorso e il principio del ricorso inammissibile

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso su presunti vizi della sentenza d’appello, tra cui:
1. Vizio di motivazione e travisamento della prova: Si contestava la ricostruzione dei fatti, in particolare la collocazione temporale dell’azione e la disponibilità di un cacciavite, ritrovato nel veicolo e non sulla persona dell’imputato.
2. Erronea applicazione della legge: Si sosteneva che il reato di porto abusivo di oggetti atti ad offendere non potesse sussistere, poiché il veicolo si trovava in una proprietà privata e non su suolo pubblico.
3. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo l’offesa di lieve entità.
4. Intervenuta prescrizione per uno dei reati contestati.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, rilevando un difetto fondamentale comune a quasi tutti i motivi: la loro natura meramente reiterativa rispetto a quanto già esposto e rigettato nei motivi d’appello.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione non può essere una semplice riproduzione delle argomentazioni difensive già esaminate e respinte dal giudice di secondo grado. È necessario, invece, che l’impugnazione si confronti criticamente e specificamente con le ragioni esposte nella motivazione della sentenza d’appello, evidenziandone le eventuali illogicità o violazioni di legge.

Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno sottolineato la presenza di una “doppia conforme”, ovvero due sentenze di merito (primo e secondo grado) che erano giunte alla medesima conclusione sulla colpevolezza dell’imputato. In tali circostanze, un ricorso che si limita a proporre una lettura alternativa delle prove, senza individuare un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice d’appello, è destinato all’inammissibilità. La Corte d’Appello aveva, infatti, ricostruito in modo analitico e persuasivo la condotta, i tempi e le modalità dell’azione, escludendo qualsiasi travisamento della prova e giustificando il diniego della causa di non punibilità per la particolare offensività del fatto.

L’imputato, invece di contestare specificamente tale percorso logico-giuridico, si è limitato a lamentare genericamente la valutazione delle prove, chiedendo di fatto alla Cassazione una nuova valutazione del merito, compito che esula dalle sue funzioni. Anche la censura sulla prescrizione è stata giudicata manifestamente infondata e generica, non avendo il ricorrente neppure indicato le cause di sospensione del termine.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio cardine della procedura penale: il ricorso in Cassazione deve essere un atto tecnico, mirato a denunciare vizi di legittimità della sentenza impugnata e non un’occasione per ridiscutere i fatti. La mera riproposizione dei motivi d’appello, senza un confronto critico con la decisione di secondo grado, rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile. La decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Non si confrontava criticamente con la motivazione della sentenza di secondo grado, mancando quindi del requisito di specificità richiesto dalla legge.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” citato nella sentenza?
Significa che sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello hanno emesso sentenze conformi, giungendo alla stessa conclusione sulla colpevolezza dell’imputato. Questa circostanza rafforza la valutazione dei fatti e rende più difficile per il ricorrente contestarla in Cassazione, a meno che non dimostri un’evidente e manifesta illogicità nel ragionamento dei giudici.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione delle prove o di ricostruire diversamente i fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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