Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18436 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18436 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FIRENZE il 25/07/1985
avverso la sentenza del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 giugno 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del Tribunale di Lucca del 10 ottobre 2017 con cui NOME COGNOME era stata condannata alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 300,00 di multa in ordine a due ipotesi di reato ex artt. 56, 110, 624 e 625 n. 4 cod. pen.
L’imputata, in particolare, è stata ritenuta responsabile di avere, in due distinte circostanze, ponendosi alla guida dell’autovettura da cui era discesa un’altra donna rimasta ignota, concorso nel tentativo di impossessamento di beni di proprietà delle persone offese COGNOME NOME e COGNOME, avvicinate con un pretesto dalla complice e aventi età di 80 anni, senza, tuttavia, riuscire nell’intento per la pronta reazione delle vittime.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, eccependo, con un’unica doglianza, inosservanza delle norme processuali, e in particolare degli artt. 530, comma 2, e 530, comma 1, cod. proc. pen.
Non sussisterebbe, infatti, alcuna prova oltre ogni ragionevole dubbio della ricorrenza della penale responsabilità dell’imputata, considerato che solo una delle persone offese (COGNOME) l’aveva riconosciuta quale conducente dell’autovettura da cui era discesa la complice.
Ciò determinerebbe, pertanto, un’evidente contraddittorietà motivazionale, non potendosi da ciò solo desumere, come invece ritenuto dalla Corte di appello, che la Bianchi fosse stata partecipe dei delitti contestatile.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Preliminarmente deve essere evidenziato come il ricorso presentato dall’imputata non sia tardivo, contrariamente a quanto indicato dalla Corte di
appello di Firenze, che ne ha accompagnato l’invio a questa Corte con la dicitura «presumibilmente tardivo».
Deve essere osservato, infatti, come la sentenza impugnata sia stata depositata, con motivazione contestuale, lo stesso giorno di celebrazione dell’udienza di appello, e cioè in data 6 giugno 2024.
Per il caso di motivazione contestuale ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. in relazione all’art. 544, comma 1, cod. proc. pen., il termine per la proposizione dell’impugnazione è pari a quindici giorni, decorrente dalla lettura del provvedimento in udienza, ai sensi dell’art. 585, comma 2, lett. b) cod. proc. pen. Tale termine non sarebbe stato rispettato, avendo la Bianchi depositato il ricorso per cassazione solo in data 26 giugno 2024.
Tuttavia, nel caso di specie si è proceduto con il regime cartolare previsto dall’art. 23-bis I. 18 dicembre 2020, n. 176. Trova conseguente applicazione il principio, espresso da questa Corte di legittimità, per cui, in caso di ricorso per cassazione avverso sentenza con motivazione contestuale resa all’esito del giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, il termine per l’impugnazione, pari a quindici giorni, decorre dalla data di comunicazione del provvedimento ex art. 585, comma 2, lett. a), cod. proc. pen. (così, espressamente, Sez. 5, n. 8131 del 24/01/2023, D., Rv. 284369-01). E’, cioè, imprescindibile l’effettuazione della comunicazione di cancelleria, pur solo avente ad oggetto il dispositivo e non la motivazione della pronunzia, per far decorrere il termine per impugnare (cfr., Sez. 6, n. 42584 del 13/09/2023, El Achiqi, Rv. 285388-01).
Nel caso di specie non vi è prova alcuna dell’avvenuta comunicazione all’imputata, da parte della cancelleria, dell’avvenuto deposito (anche del solo dispositivo) della sentenza impugnata.
Tale omissione ha impedito il decorso del previsto termine di quindici giorni indicato dall’art. 585, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. in relazione all’art. 544, comma 1, cod. proc. pen., con la conseguenza che, essendovi carenza di un termine effettivamente gravante a carico dell’imputata, deve ritenersi del tutto tempestivo e validamente proposto il ricorso per cassazione dalla medesima presentato.
Chiarito l’indicato aspetto, deve essere osservato, poi, come l’esame dell’impugnata sentenza permetta di constatare come la censura dedotta, peraltro in maniera generica e assertiva, di fatto riproponga la medesima doglianza già eccepita nel giudizio di appello, rispetto alla quale non può che essere ribadito quanto già, più volte, chiarito da questa Corte di legittimità, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi
motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 24383801).
Infatti, con riguardo al riconoscimento della penale responsabilità dell’imputata, la Corte territoriale ha diffusamente rappresentato, con argomentazione congrua e immune dai dedotti vizi, come sia risultata giudizialmente comprovata l’avvenuta partecipazione della prevenuta ai tentativi di furto materialmente perpetrati da altra donna rimasta ignota, per essere stata lei riconosciuta dalla persona offesa COGNOME quale soggetto alla guida dell’autovettura e per essere stato affermato dall’altra vittima COGNOME NOMECOGNOME pur in carenza di un diretto riconoscimento della Bianchi, che anche in occasione del tentativo di furto perpetrato in suo danno vi fosse stata la presenza della stessa autovettura utilizzata nell’altro delitto.
A fronte della decisività della superiore argomentazione, espressa in modo logico e congruo dalla Corte di merito, le contrarie doglianze eccepite dall’imputata risultano, all’evidenza, finalizzate unicamente ad operare una rilettura in fatto delle emergenze probatorie acquisite, per l’effetto attenendo ad un aspetto non passibile di valutazione in questa sede di legittimità, essendo ben noto come, in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito della Corte di cassazione non sia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì quello stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01).
Esula, quindi, dai poteri della Corte di legittimità la rilettura dell ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l’illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimit denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME e altri, Rv. 207944-01).
Sono precluse al giudice di legittimità, cioè, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i moltepli arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-
01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369
del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507-01).
Ebbene, nel caso di specie può senz’altro ritenersi che la Corte territoriale, con motivazione del tutto adeguata e logica, abbia fornito una chiara
rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, rispetto ai quali la ricorrente ha solo proposto una lettura alternativa.
5. Ne deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di
euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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