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Ricorso inammissibile: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per traffico di stupefacenti. I motivi del ricorso erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello, contestando l’aggravante dell’ingente quantità. La Corte ha confermato la decisione, ritenendo il ricorso non specifico e la motivazione della corte d’appello logica e adeguata, data l’enorme quantità di droga sequestrata (5 kg di cocaina e 48 kg di hashish).

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: perché la Cassazione respinge i motivi ripetitivi

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente; è necessario formulare critiche precise e pertinenti. La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: un ricorso inammissibile è spesso il risultato della semplice riproposizione dei motivi già respinti in appello. Questo vizio, noto come aspecificità, impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione, portando a una condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

I fatti del caso: traffico di stupefacenti e la contestazione in appello

Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato in secondo grado per reati legati al traffico di stupefacenti, detenzione di armi e ricettazione. In particolare, la Corte d’Appello aveva confermato la sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità di droga, prevista dall’art. 80 del Testo Unico Stupefacenti. Il dato ponderale era infatti eccezionale: 5 kg di cocaina e 48 kg di hashish sequestrati.

L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso in Cassazione, contestando nuovamente l’applicazione di tale aggravante. Tuttavia, i motivi presentati non erano nuovi, ma si limitavano a reiterare le stesse argomentazioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame.

Il ricorso inammissibile in Cassazione: una questione di specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico.

La reiterazione dei motivi d’appello

Il primo profilo di aspecificità rilevato dalla Corte è la pedissequa riproduzione dei motivi d’appello. Secondo i giudici, limitarsi a riproporre le stesse doglianze già esaminate e rigettate in secondo grado rende il ricorso non specifico. L’impugnazione davanti alla Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Pertanto, chi ricorre deve necessariamente confrontarsi con le ragioni esposte nella sentenza che intende impugnare.

La mancanza di confronto con la sentenza impugnata

La mancanza di specificità non deriva solo dalla genericità dei motivi, ma anche dalla mancata correlazione tra le argomentazioni della difesa e quelle della decisione impugnata. Il ricorrente non può ignorare le motivazioni del giudice d’appello, ma deve criticarle punto per punto, evidenziando eventuali vizi logici o giuridici. Se non lo fa, il ricorso cade nel vizio di aspecificità, che ne determina l’inammissibilità ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito che è inammissibile il ricorso fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado. Nel caso di specie, la pronuncia della Corte d’Appello era stata chiara e logica nel giustificare l’aggravante dell’ingente quantità. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato l’enorme peso delle sostanze sequestrate e il vasto numero di dosi che ne sarebbero state ricavate.

La motivazione della sentenza di secondo grado era, quindi, immune da vizi logico-giuridici. Di fronte a una motivazione adeguata, la semplice riproposizione delle stesse critiche si traduce in una richiesta di rivalutazione del merito, preclusa in sede di legittimità. La Cassazione, dunque, non ha fatto altro che applicare i suoi consolidati principi, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza offre un importante monito per la redazione dei ricorsi per cassazione. Non è una strategia vincente riproporre acriticamente le argomentazioni già sconfitte in appello. È invece indispensabile un’analisi approfondita della sentenza impugnata, per individuare specifici errori di diritto o palesi vizi di motivazione. In assenza di questo lavoro critico, il rischio di un ricorso inammissibile è estremamente elevato, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile quando si limita a riprodurre le medesime ragioni già discusse e respinte dal giudice d’appello. La sua inammissibilità deriva dalla mancanza di specificità, che si verifica sia per genericità dei motivi, sia per l’assenza di una critica puntuale e argomentata delle ragioni contenute nella sentenza impugnata.

Perché nel caso di specie è stata confermata l’aggravante dell’ingente quantità?
L’aggravante è stata confermata perché la motivazione della Corte d’Appello era ritenuta logica e giuridicamente corretta. La decisione si basava sull’ingentissimo dato ponderale delle sostanze sequestrate (5 kg di cocaina e 48 kg di hashish) e sul numero di dosi che si sarebbero potute ricavare, elementi sufficienti a giustificare l’applicazione dell’aggravante.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile?
A norma dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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